lunedì 26 ottobre 2009

Obsil: "Distances" (Disasters By Choice, 2009)



Dopo circa tre anni di assenza, ricompare Giulio Aldinucci e il suo progetto Obsil. Lo splendido “Points” dava all’artista pochi margini di miglioramento; in quel caso il risultato si distingueva per rara sintesi stilistica e gusto compositivo. Sempre sotto l’ala protettrice della valida Disasters By Choice, etichetta romana diretta da Salvo Pinzone, “Distances” sviluppa le intuizioni del predecessore e le fa evolvere verso una forma ancor più sinuosa.

Rimasta intatta la forte componente pianistica e classica, il compositore toscano amalgama ancora di più la sua fantasia, riuscendo a mettere insieme bozzetti elettronici scribacchiati con una penna arcaica e misteriosa. Non è facile definire un calderone in cui vengono abilmente mescolate tentazioni improv, suoni sintetici di vecchia data, moderne tecniche di modellazione sonora digitale. Non ci si limita soltanto ad un’esposizione fredda e compiaciuta di un suono così ben impastato, anzi, la resa finale risulta profondamente personale. Le radici di questa autenticità si possono ricercare nella natura di tutti i field recordings utilizzati per decorare ogni traccia, infatti, il forte attaccamento con la propria terra d’origine (Val di Merse, Siena), hanno indotto Obsil a registrare ogni suono intorno alla propria abitazione.

Placidi ricami pianistici si stagliano con grazia (l’iniziale “Brucia; Reciso Luccicante”, l’incanto di “V.Santo”), mentre l’intreccio di contrappunti meccanici risplende un po’ ovunque (la glaciale “Gomitoli”, la presenza operistica falcidiata dai ricami glitch in “Sub Ficinulae”). La dolcezza, quando espressa con empatia, regala forti emozioni; la coda finale, formata dagli ultimi tre episodi, mette in sequenza un encomiabile colonna sonora coerente, mistica, incantata.

Senza eccedere in contorsioni cavillose o minutaggio logorroico, l’opera di Giulio Aldinucci si distingue per incisività, garbo e sviluppo originale. Una punta di diamante per la scena sperimentale italiana, un esempio da ricalcare per ogni mestierante musicale che ha intenzione di fare arte “colta” per ogni palato.

(7,5)

recensione di Alessandro Biancalana

martedì 13 ottobre 2009

Midaircondo: "Curtain Call" (Twin Seed Recordings, 2009)



Persa per strada una delle componenti (Malin Dahlström) della formazione originaria, le Midaircondo riprendono in mano il loro corso artistico dopo ben quattro anni di silenzio. Lo splendido "Shopping For Images", datato 2005, aveva colto gli appassionati impreparati. La sapiente mistura fra seduzione visiva e suono innovativo si rivelò una scelta azzeccata, tanto che la band si incamminò in un tour mondiale ben accolto. La presenza scenica delle tre ragazze contribuì alla proposizione di performance dal grande interesse artistico.

Il presente si poggia sulla creatività delle due ragazze rimaste e non registra cambiamenti rispetto al passato; la band, infatti, riallaccia un filo conduttore che collega questo “Curtain Call” con il precedente. Siamo sempre in presenza di un pop astratto, contorto, spesso avvolto su sé stesso. Una formula musicale desueta, trasognata e naif. Il ritmo, quando presente, viene risucchiato da un flusso melodico anomalo che trasforma un semplice beat elettronico in ossessioni timbriche inquietanti. Lo scorrere delle tracce alterna frangenti strumentali dal carattere sperimentale ed episodi cantati più accessibili. Questa caratteristica, già presente nel precedente disco, aiuta a rendere il tutto più sopportabile anche da chi non è abituato a toni rarefatti e distaccati.

Flessuosi corto-circuiti ambient scorrono complessi e avviluppati (la title track e la breve “Below”), mentre gli ingranaggi pop producono fluorescenze accecanti (la contorsione strutturale di “Come With Me”, il loop a tratti ipnotico sovrasta la voce in “Bringing Me Home”). Le interazioni fra il sottofondo elettro-acustico e la voce sono un punto di forza che viene sfruttato con risultati eccezionali (la languida solitudine di “Reports On The Horizon” e “The Very Eye Of Night”, i samples e il ritmo caracollante in “Silk, Silver And Stone”), mentre il carattere sfrontato di questa musica viene fuori quando la coppia lascia andare la fantasia (l’incedere percussivo di “Glowing Red”, il vortice di voci in “Revolve And Repeat”, memore della lezione di AGF).

Conclusosi con i colori sfavillanti di “Venetian Veil” ed intervallato dalla compostezza di “Stay”, il ritorno delle Midaircondo risveglia dal torpore un suono che pareva perso per strada. Lo splendore di certa musica d’avanguardia celestiale (vedi la grazia di Colleen), mai appannato anche se lasciato da parte, si riappropia della sua meritata attenzione con un’opera sapiente, colma di inventiva e decisamente godibile.

(7)

recensione di Alessandro Biancalana