domenica 30 luglio 2017

Arab Strap, 28/07/2017 @ Bologna, Covo Summer

Nel contesto del cortile interno del giardino del Casalone, il Covo Club ha allestito una bella location per una serie di concerti, perfetto compendio di una stagione di eventi durante tutto l'inverno. L'organizzazione non poteva concludere in modo migliore questa rassegna estiva, chiamando per la quarta volta a Bologna gli scozzesi Arab Strap. Band simbolo di un certo periodo di musica indipendente fra vecchio e nuovo millennio, Malcolm Middleton e Aidan Moffat mettono nuovamente insieme una formazione live a circa dieci anni dal loro abbandono delle scene, pubblicando per l'occasione un doppio omonimo contente rarità e vari pezzi mai realizzati su album, un po' come fu fatto nel 2006 con l'album commemorativo “Ten Years Of Tears” e con un tour che toccò anche in quel caso Bologna.
La formazione, composta oltre ad Aidan e Malcolm, comprende un batterista, un bassista, la violinista Jenny Reeve (già nei The Reindeer Section) e un tastierista. Un fortissimo senso di déjà vu e una sorta di acredine malinconica coglie gli ascoltatori all'attacco di “Stink”, brano di apertura del loro ultimo album in studio “The Last Romance”. Tutta la forza sommessa, implosa e frustrata della musica del duo inglese torna improvvisamente come se non fosse mai completamente sparita. Si prosegue con le sferragliate al limite della cacofonia della stridente “Fucking Little Bastards”, proveniente dal bellissimo “Monday At The Hugh & Pint” - a parere di chi scrive il miglior album pubblicato dal duo -, proseguendo ancora con lo spoken word di “Girls Of Summer”. Già da questi prime esecuzioni, si nota lampante l'adorabile chimica che c'è fra i due, stona sul palco l'accostamento fra l'impeccabile e straordinariamente talentuoso chitarrista che è Middleton e l'atteggiamento da guascone avvinacciato che ha sempre avuto Moffat, cantore della normalità e dei sentimenti terreni. La forza di questa musica sta tutta qui: il contrasto fra la forma a tratti dissonante e violenta, in altri episodi dolce e cullante, e la sostanza fatta di storie di cazzi, fighe, desolazione e sbornie.
Trovano posto in circa due ore di musica le più note canzoni del duo, prima fra tutte la splendida “The First Big Weekend” - uno dei rari casi in cui Malcolm canta -, passando per la struggente melodia chitarristica di “Who Named The Days?” e “Don't Ask Me To Dance”, fino alla sublimazione di “The Shy Retirer”, un electro-pop arioso e puntellato da flussi di chitarra e violino impeccabili. Sempre sulla scia più elettronica della produzione della formazione anglosassone si fanno spazio “Rocket, Take Your Turn” - ossessivamente sostenuta da un giro di drum-machine in 4/4 –, “Scenery” e “Turbulence”. La versione più scheletrica e prettamente cantautoriale viene fuori in ”New Birds” e “Blood”, due episodi estratti rispettivamente da “Philophobia” e “Mad For Sadness”, dove Moffat recita i suo testi come in un confessionale sostenuto da pochi accordi di chitarra e qualche pattern di batteria. In conclusione non smettono mai di emozionare alcuni classici come “Speed Date”, “Here We Go”, “Piglet” e “Soaps”, tutte e quattro canzoni significative all'interno della carriera decennale di una band tanto controversa e indecifrabile quanto unica e indistinguibile in mezzo ad altre mille.

Non resta che plaudere gli sforzi fatti dal team del Covo Club per aver riportato a Bologna dopo quasi undici anni la formazione scozzese, augurandoci che questo tour sia l'inizio di un nuovo percorso che possa portare a un nuovo album a distanza di dodici anni da “The Last Romance”.

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