venerdì 30 dicembre 2005

Ossessioni della settimana:



midaircondo: "Shopping for Images" (Type, 2005)

Pop screziato e delicato, piccoli disturbi digitali, strumenti acustici cristallini e amatoriali.
Sono le mie fatine preferite. Cool
Grazie Type.

(7,5)

Laub: "Filesharing" (8)

Ne parlo nella recensione pubblicata oggi stesso.



Kettel: "Through Friendly Waters" (Sending Orbs, 2005)

Apre l'etichetta Sending Orbs con un disco che è un sfizio.
Sinuose onde elettrostatiche, scatti ritmici, paesaggi sonori di sconfinata bellezza.

(7,5)

Conferme:



Jan Jelinek: "Kosmischer Pitch" (~scape, 2005)

Io amo quest'uomo, non c'è proprio altro da dire.
Questo disco è la conferma del genio di Jan, con la sua click-house d'alta scuola, cesella ritmi morbosi, vibrazioni spaziali, metallico sciabordio d'una fabbrica lontana.

(8)



Thomas Brinkmann: "Lucky Hands" (Max Ernst, 2005)

Thomas e la sua dub-techno.
Il resto non conta.

(7,5)

Disco Jappo della settimana:



Ayumi Hamasaki: "(miss)understood" (2005)

Ayumi, questa non dovevi farmela. Cazzo.

(4,5)

Disco TECHNOlogico della settimana:



Il (mio) mondo non potrebbe esistere senza.

Stacey Pullen - DJ Kicks (K7, 1996)

(9)

Sorpresa della settimana:



Miroque: "Siro Cocoon" (7)
Miroque: "Mimi Koto" (6,5)
Miroque: "Botanical Sunset" (8)
Cassiopia: "Blue Bird Tone" (7)

La 360° spacca proprio.
Toy-tronica, glitch, sensibilità giocattolosa, sperimentalismi, colori sfocati, animi offuscati. Una (quasi) esordiente ricopre le mei giornate fredde di calorosi suoni amatoriali, quasi scherzosi.
Grazie a David di microsuoni.com che m'ha consigliato quest'artista.

Canzone della settimana:

Crystal Kay: "Make You Mine"

Se facciamo il conto credo che siamo sulle 50 60 volte. Cool


Laub: "Filesharing" (Kitty-Yo, 2002)





I due loschi figuri sono Von Jotka e Antye Greie-Fuchs.
E chi sarà un po' mai, se non AGF? Questa ragazza ha una media qualititativa impressionante, anche alla luce dei suoi recenti progetti (The Dolls, AGF/Delay, The Lappetites, ecc).
Il disco in questione è uno stanco procedere della voce di Antye, ombrosa e scura quanto un quadro raffigurante la notte, una notte assassina.
Un cantato tedesco duro e schietto, preciso, completamente inserito nel contesto dei suoni per lei creati.
Scomposizioni pop per cuoricini malati, sciabordio metallico d'una macchina mal programmata, lotte interiori che s'esternano con potenza inaudita.
Il volo immaginifico di quel corpo chiamato forma canzone nel paradiso dell'elettronica, tra montagne altissime e ostacoli dolorosi.
Mofa è una poesia recitata con distacco dalla Nostra, i patterns che le scorrono intorno, sono avvolgenti, disturbanti, onirici. Un battito piccolo e prezioso detta un tempo minimale, sdruciture digitali disorientano, parole veleggiano un cielo dai colori orrorifici.
Temporaries è pura perfezione minimal-techno. Tra grooves deterioranti, note di piano martoriate, voci scomposte (da cui, poi, Antye, proseguirà il discorso nei suoi dischi solisti), pause e ripartenze, stop&go, strappi e ricuciture. Fiaba e incubo. Novella e tormento.
Wurtspur è il connubio tra due spiriti differenti, uno angelico e l'altro luciferino. Sfrigolio, in sottofondo, ricama disegni pazzoidi, disturbando un'atmosfera all'apparenza pacifica. La voce è pura emozione, tra frasi emanate con il cuore in mano, il ritornello che è messo lì apposta per lasciarci riscaldati, destrutturazioni che sono sporcizia decorata.
Neulich è un oblio di bleeps, note misteriose si presentano con timidezza, contrappunti di provenienza sconosciuta, un motore interstellare macina rumore come se fosse una fabbrica comandata a produrlo. La lirica è esposta, il corpo si immobilizza, vocine sono frustate, uccise, sovrapposte.
Reichlicher è più sbarazzina, tra una IDM ambientosa e un'estetica perfettamente calibrata tra sperimentazione e gusto tutto berlinese.
Tastiere sono dilungate fino all'inverosimile (ri)creando un'atmosfera onirica e sognante.
Getriebe anticipa leggermente le sperimentazioni più recenti dell'artista in esame. Parole non cantate, ma semplicemente parlate, si scontrano senza dolore con i muri di suoni, gli stomp sotterranei e i vari smembramenti. Il finale è un capolavoro, tra organi digitali, sporcizie variegate e un tripudio di sibilio luccicante. Dolore e piacere. Distruzione e compiutezza.
Morgen è una storiella per un gruppo di robot neonati, innamorati delle stranezze terrestri, Fadenseiden è il manifesto del disco, tra schianti digitali, tonfi meccanizzati e un un suono che ciclicamente spumeggia e ruota. Antye continua ad evidenziare l'amore per l'antitesi voce parlata-sconnessioni strumentali.
Conclude Unbeholfen, arricchendo la varietà del disco, aggiungendo piccoli particolari, quelli che contano.
Recuperare questo disco è un DOVERE.


Un Tram che Si Chiama Desiderio

Finalmente ho visto questo film.
Non sapevo cosa significava per me, prima di vederlo, l'ho scoperto soltanto ai titoli di coda.
L'interpretazione di Marlon Brando è un qualcosa di emozionante, tra scatti d'ira e momenti di pura dolcezza, urla isteriche e sguardo da duro, un uomo che sa mettere paura. Interpreta la parte del marito di Stella, rappresenta un polacco-americano, di nome Kowalski.
Le due donne che gli girano attorno sono soltanto piccole statuine, sono strumenti su cui ruota tutto il film.
La moglie (la signora Kowalski), interpretata da Kim Hunter, è una donna labile, molto influenzata dal marito deciso e possente. Combattuta dall'amore per il suo compagno e l'affetto per la sorella, vive tutta la storia tra abbracci desiderati, sorrisi smorzati e un pianto continuo, anche se non visibile, per le sorti dell'individuo di cui da tanto non aveva notizie.
La figura chiave del film, Blanche, la cui parte è stata affidata a una straordinaria Vivien Leigh, è un circo ambulante. Un viso sorridente quando le conviene, una mente meschina e fredda quando le fa più comodo, un cuore freddo quanto un assassino pronto all'omicidio. Vive d'apparenza, ricordi, menzogne e atteggiamenti poliedrici. I suoi monologhi in chiave poetica sono da ricordare, con un doppiaggio in italiano degno di nota.
La pazzoide-schizzofrenica sorella piomba nella casa della coppia, tra false affermazioni, comportamenti alienanti, aria da finta-ricca. La dimora di famiglia figurata come venduta per debiti finanziari, è stata soltanto gettata al vento per la vanità, consumata in vestiti, gioielli, profumi, stupidaggini d'una donna fallita.
Le bugie della ospite sono un malore per l'uomo, abituato a tenere in mano la situazione, reagisce come un fulmine schizza al terreno, come la luce abbaglia il cielo, durante una tempesta impetuosa.
La burattinaia in pensione cerca, con un colpo di coda, nella sua vita, ad ingannare l'ennesimo fantoccio, ma non ci riesce per un niente.
Stanley ricerca la verità e la smaschera (agli occhi sia della moglie che del malcapitato amico innamorato), mostrando la sua brutalità nascosta da comportamenti fini, parole poetiche e un visino falsamente giovane.
La donna, finirà in una completa pazzia, scortata via, tra le varie rimostranze di compiacenza/dolore.
Il film è fatto di dialoghi di bellezza immaginifica, espressioni sfuggenti e rabbia ferrea. Un tripudio di immagini crude e significative come non mai.
Correva il 1951 e fu girato una tale pellicola.
Per fortuna sono arrivato in tempo, seppur in ritardo.

giovedì 29 dicembre 2005



Manitoba: "Start Breaking My Heart" (Leaf, 2001)

Spezzettamenti digitali e breaks che spuntano, scappano, sfuggono.
Batteria elettronica amatoriale con quel suono sporco e metallico, povero e preciso.
Intrecci di tastiere sognanti, sfrigolio digitale che sa di glitch, percussioni vere e smembrate. Voci sfregiate, martoriate, processate, fino alla loro snaturalizzazione. Un animo fantasioso ricama i suoi patterns giocosi, assassina il silenzio con coltellate soffici.
Dundas, Ontario è tripudio di acusticità unite a un oblio di sporcizia, battito meccanico, ondeggiante svolazzare di note d'una tastiera rilassata.
People Eating Fruit è pura perfezione, IDM tra deformazioni di strumenti veri, voci loop-ate, ciclico ripetersi di contrappunti meticolosi, immondizia sonora d'ogni sorta.
Mammals Vs Reptiles è pura pazzia d'un'artista mai domo. Accenni di break-beat, dance trasfigurata, ballo per animi inquieti e schizofrenici.
Brandon si basa su un suono di rullante campionato (suonato?) etereo scintillare di synth spumosi, stelle luccicanti schizzano nel cielo, traversando migliaia di chilometri.
Tra i percorsi minimali d'una marcetta come Children Play Well Togheter, la ninna-nanna per bimbi robotici e allucinati di Lemon Yopghurt, una drum'n'bass sommessa (e atipica) si intreccia con una chitarra post-rock, creando l'ammaliante risultato di James' Second Haircut.
Schedules and Fares è una canzone danzante, tra le roccie d'un pianeta solcato da mari infiniti, una luna luminosa, e piccoli resti d'uno scontro tra meteoriti. Synth frizzano, percussioni battono ossessionanti, un contrabbasso (?) viene reso irriconoscibile, dopo trattamenti inconfessabili.
Paul's Birthday è genialità compositiva. Archi, jazz urbano, accordi scabrosi, rumorismi deliziosamente penetranti. Mistura mai così sapiente e mai così estetizzante.
Happy Ending è piccola e carina. Xilofoni splendono felici, microscopici battiti si fanno sempre più presenti, un sibilo lungo un'infinità ricopre lo spazio sonoro con prepotenza attutita.
Nella ristampa presente in mercato vengono aggiunte, in coda, il remix dell'iniziale Dundas, Ontario e la finale Tits and Ass (?!), un cervellotico alternarsi di ritmi asfissianti e pause piene di pathos.
Attimi da custodire gelosamente, da riproporre in quelle giornate in cui s'ha bisogno di quei suoni insoliti, puntigliosi, avvolgenti.

martedì 27 dicembre 2005



Kevin Sauderson - Faces & Phases

Il Nostro è rimasto sempre fuori dai riflettori. Ha forgiato la dance-tutta con i suoi vari progetti. Progenitore del detroit-sound insieme ad altri due mostri come Juan Atkins e Derrick May. Questa compilation racchiude tutto ciò che di meglio ha fatto nella sua storia. Mette paura la qualità di ogni singolo pezzo. Techno-funk, sciabordate assassine, battute basse, suoni acidissimi. Da riscoprire. Assolutamente.
QUICKSPACE

Figli del shoegazing, del dream-pop e via dicendo questa formazione ha forgiato nella sua carriera una formula personale del genere. Fondendo tendenze space e ambient sono riusciti nel far scaturire dalla loro musica un suono nuovo.

Da sentire assolutamente tutti e tre i loro album:



Quickspace: s/t (Slash, 1997)



Quickspace: "Precious Falling" (Kitty Kitty, 1998)



Quickspace: "Death Of Quickspace" (Matador, 2000)


Xmal Deutschland: "Tocsin" (Nesak, 1984)

Un ibrido tra il 4AD-sound, quel tocco dark alla Siouxsie & the Banshees, Joy Division, Bauhaus e un sapore new wave tutto personale.
Solchi di tenebrosa intensità, sapori oscuri, nebbie suolfuree.
Per gli amanti della new-wave darkettona è obbligatorio.


AGF: "Westernization Completed" (AGF Production, 2004)

La scomposizione definitiva del pop. L'anima della canzone riprocessata da una macchina. L'algida figura di una ragazza che canta davanti a un pc.
Canzoni monche, spezzate, laceranti. Ondate di beats, stritolamenti, fruscii, glitch.
Quasi da subito questo disco è stato segnalato come il punto di non ritorno dell'elettronica out-pop (come viene definita dal SIB). Se nel primo disco (Head Slash Bauch) la Nostra si cimentava in un disco di puro glitch, quà viene fuori l'anima pop. La convizione che la forma canzone possa (deve) essere contaminata da trattamenti diversi. Campionamenti tra i più svariati, voce disturbata, poesie notturne, nascoste, celate. Si processano svariati strumenti il cui amalgama in alcuni casi sfiora la pura perfezione (il sax di LeavingWITHhope, suoni acustici in PipeDREAMvoices).
Il cammino prosegue con Language Is Most (del 2004) e Explode (2005) assieme a Vladislav Delay. Dischi apprezzabili. Senz'altro. Ma mai paragonabili a un capolavoro simile. Un disco da amare e riscoprire senza ripensamenti.
Stacey Pullen



Silent Phase - The Theory Of (Transmat/R&S, 1995)

Il minimalismo techno. Battiti sotterranei. Detroit alla sua massima capacità espressiva. Stacey Pullen un nome, stampato nella storia dell'elettronica. Un uomo capace, con pochi dischi, di rivoluzionare una corrente intera.
Melodie ariose, distese ma nel contempo morbose, lancinanti. Pezzi come Body Rock, Air Puzzle, Psychotic Funk trasudano tensione, ritmo, cattiveria.
Un disco che rimarrà per i "pochi", quasi mai citato nelle summe del genere e sempre snobbato dagli specialisti del settore. Nelle note ringrazia per l'ispirazione: Derrick May, Carl Craig e Laurent Garnier. Il suo pezzo di storia l'ha scritto pure lui. Da riscoprire, amare e rivalutare.
Sempre dello stesso autore consiglio questo:



Stacey Pullen - DJ Kicks (K7, 1996)

Una tracklist da paura, sotto le mani del Nostro. Il risultato è scontato: l'apocalisse.


45 Grave - Sleep On Safety

Come fondere il classico spirito punk con il dark più puro. Suoni oscuri, laceranti. Uno spirito rock mai dichiarato. Anima gotica. La voce di un angelo trapiantato nell'inferno. Un angelo femmina. Una femmina maledetta. Tintillii di chitarra, battiti infernali, rigurgiti maledetti, organi chiesastici. Pezzi come Processions, Phanthoms, Bad Love sono un viaggio di sola andata per l'inferno.
Mai così vicini a Christian Death e Banshees, mai così dimenticati e accantonati dalla critica. Meritivano di più. Un disco che rifugge dagli standard e (ri)crea un suono a se stante. Un suono per le anime sperdute che cercano la redenzione (o la maledizione).
Obbligatorio.


Anja Garbarek - Balloon Mood (RCA, 1996)

Delicatezza, soffio, anelito, leggerezza.
Un disco fragile come una foglia secca autunnale, come un foglio di carta spesso meno di un millimetro.
Trame dream-pop, spruzzi di folk nordico, elettronica soffice, spumosa, frizzante, ammiccamenti trip-hop.
Canzoni angeliche, imperscrutabili, celate, nascoste.
Una voce femminile proveniente dal niente, da tutto. Celestiale, profonda, flemmatica, emozionale.
Suoni puntigliosi, raffinati, pieni, avvolgenti.
Fatevi un favore, ascoltate questo disco.


Aoki Takamasa, Ogurusu Norihide & Takagi Masakatsu: "Come And Play In Our Backyard" (Beam Records, 2003)

Il glitch-pop secondo i jappo-boys.
Strumenti vaganti senza collegamento alcuno, strade diverse, itinerari differenti. Capolavoro di forma canzone deviata, impressionismo pop, fantasia di composizione.
Chitarra, glitch, drones. Tre anime tanto differenti ma tanto simili. Dissonanti, devianti, disturbanti, ammalianti. Mai ammirato un connubio cesellato con una perfezione simile, suoni cristallini, certosina precisione, strabordante bellezza.
L'essenza del pop anni 2000, il volo dell'angelo chiamato pop-song nel paradiso glaciale delle macchine.
Stina Nordenstam

Artista amante del suono dream-pop, si distingue per un approccio scanzonato e frizzante. Influenze jazz, atmosfere spacey, tentazioni psych. Debitrice all'ormai famoso 4AD-sound ma mai calligrafica nè derivativa nel senso stretto della parola. Un suono personale e una voglia di uscire dalla caotica produzione discografia indie internazionale. Senza riuscirci (immeritatamente).
Della sua discografia consiglio questi:



And She Closed Her Eyes (East West, 1994)

Il capolavoro della sua discografia. Delicato, puro, perfetto.



People Are Strange (East West, 1998)

Carina e divertente la cover dei Doors. Altro disco da ricordare. Sbarazzino, malinconico, coraggioso.



The World Is Saved (V2, 2004)

Il suono è riconoscibile, ha ormai standarizzato la proposta. Ma che proposta..


The KLF: "The White Room"

La stanza bianca, il duo Drummond & Cauty in sala di registrazione.
L'acid-house infarcita di sapienza compositiva. L'essenza del suono acido. Sequela micidiale di bombe adrenaliniche. Cataclisma elettro, apocalisse disco. Rumori, battiti, campionamenti, percussioni, voci, ossessioni.
Si campiona MC5 in What Time Is Love? ed è completo marasma.
grooves lancinanti, scomponimenti, accoppiamenti, riunione, divisione. Voce soul cavernosa alternata con vocalist simil-hip-hop.
Delay, noise, sciabordate.
Make It rain. Sax sbudellato dalle macchine, tentazioni di soul alieniante, alienato, ultraterreno. Ossessionante drum-machine, strabordante anelito spaziale.
Dimensione dal vivo per 3 AM Eternal. Bleeps, cantato fortemente rap, vocalizzi femminili. Il Philly-sound passato sotto il trattamento di menti house. Completa saturazione dello spazio acustico.
Un minuto per Church Of KLF, composto da suite simil-soul-meccanizzato, che fa da preludio a quel capolavoro che è Last Train To Trancentral.
Rimandi robot-ici di (ovvia) kraftwerkiana memoria. Voci lontane, misteriose, imperscrutabili. La cassa dritta e precisa vieni impreziosita nel suo contorno da ricami di synth umanizzato.
Il suono house definitivo. 5 minuti di completa immersione nel mondo parallelo dance.
Prende forma un country annacquato in Build a Fire o un reggae estenunante in No More Tears. Si passa per la silurata della title-track (da notare il battito della drum accoppiato al sax) alle ossessioni disturbanti di Justified and Ancient.
Nella ristampa di qualche anno fà si aggiunge un'altra pastiche da club dal nome Stand By The Jams e una reprise di 3 AM Eternal.
Coerenza zero. Genialità stellare.
Essenziale.


3MB Feat. Magic Juan Atkins: s/t

Tre Signori si siedono e compongono. Maurizio, Thomas Felhman, Juan Atkins.
Il risultato è un qualcosa fuori da ogni concezione. Estraneo da una qualsiasi previsione. Anche la più ottimistica.
Nei solchi di questo disco si ri-definisce la concezione di mezza storia dell'elettronica.
Techno spaziale, estranea, interstellare, interplanetaria, inimmaginabile.
Evoluzione in Jazz is teacher. Il jazz insegna e contamina. Il jazz si introduce e trasmuta.
Furiose accellerazioni alla velocità della luce in The 4th Quarter.
Ammalianti distruzioni sonore in Bassmental. Completa estasi psico-fisica.
Aggiornato il termine di musica cosmica in Die Kosmischen Kuriere. Divagazioni coraggiose ma mai tanto riuscite. Loro possono.
Da antologia techno.


Coldcut: "What's That Noise?" (Warner, 1989)

Primi vagiti di house inglese. Nascita, decomposizione, embrione.
La old-skool cresce e insegna, distrugge e impartisce.
Eclettici, disturbanti, devastanti.
Sperimentazioni pop, soul meccanizzato, destrutturazioni elettro, rivoluzione dance.
Raggiante piano house, deragliante voce black, grooves polposi.
Lisa Stansfield impreziosisce con la sua voce possente nell'hit People Hold On, Mark E Smith (si, quello dei Fall) inietta liquidi di ipnosi lacerante in (I'm) Deep. Corposi synth e sax scomposto in Fat (Party and Bullshit) lasciano esterrefatti e con la mente altrove.
Rythm & Blues post-moderno in My Telephone e ci rendiamo conto che tutto è possibile. Tutto è permesso.
Poco più di un minuto in Theme From "Reportage". Campionamenti tra i più disparati, loops alienanti, drum-machine proveniente dai solchi dell'inferno.
Which Doctor impressiona, divide, campiona, remixa. Corpo ambientale, impressionante schizzofrenia.
Deliri da club in Stop This Crazy Thing. Luci, ombre, suoni, stomp, apocalisse. "Do You Like Scratching?" .
Altra bombetta in Not Connection. Rimandi pesantemente elettro, ondeggianti voci passano da una parte all'altra del nostro cervello.
Reggea-hip-hop glaciale in Smoke 1. Tutto compresso in 5 minuti. Possibile? Yeah.
Un disco che si può permettere due pezzi tra i più innovativi nella storia della dance-tutta:
Beats & Pieces, Not Paid Enough (versione remixata della versione di Erik B & Rakim). Si cambiano le coordinate del remixaggio stesso e dell'assemblaggio sonoro.
Si aggiunge a margine la title-track (2 minuti o poco più di sperimentazioni afro-elettro) e un mix di Stop This Crazy Thing. Caledeoscopico, inondante, debordante.
Deturbante grandezza.


Amalgamated Sons Of Rest - s/t (Galaxia, 2002)

Il trio Jason Molina, Will Oldham e Alasdair Roberts cesella 7 pezzi di puro miracolo cantautoriale. Ombrosità, lacrime, tristezza.
Sovente la sola chitarra riempie il poco lasciato vuoto dalla voce. Si passa da quella di Molina, emozionale e stupendamente imperfetta alla granitica di Oldham. Silenzi, dolore, ricordi.
Occasionalmente il procedere regolare viene screziato da percussioni, rumori assortiti e battiti umani. Sospiri, pensieri, cattiveria.
L'intro di Maa Bonny Lad strappa più di un sorriso per il procedere dinoccolato e il gusto di tradizione.
My donal ci fà soffrire e piangere, come non mai.
The Gipsy he-witch riprende il Molina-style con qualche variante gustosa.
The last house opera ai fianchi della folk-song classica e la onora con sapore amaro e stridente. Un leggero suono di moog lacera e satura lo spazio sonoro.
Major March non smette di impartire lezioni su quanto sia espressivo il nuovo folk. Mai un tono fuori posto, mai un accenno disgraziato. Cori in lontananza riempiono il nostro cuore.
Jennie Blackbird's Blues è sostenuta da un piano distante migliaia di chimoletri, piccoli rumori repentini tornano a farsi sentire. La voce decanta la sua storia, un menestrello frustrato davanti al suo re. Un rullante scandisce i battiti del malcapitato. Urla la sua libertà, senza freno.
I will be good ritorna dagli inferi e alza l'umore dell'opera con cori a fare da accompagnamento alla voce principale. Mood country, anima medievale.
Parole sicure, malcapitate, decise, strazianti.
Opera profonda, sentita, emozionale.
Raramente capita di ascoltare tutto ciò assieme.
Splendente.


Planetary Assault System: "Archives" (Peacefrog, 1995)

Raccolta monumentale dei pezzi più bellicosi del cervello techno: Luke Slater.
L'essenza della perfezione, sciabordate assassine, cataclimi interplanetari.
In From The Night oscura la vista e divide la mente, Booster insegna come scrivere un pezzo hard-house, Gated propone un jazz-techno celestiale.
Deraglianti stomp, devastanti groove, anime danzanti veleggiano lo spazio.
Importanza fuori da ogni concezione.
Qualcosa di essenziale.
THOMAS FEHLMANN

Figura essenziale dell'elettronica-tutta di stampa germanica il nostro si è sempre distinto per gusto ritmico e varietà di composizione illimitata.
Inizia la carriera con i misconosciuti Palais Schaumburg fondendo un saldo impianto industrial-dance a un sapore tutto kraut.
Con l'esplosione della Detroit-invasion cambia qualcosa in lui. Viene attratto da questo marasma di suoni, ritmi, vibrazioni. Inizia a prendere contatti con l'Underground Resistance (da trattare in sedi diverse) e collabora con Blake Baxter, Eddie Flashin' Fowlkes e con sua maestà Juan Atkins (nel progetto 3MB, di cui parlavo qui).
Una lunga serie di registrazioni con gli Orb lo mette nelle condizioni di iniziare una carriera solistica proficua e quantomai essenziale.
Gestisce una band tutta sua (Fisherman's Friend) e con due componenti di questa sforna (a nome Sun Electric) un album fondamentale: Kitchen.
Un ambient trasfigurato da un implosione interiore, smembrata da battiti alieni come lo spazio stesso, decomposta da silenzi corposi. Disorientante, mai così Berlino era stata. Beauty O' Locco seziona e decompone.
Due soltanto gli album solisti. Imprescindibili come non mai.



"Visions Of Blah" (Kompakt, 2002)

Micro-house, suoni minimali fino all'esasperazione. Timbri provenienti dall'inconscio del terrore, aneliti velenosi ammorbano l'aria, polvere di stelle luccicante.
Rainbow Over Stadtautobahn distrugge e ricompone, Making It Whistle sciorina un dub-techno spaziale.
Streets of Blah disorienta con pillole di pazzia ipnotica.
Capolavoro fuori dal tempo.



"LowFlow" (Plug Research, 2004)

Cambio deciso di rotta. Nuova folgorazione istantanea. L'apocalisse.
In questo album il Nostro si concentra su un suono più decomposto e meno pieno rispetto al precedente.
Break-beat a pioggia, pulviscoli celestiali, glitch a profusione, stomp assassini.
Una raccolta di pezzi estranei dalla normalità.
Prefab insegna a scorticare il silenzio, Slinky decompone le particello di ossigeno, Hana spazza via ogni cosa.
Puro, lento, scabroso, deragliante, emozionante.
Questo è Thomas.


Colleen: "Everyone Alive Wants Answers" (Leaf, 2003)

Quando si dice un disco inclassificabile.  Soluzione poliedrica fino all'eccesso. Strumenti acustici, tastiere trattate, elettronica sbarazzina, percussioni di vario genere. Un frullato di sperimentazione ambient, pop avanguardistico e fantasia da vendere. Voci campionate, reiterazioni, accordi di chitarra spezzati, rumori alieni in sottofondo. Cercare di inquadrarlo in un movimento/filone mi sembra impossibile. Lo ritengo un capolavoro di avant-pop. Un pop fuori da ogni tempo/epoca. Una forma canzone mai tanto ricomposta, distrutta, smembrata. Mai così perfetta.


The Royal Family And The Poor: "In The Sea Of E" (Gaia, 1987)

Mike Keane in sede di composizione e il resto sparisce.
Rimandi new-orderiani, atmosfere wave, sintomi dark. Pop di alta scuola, come se ne sente raramente.
Completa catarsi in Living Light, pezzo di perfezione assoluta. Synt-pop trasfigurato e emozionante. Ondeggianti aneliti elettronici fanno da spalla alla chitarra ombrosa e ondeggiante. Sussurri di voce spiccano il volo all'interno dei 5 minuti. Parole scabrose e deliranti. Waiting For The World.
Mr. Cow propone un blues claudicante e scorbutico. Voce scorticata, fiati alieni, acusticità assortita, basso ossessionante, timbri inquietanti.
Gioiello di drammaticità in Song For Freedom. Intrecci di organo circondano la voce decantante una poesia d'altri tempi. Avvolgente poema sonoro e saturazione dello spazio circostante.
Ancora tormenti in Gaia. Destrutturazione, deragliamenti, vagiti rutilanti, echi di orrore. Angoli bui di una stanza morbosa, sporca, putrida e imbastardita da un angelo maledetto. Pop Group-style.
Journey riprendere il canovaccio della new-wave elettronica e lo interpreta con calligraficità distorta, mai perfetta, ne pedante. Vari rumori destabilizzano lo svolgere, perfetta performance vocale, patterns da ricordare. Umili.
Honesty è un pezzo all'apparenza semplice, facilino. Nelle sue interiora nasconde malinconia e amore. Piano languido, flauto sfiatato, timbri vocali snervati ed estenuati.
Creatura mette insieme base di drum-machine atipica, voci orientaleggianti, acusticità varie e tanto altro. Fantasiosi.
No more compromise non si discosta molto dai precendenti episodi di stampo elettronico. Si aggiunge, solamente, un'aura claustrofobica alquanto straniante.
Altro corpo solitario, vagante e disperso in Wounded. Drones elettronici in sottofondo, tastiere elastiche, aria pesante, paura particellare, pazzia contagiosa.
Un minuto e mezzo di stramberie assortite in When The Cat's Away.
Campionamenti variegati, loops e chi più ne ha ne metta a piacere.
Time ricompone il filo lasciato in sospeso da No more compromise e lo sviluppa ancora. Continue variazioni sullo stesso tema. Mai un secondo di noia.
Capolavoro in Feast of the Supersensualists. Synth spumosi, machine piacente, keyboards stupendamente ripetitiva, chitarra cangiante. Voce, come al solito, emanata con il cuore in mano.
Chiusura perfetta.
Cinque bonus-track compongono la ristampa (recente). Da segnalare When The Shadow Falls con i soliti vagiti dark-elettro-wave e i 10 (splendidi) minuti di Solve Et Coagula.
Gli occhi demoniaci della bestia in copertina ci scrutano come a voler percepire la nostra paura, esplorare la nostra anima.
Anima catturata da questo marasma di suoni. Coacervo ammaliante.
Connubio perfetto e perfettibile, estetico ed estetizzante.
VIRGINIA ASTLEY

Misconosciuta cantautrice americana. Sparita. Dispersa. Dimenticata dal mondo e da tutti.
Suona piano e flauto con (per) Pete Townshend nella sua Slit Skirts e partecipa a delle session con Siouxsie e i suoi Banshees.
Collabora con Tears for Fears e Ryuichi Sakamoto impreziosendo le loro composizioni con la sua voce soprano. Deliziando. Lascia in eredità ai nostri sensi opere deliziose. Questa la sua migliore:



Virginia Astley: "Hope in a Darkened Heart" (David Geffen Co., 1986)

Delicati profumi speziati nell'aria. Vento pacato solca il silenzio e smuove le foglie appassite. Tepore del sole, gelo della neve. Sorrisi, pianti, amori, tradimenti, solitudine, felicità.
Questo disco vede interventi vocali di David Sylvian, produzione di Sakamoto (suona anche le tastiere divinamente) e un anelito di malinconia. Atmosfere celestiali. Gli svolazzanti sintetizzatori e gli sparuti intramezzi di musica classica disegnano un suono dreamy.
Some Small Hope propone un sottofondo ammaliante di tastiere ed altre texture variegate.
La voce della Astley riempie i vuoti lasciati da un maestoso Sylvian. Duetto paradisiaco. Struggente.
Archi eterei in A Father, anime new-age svolazzano per la stanza contenente la canzone, piccolissimi tocchi di archetto contornano di pulviscoli, l'arpa dipinge paesaggi infiniti. Ancora, la voce, rimane in primo piano. Sorprendendo.
Soavi aneliti in So Like Dorian, strazianti melodie nei solchi di A Summer Long Since Passed, pura pace infonde la finale Darkness Has Reached It's End. Apparenti ossessioni pacate destabilizzano Tree Top Club.
Capolavoro del disco rimane Charm. Percussioni dubbiose nel prendere in mano il ritmo, baricentro elettronico, geometrie classiche screziano la struttura, xilofoni analogici, con piccoli punti di pennello, disegnano le stelle nel cielo.
Instrumental-pop nell'esordio From Gardens Where We Feel Secure. All'apparenza un pastrocchio new-age e soltanto un vagito post-minimalista. Quanto di più sbagliato.
35 minuti di completa meditazione psico-fisica. Demoni benedetti s'intromettono nella nostra anima e la maledicano con canti angelici.
Melodie ricche, strabordanti, piene, sicure, d'altri tempi. Raramente a quell'epoca si sentiva tutto ciò. Da non perdere.
Segnalo anche Promise Nothing (seconda opera) e il ritorno dopo 8 anni di assenza (targato Happy Valley) di All Shall Be Well.
L'America l'ha dimenticata. Magari lo rimarrà per sempre. Le sue canzoni, almeno per me, rimarranno per sempre nel mio cuore. Le sentirò per sempre mie.
Consigliato ai deboli di cuore, agli amanti della 4AD e a tutti quanti hanno chiuso gli occhi (e sognato) con un disco dei Cocteau Twins nelle orecchie.
ETIENNE DE CRECY

French-touch.
Solo questo viene in mente pensando a quest'uomo.
Personaggio in possesso di una sapienza compositiva fuori dal comune. Rivoluziona il modo di campionare e manipolare suoni, dettagli, scampoli, patterns.
Dedito ad un house (pur sempre atipica) da club in progetti come Motorbass (*) e Cassius, nella carriera solistica si lancia in ardite sperimentazioni e fantasiose deviazioni. Qua non si balla ma si ascolta. Non ci si muove ma si reprime il movimento. Rimbombi distruttivi, marasma apocalittico.
Immaginario funk, anima soul, destrutturazioni infinitesimali. Vivisezionare l'house e decomporla membra per membra.
Due album F-O-N-D-A-M-E-N-T-A-L-I lascia, per ora, alle stampe il Nostro.



Super Discount (Solid, 1996)

L'album di debutto gigioneggia con lo sfrontato linciaggio ai discount fatti di svendite e racchiude in se stesso grooves suoi o di altri artisti.
Sequela impressionante di pezzi da storia dell'elettronica.
Schizzofrenici ritmi funk, campioni vocali celestiali in Prix Choc.
Le Patron Est Devenu Fou! fa finta di essere dub ma è qualcosa di più.
Prendere un genere, devastarlo, contaminarlo, inficiarlo e tirar fuori un pezzo di tale poliedricità. Qua si sentano battiti alieni uniti a un sapore tutto nero. Sorprendente.
Simpaticissimo remix degli Air in Soldissimo, downtempo interstellare in Affaires a Faire, frenesia disco in Liquidation Totale.
Uno dei migliori album di cut-up elettronico mai pubblicati.



Tempovision (V2 International, 2000)

Sfavillante dipinto impressionistico fatto di evocativi paesaggi deep-house, solcati sovente da profondi sapori soul e screziature femminili.
Voci femminili prese in prestito qua e là. Rubate dalla tempovisione. Ester Phillips e Belita Woods, tra le tante presenti, dovrebbero essere onorate ad arricchire tanta grazia.
Piccoli interventi come pennellate impercettibili. Lasciano un anelito di passione e atmosfera. Donano, spesso, la scena al ritmo e sfuggono. Svaniscono nel nulla. Soccombono al inesorabile passare del(la) tempo(visione).
Evocazioni ardite in When Jack Met Jill. Brano struggente, arcano, oscuro, ancestrale. In ogni suo orrido angolo trasuda tutto ciò. Viaggio aereo tra zone temporali lontanissime. Chiudere gli occhi. Ascoltare. Tutto sarà possibile.
Il brano simbolo (capolavoro) dell'album rimane Hold the line. Squilla il telefono e congeliamo lo spazio, il tempo, la terra, l'aria per 14 minuti. Spostamento cubitale, disfacimento particellare, assenza di movimento.
Scariche elettro(statiche) fanno capolino, vene soul cavalcano con ardore i vicoli del pezzo, sapore amarissimo di cattiveria impreziosisce.
Finito il disco il tempo riparte. Premo stop, tolgo il cd e l'orologio continuare a ruotare. La tempo-visione è finita.
Album di rara grazia e introvabile genialità.

L'anno scorso torna da veterano con il secondo volume di Super Discount. L'album non dispiace ma non puo' assolutamente reggere il confronto con questi due miracoli. Onesto e sincero.
Ballate nei club con Motorbass e Cassius.
Sedetevi in salotto e ascoltate le prove soliste.
In entrambi casi non ci sarà scampo.





(*) Da trattare in altra sede il grandissimo congregario di Etienne in questi due progetti. Zdar.
I:CUBE

Ancora la Francia.
Nicolas Chaix, questo ometto dalla faccia furba e spiritosa spacca in due il mondo dell'elettronica.
Figlio della scena francese, esplosiva e propositiva come non mai. Gira intorno a gente come Air, Motorbass, Daft Punk. Niente male direte.
Lui è sempre rimasto nascosto, nessuna tentazione hype. Sola la musica a fare testo. Come dare torto a quest'affermazione.
Deragliamenti deep-house, malcelato senso pessimistico, breakbeat interstellari, eccellenti rimandi alla Detroit-scene.
In contemporanea ci propone, con DJ Gilb'r, nel progetto Chateau Flight, un inaudita commistione fra tradizioni jazz e contaminazioni estranee. Pubblica(no) Puzzle ed è già storia.



Chateau Flight: "PUZZLE" (Import, 2000)

Sensibile, sentimentale, sincero, sognante, spumoso.
Convivono qua dentro una miriade di influenze e una profondità di produzione fuori dal normale.
Grooves ammorbanti come non mai, breaks che sanno di jazz trasfigurato, inframezzi tribali d'altri tempi, acquosi ritmi sciolgono il terreno che sostiene le composizioni.
La colonna sonora per le notti parigine in compagnia di una bottiglia di birra e una strada buia, deserta, davanti a noi. Una strada degli anni 50 traslata su Marte intorno al 2010.
Nascosto come non mai, non viene considerato. Come al solito, del resto.
Arriviamo alla fetta più gustosa.
Picnic Attack. Questo disco non è musica. E' un esperienza ultraterrena, senza speranza di ritorno dopo la prima volta.



I:Cube: "Picnic Attack" (Versatile, 1997)

Se davvero si credeva che questo folletto fosse davvero un elemento altro lo capiamo appieno in quest'opera, suo capolavoro.
Sotterranei funk in Mingus In My Pocket e già c'è aria di nuovo. Un vento tanto benefico quanto doloroso.
Mighty Atom-Sub Aqua insegna come scrivere beats elettro di berliniana memoria senza stufare. Bleeps-mania is the reason.
Immacolati contrappunti d'anima lisergica in Yes Mama, ossessionante ombrosità dance in Disco Cubizm. Sensibilità ambient e squisita capacità compositiva traspare in Silence. I più attenti troveranno nei solchi dell'opera una vena quasi trance. Un'anima contaminante come una spora velenosa.
Uno di quei dischi che ti fa capire quanto è fottutamente importante il french-touch.

Avanti con la seconda (ultima) opera del Nostro.



I:Cube: "Adore" (Big Red, 2000)

Sterzata che punta all'ascolto. Già il precendente non era propriamente un disco da ballo, con questa prova si presenta come sapiente cesellatore di acquerelli di scabrosa qualità.
Giungla spigolosa e infida disegna la title-track, violenza uditiva in La La La, timbri al microscopio e schizzi di luce disegnano un cielo innaturale in Le Dub.
Dimostra a tutti di essere pure poliedrico. Dove il disco sembra quasi in toto downtempo lui piazza perle che esulano dal filo conduttore del disco.
Ritmi da veterano nella destabilizzante The Basic Bastard e viaggi nello spazio buio e lucente vengono immaginati in Cash Conv.
Ascoltare e chiudere gli occhi. Lasciar andare la mente e non cercare di riportarla a noi. Viagga e non torna. Scappa e se ne va. Condotta in luoghi piacevoli ma al contempo soffocanti. Non contrastate questo processo. Per nessuna ragione al mondo.


Yae: "Aloha Nui"

Un folk tribale e mistico.
Una voce angelica e cristallina.
Arriva al terzo album ed è già una delle cantanti di pop raffinato più interessanti in tutto il Giappone.
Unisce un songwriting poliedrico con un cantato sognante, le sue parole emanano emozioni, lasciano al silenzio attimi di pura bellezza.
Ka Wahine O Ka La è un rito mistico e antico.
Yu-ra Yurete è un folk-pop della migliore fattura, sembra di sentire una Joni Mitchell con gli occhi a mandorla.
Prayer Of The South Wind introduce alcune percussioni, archi e qualche tocco di xilofono. Canzone per gli attimi di maliconia, da scacciare.
In Fantasy Fish sembra di sentire la migliore Akiko Yano o, in alternativa, Chihiro Onitsuka. Una piano-song toccante ed ispiratissima, dai tratti onirici.
From 400 Years Ago somiglia alla sua precedente, scostandosi soltanto col tono più solenne. Un violino è un arricchimento perfettamente coeso con le note d'un piano ovattato, tutto viene sovrastato dai vocalizzi d'una voce che non puo' essere terrena.
Okakeuta è un tuffo nella musica propriamente tribale. Nacchere, tamburi ancestrali, parole, voci, sussurri. Spirituale.
Transparent Of Sadness è eterea e magica. Solo la chitarra e la sua voce. Niente altro per descrivere scampoli d'incanto semplice e puro.
Tomorrow si ricollega ai suoi predecessori, inserendo un violino stridente, alcune note d'un piano scordato, parole sussurate con il cuore in mano.
God Everywhere è avvolto da uno squisito intreccio di percussioni povere, battiti selvaggi, lamentarsi di voci sofferenti. Un gruppo di samurai dispersi in una foresta, alla ricerca del sentiero della libertà.
Conclude Kahuli Aku, in cui la capacità di cesellare bozzetti folk, fuoriesce con una naturalità impressionante.
Distante e prezioso. Inestimabile e misterioso.

lunedì 26 dicembre 2005



Alio Die: "Le Stanze Della Trascendenza" (Hic Sunt Leones, 1999)

Dilungati pattern elettronici s'incastrano con acusticità delicate e soffici.
Il tutto crea desolate lande sonore, tra un ambient che sa di droning e un un'ipotetica musica industriale minimale.
Alternates Realities è pura pace acustica. Piccoli suoni si presentano aleatori, schiocchi infinitesimali paiono animali in ribellione, un tappeto sonoro puntiglioso descrive un immaginario mondo tribale.
Cicada's Loop campiona il vociare d'una cicala e gli sovrappone drones di bellezza epica. Piccole note d'una tastiera ovattata tratteggiano colori ombrosi.
Il Fondo Del Pozzo è un deteriorante intrecciarsi di registrazioni concrete, ferroso sciabordare d'una catena, rintocchi d'un orologio puntuale e frenetico. Colonna sonora per un mondo deserto, offuscato da una nebbia fitta, con un fiume che scorre lento e pacato.
Melanchonic Roots è un folk apocalittico. Tra chitarre smembrate, ritmi acquosi, registazioni faunistiche, organi chiesastici. Capolavoro di collage sonoro.
Desire sono sferzanti andirivieni di loops, una campana annuncia un'avvenimento incombente, tocchi impercettibili sono sporcizia benvenuta.
Molecular Dance dice tutto nel titolo. Particelle timbriche veleggiano un cielo scuro, un sostrato è pacifico e disteso fino all'inverosimile. (e)stati sonora.
La tregua dopo una battaglia mastodontica. Piccoli sentori di pace dopo uno sferragliare disturbante. Paesaggi sconfinati, orizzonti indefinibili.

sabato 24 dicembre 2005

GUTEVOLK



Piccoli quadrettini per cuoricini infreddoliti da un inverno gelido.
Foglie cadono da un albero, leggermente secche, ed emanano suoni piccoli e impercettibili.
Un delizioso ibrido tra strumenti antichi e consumati, manipolazioni d'una macchina con un cuore pulsante ed una voce appartata appena sussurrata. Rintocchi di percussioni composte da materiali trasparenti, incosistenti.
Hirono Nishiyama è un angelino caduto dal cielo per allietare le nostre giornate solitarie con le sue canzoni essenziali, fragili, frangibili, delicate.
In certi frangenti ricorda i mùm di Finally We Are No One, per altri versi sembra di sentire un ibrido tra Flim, The Blood Group, Piano Magic e una tra Juana Molina, Zavoloka e Piana.
Praline colorate saltellano in un immaginario mondo fatto di colori, alberi di zucchero filato, case di cioccolato.
Il suo esordio è un sogno (fortunatamente) realizzabile.



Gutevolk: "The Humming Of Tiny People" (Daisyworld Discs, 2002)

Un indole acustica si fonde, come due amanti in un letto d'amore, con i trattamenti digitali. Deformazioni deliziose, spumose e docili.
Il cantato giapponese è il particolare che dona un tocco di dolcezza in più, ricamando piccole poesie immaginifiche.
Dove Musical Balloon intenerisce con il gorgheggio d'un synth saltellante, Rainy Dragoon annerisce gli animi con una voce dolorosa, sovrastata da contrappunti precisi e puntigliosi.
Lasciar scorrere minuti di pura pace con Hinagiku, immaginando paesaggi fantastici con Strange Dream, dove par di sentire piccoli animaletti che litigano per una noce.
See You Tomorrow è una canzone timida, che si fa conoscere soltanto dopo ripetuti approcci, Voice In A Pool è il pop che si fonde rumori estranei e i rumori a loro volta si rendono aderenti alla forma canzone.
Nel periodo successivo alla creazione di questo disco, la nostra Hirono, si immerge nella lettura delle rime di Mother Goose, rimanendo influenzata per la gestazione di Twinkle, il suo ultimo album, uscito proprio quest' anno. Prima, però, c'è questa operetta dimenticata:



Gutevolk: "Suomi" (Tokyo's Noble Recods, 2003)

Un carillon per dei follettini neonati, musichina per una giostra situata in un prato deserto, tra folate di vento e raggi di luce, d'un sole splendente.
Horizonto è un cello suonato con decisione, note di piano lontane e distaccate, cantato come un anelito, intrecci d'archi, sfrigolio elettronico schizza colori nell'aria.
Hajimete No Yuki è un pop contaminato da iniezioni di fantasia, un piccolo bozzettino dalle fattezze infantili e bambinesche. Contrappunti zampettano ovunque, una percussione detta un tempo a mo' di marcetta, Hirono canta come se fosse un fatina volante.
Parallel Land è la colonna sonora di una foresta oscura, in cui cicale cantano, animali scappano ovunque, foglie vengono calpestate. Un piano suona malinconico, un fiato è stanco e malato, piccoli pulviscoli elettronici si posano con dolcezza sulle pareti della nostra mente.
Clock Waltz è un jazz suonato in bassa fedeltà. Una piccola bossanova per locali deserti e desolati. Il contrasto tra le frasi appena dette e una base strumentale movimentata è tutto da godere ed apprezzare. Marcettina per un popolo festante.
Travel Of Rain è ancora connubio tra vari strumenti acustici. Piano, cello, contrabbasso. Essenzialità al servizio della bellezza. Le note provengono da ogni angolo e scappano birichine, con un sorrisino malizioso.
Snow Flake è un synth che ulula, tasti premuti, percussioni accarezzate, voci represse. Deliziosa.
Apparazioni fugaci per due raccolte di artiginato pop di valore eccelso:




VV.AA.: "The compilation of Daisy Creatures" (Daisyworld Discs, 2003)


VV.AA.: "Let's Sing in Do-Re-Mi" (333 Discs, 2004)

Nella prima contribuisce con Coquille, bozzettino esile e vulnerabile. Particolarmente in forma: Swing Slow, Eater, Takagi Masakatsu e Miharu Koshi.
Nella seconda arricchisce una raccolta fantastica con l'iniziale Scale Song, astrazioni digitali per un immaginario di forma canzone disturbata.
Da segnalare: Moosehill(Goro Ito) & Ikuko Harada(Clammbon), Ren Takada, Ogurusu Norihide (si, quello di Come And Play In Our Backyard) e Emerson Kitamura.
Arriviamo al recente disco di cui s'era accennato prima.



Gutevolk: "Twinkle" (Happy Records, 2005)

Arrivato alla terza posizione della mia personale playlist di quest'anno, è riuscito a perdere soltanto al cospetto di 28.
Questo disco è la raggiungimento d'un equilibrio misurato e perfettamente calibrato tra intromissioni elettroniche ed amore per gli strumenti acustici.
Le canzoni sono pure e semplici quanto un paesaggio autunnale, calde e e rassicuranti quanto una casa con il fuoco che crepita, riscaldando l'atmosfera.
Twinkle Star's Cycling Bolero ti entra dentro e non esce più. Uno strumento che sembra un contrabbasso viene loop-ato, la vocina di Hirono è dolce come non mai, gli xilofoni sono cristallini quanto un diamante perfetto, la batteria fa il suo dovere, ricamando trame percussionistiche di rara bellezza. Piccoli bleeps sono la ciliegina sulla torta. Scendono le lacrime da tanto è bella.
Light Parade è un ossessiva nota di tastiera ripetuta fino all'infinito, a cui si sovrappongono cicli sonori, battiti acquosi, scorrere d'un fiume nel suo letto, nel periodo più calmo. Pittura minimale per una stanza curata e lucidata.
Little Girl, Little Star è uno strumentale che sa di indie-tronica ma è molto di più. Scale pianistiche, loops, note d'una tastiera vintage. Ancora una batteria par dettare il tempo per una guerra a base di pistole ad acqua, fucili caricati con caramelle e cannoni che sparano zucchero filato.
Silo è uno schizzo incompiuto, una bozza sfavillante. Tra andirivieni metallici, note accantonate e ritornelli dilungati. Contrappunti alienanti per un gruppo di anime sorridenti.
Nei due minuti scarsi di Moonlakers s'arricchisce la foruma con flauti e clangori ferrosi, nella conclusiva Wondering si calmano gli animi, fino al finale sfasciarsi del ritmo, concludendosi con il silenzio mai tanto odiato.
Una manciata di canzoni che puo' essere una ninna-nanna adatta per farvi addormentare sorridenti, un modo per consolare i vostri cuori spezzati, l'incoraggiamento dopo una dolorosa delusione.