martedì 13 luglio 2010

Crystal Castles: "Crystal Castles (II)" (Polydor, 2009)



L'applicazione della violenza “rock” (chiamata anche estetica punk) all'elettronica è pratica comune da decenni, a partire dalle escursioni industrial sin all'era dell'electro-clash. Non importa l'intensità con quale questa viene applicata, la cosa fondamentale è l'essenza delle sensazioni che fuoriescono da creature a tratti mostruosamente spigolose o maliarde come la musa più seducente.

I Crystal Castles hanno coraggiosamente riesumato questi suoni, affrontando una sfida molto rischiosa data la completa scomparsa di certa musica dal panorama contemporaneo. Oltre a una proposta pericolosamente al limite fra la presa in giro e una seria ricerca di qualcosa di “nuovo”, la fama di questo duo è stata alimentata dai concerti al fulmicotone che hanno infiammato i palchi di mezzo mondo. L'estrosità luciferina della cantante, unita a un fascino trasandato, ha contribuito ad attrarre pubblico e attenzione da parte della stampa specializzata. L'esordio omonimo ha infatti ottenuto un discreto successo e il suo contenuto è un mirabolante minestrone d'estetica dichiaratamente lo-fi, in cui confluiscono rimasugli punk, glitch, synth-pop e di 8-bit music. Il tutto ovviamente condito da un'interpretazione vocale fra il viscerale e il pazzoide; non c'è mediazione né misura, la chiave è esagerare, ma farlo senza superare il confine dell'edonismo fine a sé stesso. Sicuramente non una miscela adatta a tutti i palati ma decisamente interessante.

Un centro di tale portata ha permesso al duo la continuazione del proprio lavoro, conducendo a un seguito dopo circa tre anni. Ancora un titolo omonimo e un cambio di marcia abbastanza inaspettato. Dell'efferatezza a tratti quasi inaudita dell'esordio è rimasto solo il ricordo, mentre il battito spesso regolare conduce dalle parti di una disco-music distorta e contorta, perfino aliena. Non più urla lancinanti ma calde melodie vocali, le strutture elettroniche senza una regola apparente si distendono in trame sintetiche sostenute ma puntuali, quasi anestetizzate. La positività di questa soluzione stilistica è sorprendente, nonostante molti fan di primo pelo saranno delusi dalla mancanza di ferocia sonora. La riuscita dipende non tanto dall'approccio esteriore quanto dall'indole, la quale è rimasta intatta e trasuda passione tanto quanto nelle primissime canzoni ascoltate nel 2007.

Nonostante qualche rimasuglio di electro-punk abrasivo (l'iniziale “Fainting Spells”, la breve e concisa “Doe Deer”), il ritmo preciso e regolare la fa da padrone praticamente in ogni frangente. Dove un dance-pop con decisi ricordi eighties raggiunge il cuore dei più nostalgici (la candida “Celestica”, gli affreschi di techno-pop angelico in “Empathy” e “Suffocation”), un approccio leggermente più deciso conduce non molto lontano, mentre recupera la forza degli esordi (il canto assente di “Baptism”, i ritmi marci di “Year Of Silence”,  i synth squillanti di “Birds”).
La tendenza alla distensione strumentale, solamente solcata da qualche ricamo vocale, è una scelta usata molto spesso, sviluppando idee e intuizioni altrimenti impossibili da esprimere con la durata inchiodata intorno ai tre minuti. Le splendide policromie malsane di “Intimate” e “I Am Made Of Chalk” sono un fulgido esempio di questa scelta.

Un'opera che si pone a metà fra innovazione e fedeltà alle origini è un'importante evoluzione nel contesto di una carriera, la congiunzione con il lancio definitivo verso un futuro promettente. Questa seconda prova per i Crystal Castles rappresenta il perfetto sviluppo di un qualcosa di estremamente eccitante, una musica che può davvero condurre verso lidi inaspettati e riservare sorprese scottanti.

(7)

recensione di Alessandro Biancalana