mercoledì 30 novembre 2005

 



Fourcolor: "Air Curtain" (12k, 2004)



Vallate distese e infinite.

Sconfinate colline sonore, aria ammorbante, atmosfere in cui confluiscono nebbie sulfuree, vento gelido e profumi ipnotici.

Paesaggi incontaminati, mistici e avvolgenti.

Un altro genietto-tutto-fare di marca jappo, titolare di ben tre formazioni capitali: Minamo, Fonica e, appunto, Fourcolor. Ah, lui si chiama Keiichi Sugimoto.

Magici contrappunti si proliferano nell'aria senza un criterio apparente, pulviscoli zampettano ovunque, lasciano al silenzio un disturbante senso di smarrimento.

Curtain Of Air è un continuo deteriorarsi d'un ritmo sconclusionato, microscopici tocchi d'un animaletto dispettoso, saltellare paranoico d'un insettino, ai confini dell'atmosfera. Scampoli di musica glitch, scomposizione digitali, tentazioni ambient, noise dolce e pacato, rumori e schiocchi, meccanico sfrigolare d'un robot arrugginito.

Empty Sky 1 è ancora più pacifica e rilassante. Sembra di sentire la sonorizzazione d'un giungla abitata da una fauna gentile e appartata. Fiori sfavillanti dipinti da colori a pastello, un fiume scorre lentamente, piccoli movimento d'alberi giganteschi, sfrigolare d'una rana, appena sopra il livello dell'acqua. Piccole goccine di rugiada cadono da una foglia, turbinante starnazzare d'un synth irriconoscibile, sprazzi di musica concreta, sentori di piacevole compiutezza.

Ae è fatta di pause e ripartenze. Attimi di puro silenzio, sovrapposti a un ciclico generarsi di suoni spezzati e infinitesimali, errori impercettibili, in sottofondo un drone ripetitivo, replicato, trasfigurato. I suoni vengono concepiti senza un criterio, non c'è un elemento che leghi questi contrappunti, si elevano nell'aria con naturalità e spensieratezza, senza precauzioni. Tratteggi disaggregati, ricami sinusoidali, piccoli disegnini stilizzati e minimali.

2 Strings è più ostica e rumorosa. Principo come al solito srotolato con pacatezza e tatto, nello scorrere dei secondi s'inizia a intrufolare un fracasso metallico, tumulto sferragliante, martellamento rugginoso. Siamo ancora dalle parti d'una proto-ambient sfigurata, ritmo al rallentatore, distrazioni e turbini interstellari.

In Cloud Whereabouts si fa vivo un piccolo battito, quasi a stabilire un acceno di ritmo, prezioso, seppur iper-minimale. Ancora un fantasma s'aggira nei bassifondi, aggirandosi con schizzofrenici movimenti a mezz'aria, svolazzando un po' dove capita. Ambientazione per un areoporto su Marte, con un terremoto in corso.

As Rain è quasi industriale, con lo sciabordio d'una fabbrica in ossessionate attività, un continuo sbattere di un ferro sulla parete d'una casa, continuo percuotere d'un martello su un chiodo d'acciaio, strappi laceranti, danni irreparabili e significativi.

Conclude Empy Sky 2 ed è il pezzo più rappresentativo del disco, solo perchè riunisce tutte le intuizioni azzeccate del disco in soli 8 minuti. Sciorinare i soliti tre, quattro nomi che etichettano il pezzo è sbagliato. Ascoltare e lasciarsi andare davanti a questa composizione rilassata e rilassante, inestimabile e pregiatissima.

Un disco ostico e piacevole, difficoltoso e gradito, scorbutico e pregiato.




Mitchell Akiyama: "Small Explosions That Are Yours To Keep" (Sub Rosa, 2005)



Scomposizioni sonore per attimi silenziosi.

Sfasciamento robotico per un complesso di macchine sferraglianti.

Strappi laceranti d'una lama affilata.

Distruzione timbrica e decomposizione sonica.

Mitchell Akiyama è un compositore d'eccezione. I suoi dischi sono mistici e nascosti, piccoli e preziosi, sotterranei e misteriosi.

Dal progetto Désormais, al duo Dakca fino ad arrivare a Avia Gardner. Una miriade di pseudonimi in cui riesce ad esprimere appieno la sua ispirazione.

Questo disco è magico, appartato, continuamente veniamo punzecchiati da deliranti contorni sonori, stuzzicati da ricami impercettibili, contrappunti minuscoli.

Strategies For Combatting Invisibility è continuo andare e venire d'un ritmo indeciso, sconclusionato, dubbioso. S'intrecciano archi, campanellini, click and cuts, linee eteree, disfacimenti d'un mondo lontanissimo. Colonna sonora per una macchina in via di distruzione, le cui immagini riflesse sono disturbate e incomprensibili.

But Promise Me è un contrabbasso che lascia note laceranti, roboanti schizzofrenie notturne. Battiti di mano campionati, acusticità deformata, scampoli di disturbante piacevolezza. Un andamento intimo, caloroso, inestimabile. Ambientazione per una stanza solitaria e leggermente illuminata da una lampada antichissima.

Full Then Felt è un turbine di pulviscoli glitch, immersi in un abisso infinito, oscuro, rimbombante strisciare d'un marea di anime a sè stanti. Una fisarmonica ricama tratteggi fragorosi, corde vengono pizzicate, ciclico ripetersi di accordi puri, precisi. Adattamento sonoro per un pomeriggio scuro, un salotto solitario, solo la musica che satura lo spazio, emozioni a scatti, sensazioni intercambiabili.

Your Distance Kept è una landa sconfinata. Una chitarra sembra suonare a migliaia di chilometri dalle nostre orecchie, intromissioni estranee imbastardiscono note già di per se contaminate, un drone è una serpentina che s'inserisce in ogni interstizio immaginabile, picchi di volume sono un tritasassi in azione.

Through Fall and Flicker è un piccolo giochino concettuale in cui rumori concreti vengono spappolati, scomposti, spezzati. Cinguettio d'uccellini inconsapevoli impreziosiscono senza un intento preciso.

La title-track è un pezzo d'eccezione. Un jazz trasfigurato ed ammorbante. Scintillante starnazzare d'un tripudio di strumenti a fiato, luccicante sibilare d'una sporcizia sonora astratta, pause cariche di pathos, mistico e preciso dettare d'uno xilolofono solenne. Suoni adatti ad attimi di piacevole intensità, momenti di pura stasi.

Suggestions for Walking Alone è un piccolo bozzettino in cui confluiscono fantasia irrefrenabile, saper cesellare istanti di pura staticità, dipingere atmosfere pregiate e introvabili.

Contrapuntal Lung Apparatus è una marcetta in cui il tirmo è scomposto e deteriorato, enfatizzato e represso. Strimpellare gioioso, sfuggenti loop, percussioni minimali, centrifuga interstellare lucente ed abbagliante.

Overhead Then Exit è ancora uno sprofondare intenso e progressivo in un mondo a se stante. Incostante schiamazzare di strumenti a corda, scomposizioni, sovente, sovrappongono note aleatorie e casuali, distinte e confuse. Ambient per cuoricini meccanici, innamorati di suoni errati.

With Her Shadow Cast In Doubt è il pezzo più normale. Ancora strumenti a fiato, chitarre, piano, percussioni variegate, contribuiscono per creare un marasma sonoro d'avvolgente compiutezza. Pochissime manipolazioni digitali, soltanto un animo classicheggiante che rimane a mezz'aria, lasciandoci impietriti.

Conclude Ghost Storms con un piglio molto minimale, a bassa fedeltà, volutamente sommesso. Storie scritte con mano ferma e decisa, contornate da un aura sonora macabra, in un bosco di cipressi, giganteschi massi agli angoli, foglie sparse in ogni piccolo spazio restante.

Un disco poliedrico e mai ripetitivo. Vario, inestimabile, pregno di innovazione. Mitchell Akiyama si conferma come figura di punta dell'elettronica glitch, anche alla luce dell'ultimo (splendido) disco con il progetto Désormais.

domenica 27 novembre 2005

 



Piana: "Snow Bird" (Happy Records, 2003)



Naoko Sasaki si diverte a riempire i nostri piccoli, malati cuori d'una tenerezza soffice ed avvolgente.

Flessibile muoversi d'un bollicina in aria, spumoso scintillare d'uno zampillo d'acqua purissima, nel contesto d'un prato infinito e lucente.

Fiorenti evoluzioni di raggi d'una luce splendente, soffi d'un vento leggermente pacato, calore d'un sole tiepido.

Dopo il timido intro di 20 years Ago, ci intromettiamo in Butterfly.

Piccoli rintocchi sferzanti. Circoli sonori per atmosfere plumbee. Cicli turbinanti. Voci deliziose e distese. Una chitarra strimpella felice, Naoko decanta parole con un afflato impercettibile, glitch inafferrabili tinteggiano piccoli insetti volanti. Uno dei pezzi di glitch-pop più emozionanti e belli mai ascoltati, al pari di Tujiko Noriko. Palpitante e celestiale.

Snow Bird è oscura e notturna. Accordi centellinati, stridio d'una macchina impazzita, errori aleatori, Naoko canta con distacco, la sua poesia straziante. Puntini d'un disegno stilizzato, posto a mezz'aria, docili fattezze, sfavillante tripudio di colori.

Spring Hase Come!!! è disturbante e spezzettata. Iniziano varie strade, vari percorsi, al principio della canzone. Questi itinerari non riescono mai a collimare e sbattono, confluiscono, divergono, sfuggono. Un continuo sfasciarsi d'un turbine di note inattese, marginali, incidentali. Pulviscoli digitali per animaletti infreddoliti e sperduti.

Winter Sleep è una delizia. Xilofoni ovattati, synth schiumoso e timoroso, vocalizzi di Naoko, strappi di noise laceranti, diverge e converge, scappa e s'avvicina, non c'è stabilità. Gocce d'una neve sciolta tintinnano sulla soglia d'una casa abbandonata, rami vengono spezzati dal peso della massa bianca, folate d'un vento penetrante e tagliente completano un'atmosfera cristallina.

Hid and Seek è un piccolo giochino in cui s'intrecciano piacevolmente rintocchi di tastiera, campanellini, rotture ritmiche, sdruciture sonore.

Voice è il rimbalzare d'un una circonferenza mastodontica nei contorni d'una caverna immensa, illuminata dalla brillantezza dei timbri emanati. Un drone claudicante schiamazza, sfrigolio cibernetico centellina rumore, scriteriato serpeggiare d'un anima sonora in disparte.

Monster ha un approccio più movimentato e un piccolo vortice percussionistico c'accompagna senza mai dividersi dal fulcro del pezzo. Sovente dei tratteggi d'un synth malato, lasciano segni evidenti, battiti roboanti non lesinano rumore, la voce, questa volta, è soltanto un ricordo.

April è basato su un filo di noise che ci perfora la mente da parte a parte. Un sibilo lungo un'infinità, lacera il nostro modo d'intendere e di volere, volenterosi accordi di chitarra vengono in soccorso, senza successo. Frasi sbarazzine, in un'interpretazione timida, impreziosiscono con sapore dolcificante. La colonna sonora per un amore finito, un rapporto concluso, opprimente delusione, devastante malinconia.

Blue Bell è un gioiellino inestimabile. Una fisarmonica tratteggia ricami accennati, chitarra etera disegna atmosfere d'altri tempi, intromissioni digitali sporcano, ancora voci lontane ci insegnano come amare il silenzio. Perfezione chimica d'un particella solitaria.

Conclude il cerchio After 20 Years, parte mancante del pezzo d'apertura, tra cincaglierie lo-fi, click appartati e un sapore amatoriale.

Un'opera per apprezzare le cose più insignificanti, più, alla apparenza, marginali. Saper godere d'una giornata uggiosa, un letto soffice, una musica mistica e silenziosa, chiudere gli occhi e viaggiare. Un viaggio senza limiti in un mondo rigoglioso e sorridente, fragoroso e luccicante.

sabato 26 novembre 2005

Freschissima uscita del nostro maghetto preferito:



 



Flim: "Holiday Diary "



Il solito afflato giocoso, sbarazzino, sconclusionato.

Piccolissimi spartiti bambineschi per giornatine minuscole e appartate.

Un sapore digitale dolce e pacato, delicato quanto un fiore appena sbocciato, bagnato da una rugiada saporita.

Murmur Room è il ripetersi del solito accordo di chitarra acustica, sottofondo composto da delicati synth spumosi, rumorini fragorosi, microscopici tocchi d'uno strumento misterioso. Astrazioni soniche per folletti alati, disegnati da colori sfavillanti, sapori gustosi.

Lime è un claudicante bozzetto in cui confluisce uno spirito in disparte, tormentato da timbri scabrosi, irregolati, dilungati. Una sorta di piano preparato dipinge un cielo oscuro, vari strumenti acustici dettagliano, con ciclico ripetersi, piccoli lampi di disturbante potenza. Accenni noise, delicate pause rilassanti, distese d'un paesaggio sconfinato.

Current Description è una proto-ambient, screziata da disturbi rumorosi, drones sinuosi e sinuosoidali, striscianti e viscidi, schizzofrenici e sfuggenti. Pace e pathos onirico. Note aleatorie per stanze scure e ammorbante.

Above Seagullis approccia un piglio più ritmico. Un turbine percussionistico è stabile e prezioso, svolazzanti contrappunti di armonica, synth, piano, spasmi elettro(sonici) piccoli quanto un atomo. Tappeto sonoro per momenti solitari, davanti a un fuoco, la propria musica da conservare gelosamente.

Home è un capolavoro. All'apparenza una semplice scalata pianistica, nei suoi angoli nasconde genialità. La coda sonora del piano viene loop-ata creando un effetto disorientante, in cui scale timbriche sbattono contro gli effetti ossessionanti d'una macchina architettata per destabilizzare. Bella da far male.

No Guitar Please è un giochino emozionante. Un armonica suonata su una montagna sconfinata, contrappunti d'una fisarmonica saltellante, pause rendono statico lo spazio circostante. Sorrisi e amore. Sospiri e palpiti. Una giornata leggermente nuvolosa, un prato bagnato da una pioggia dimenticata, un gruppo di arcani esseri lasciano al silenzio un orgia di cullanti, distesi, rilassanti suoni.

Ecstatic Brown è la logica conclusione d'un (altra) opera scintillante.

Venti d'un mondo sconosciuto, concreti tocchi d'un demone impazzito, sovente uno strumento a coda lascia rintocchi precisi, lo scorrere è lento e prolungato, progressivamente tutto si scioglie in un mare di dolcezza. Chiudere gli occhi e godere di questi momenti come se fossero infinitamente presenti. Sperare nell'assenza di una conclusione che si presenta puntuale ed odiata.

Grazie Enrico Wuttke, ti vogl(iam)o bene.

mercoledì 23 novembre 2005




Synapse: "Raw" (Tzadik, 2005)


Un trio dal potenziale impressionante: Aki Onda, Haco, Ikue Mori.


Tre dei migliori artisti che il Giappone abbia mai rilasciato.


Il primo rimane uno dei guru della scena elettronica giapponese e non. Collabora con una miriade d’artisti (tra gli altri Tujiko Noriko, lavorando al mixer durante la registrazione di “From Tokyo To Niagara”) e produce variagate opere altre, confermandosi un’artista a tutto tondo, senza limiti di genere e/o d’ispirazione. Come disco personale da segnalare quel capolavoro di ambient-noise che è “Precious Moments”.


Haco è un ragazza dalla fattezze perfette e immaginifiche. Una miriade di acronimi, un impressionante poliedricità di proposta. Mescaline a Go-Go, View Masters, Hoahio, alcuni dei suoi pseudonimi artistici. Da non dimenticare il suo personale capolavoro: “Happiness Proof”. Se la si è lasciata da parte non c’è altro da fare: recuperarla.


Ikue Mori non ha bisogno di presentazioni particolari. Batterista fai-da-te nella storia prima, maghetta della laptop music dopo. Inchino.


Raw è un’opera oscura. Profonda. Non propriamente facile da assimilare. Si basa su suoni sfuggenti. Anime timbriche scostanti e racalcitanti al facile approccio. Coacervo di note spigolose, saltellanti, animate, inquiete. Uno scorticante tuffarsi in un lido dall’aria opprimente, nebbie sulfuree, esplosioni velate, orizzonti offuscati.


“Moonshadow in Cuba” è un continuo rimbalzare di suoni aleatori, voci sconclusionate, timbri cavernosi, ondeggianti schizzofrenie per momenti ossessionanti. Pause e un continuo sfasciarsi del ritmo lasciano al silenzio attimi di pura follia sonora.


“Soap Bubble” è una composizione in cui una classica folk-song viene imbastardita da interventi di noise taglienti e disturbanti, drones sotterranei rendono l’atmosfera mistica, i tratteggi vocali vengono modificati come se fossero l’eco d’un essere tormentato da pene indicibili. Acusticità microscopiche interferiscono, soltanto in superficie.


La successiva “Red and Green” è una voce distaccata che recita la sua messa mistica. Deliranti bordate di rumore strappano in due i nostri sensi, improvvisi picchi d’un volume pacato, synth deterioranti stracciano senza precauzioni, una miriade di pulviscoli s’intromettano ovunque.


“Morning Song” è il ritmo regolare prima di una decapitazione. Un battere percussionistico d’arcana provenienza, cincagliere metalliche, lacerazioni digitali, frasi clandestine, folate d’ un vento freddissimo. Un’orrorifica esecuzione è nelle vicinanze. Serpenti sonori strisciano con ammorbante velocità, senza un freno. Interruzioni emozionanti, svolazzante viaggiare d’un timbro solitario, bleeps, dispettosi, scappano da ogni parte e non si riesce a raggiungerli.


“Mabataki” è infettante, cattiva e spezzetta la nostra capacità d’intendendere. Durante lo scorrere dei secondi, viene ripetuta, su piani d’esecuzione diversi, smembrata e lacerata la parola da cui il titolo. Poco altro, dal punto di vista interpretativo. Di contorno, un farneticante turbine di schifezze digitali, soffi, schiocchi, rumori, anime distese, convulsioni d’una macchina programmata per creari suoni errati.


“Howling Pot” sono due minuti abbondanti in cui ci si diverte a sentire un costante intrecciarsi di contrappunti vaganti, tocchi d’uno strumento a corde spolpato, molestanti giochini in cui delle note concrete vengono destabilizzate, senza speranza.


“White Dreams” è ancora follia allo stato puro. Non c’è una parvenza di regolarità, urla d’una voce maschile in crisi epilettica, un battere casuale non si ferma, manipolazioni digitali d’ogni sorta. Sciabolate, ritmi instabili, claudicanti, frasi sconnesse. Pura fantasia, divertissment per testoline pazzoidi.


“Diamond Dust” calma leggermente le acque, in cui un’oniricità mutata crea clima avvolgente, atmosfere abbaglianti, sensazioni distraenti, alcuni fantasmi sonori, dipingono un sostrato piacevolmente scontroso.


“Jumon” rimane sulla falsariga dei precedenti, aggiungendo piccole variazioni, come un marasma di percussioni sconosciute, vocine decantano frasi appena percettibili. Una chitarra dalla parvente autenticità strimpella sbarazzina, incosciente di cosa le sta succedendo intorno.


“Mirror Room” sono sette minuti di pura frustrazione sonora. Sembra d’assistere ad un despota che comanda ai suoi sudditi di distruggere qualsiasi cosa. Scoppi, esplosioni, urla, sofferenze, fastidiosi missili di luce sonora, ambientazione per una tomba maledetta, infestata da creature inguardabili.


Conclude “Rappa” tra schianti d’un masso sulla superficie della nostra mente, campanellini dichiarano l’inizio d’una guerra epocale, disturbi animaleschi ci lasciano basiti.


Il solito disco Tzadik, senza aggiunte ne perdite. Il solito frullato immaginifico d’un animo musicale, d’una tradizione, sperimentale. Qualche volta i suoni sono leggermente fuori fuoco e malcalibrati. Altre volte, come in questo caso, il risultato è senza dubbio da ricordare. Un disco in cui, solamente la somma delle singole parti in gioco avrebbe portato a un lavoro dignitoso, la coesione artistica dei tre fa il resto.


 


(7)


 

lunedì 21 novembre 2005

 



Un piccolo angelo luciferino cade da un paradiso infernale.

Polvere di stelle, particelle d'un pianeta immaginifico cadono dal cielo e rilasciano piccoli suoni, preziosi.

Incantatrice sbarazzina, dai tratti perfetti, strega con i vestiti color oro, piccola ragazzina dal visino celestiale.



 



Sembra di scorgere un'anima a se stante, scrutando i suoi occhi, il suo impercettibile sorrisino sprezzante.

I dischi mischiano un sapiente gusto pop con influenze prettamente rock, una forma canzone leggermente strapazzata, riproposta con un gusto sopraffino.



 



Love Punch (Avex Trax, 2003)



La coloratissima copertina (che bella la versione con il dvd!!) rispecchia il frizzante approccio della sua musica.

Mistura di sapori squisitamente nipponici, atmosfere pop/rock ispirate, particolarità per un disco colorato, vivace, tinto di schizofrenie infantili.

Pretty Voice è un anthem irrefrenabile, senza una tregua apparente.

Momo no Hanabira è uno squisito gioiellino in cui fragili steli d'un albero secco si scontrano con un vento tagliente, un freddo doloroso, piccoli battiti d'un picchio sulla corteccia.

Sukaranbo è uno sconclusionato siluro sparato a velocità insostenibile, senza particolari precauzioni.

Con Girly si continua sulla falsariga dei precedenti, aggiungendo quelle piccole differenze, facendo sprizzare felicità da ogni poro delle canzone.

Me No Naka No Melody è docile ed appartata, lasciarla andare senza opporre resistenze. Un afflato quasi impercettibile, appartato e distante.

Shabondama è un piccola pralina dal sapore leggermente amarognolo, odori soffici, atmosfere delicate.

Ishikawa Osaka Yukou Jyoyaku con un piglio giocoso e sbarazzino ricorda in certi punti quel rock a presa diretta di marca nipponica degli Asian Kung Fu Generation (altri Cool a profusione).

Stessi dicasi per la successiva Honey, una sgangherata canzoncina in cui uno strumento a corde lascia al silenzio piccole note casuali, vocina bambinesca, emana paroline emozionanti:

Arigatoooo!!!, Arigatooo!!!.

Amenbo è una ballata toccante, note di piano sono sole, timbri vocali impreziosiscono con pacatezza, dolcezza e tatto. Intromissioni orchestrali arricchiscono un arrangiamento certosino, corde pizzicate, è pathos ad ogni secondo. Ai sembra un angelo che canta, volando con le sue ali invisibili.

Always Togheter è la perfetta conclusione per un disco (quasi) perfetto.

Anime trip-hop, sentori d'un oriente malato, frasine decantante con il cuore in trepidazione.





 



Love Jam (Avex Trax, 2004)



Esilarante. Pazzoide. Eccentrico.

Il lavoro più compiuto di Ai. Una sequenza di missili adrenalinici, in cui si fondono una perfetta mistura d'anime rock, pop, manipolazioni elettro, crisi nevrotiche, esplosioni telluriche.

Superman mette già le cose in chiaro con un piglio assolutamente ansiolitico, un continuo ripetersi d'angoscie mal celate, inquietitudini represse, non c'è un attimo distensione.

Happy Days è ancora uno spasso. La sua vocina megafonata in sottofondo, non c'è sosta per un solo secondo. Happy Dayssss, Happy Dayss!!!.

In Strawberry Jam c'è un momento di vero e proprio armistizio, in cui Ai ci propone una canzone semplice e diretta. Un pop frizzante e brioso.

Daisuki Da Yo è tra le più belle canzoni mai composte dalla Nostra. Una cantica per angeli neonati, melodia ariosa, poesia per organi feriti, venticello profumato, un albero in fiore, amore e sorrisi.

Sensu è al pari della precedente con quello strato percussionistico d'eccezione, convulsioni chitarristiche, Ai non lesina virtuosismi, quel preciso e puntuale distribuire d'emotività.

Percorrendo la bombetta Mousou Chop, completa pazzia in Pon Pon, giochino per un cabaret nella periferia di Kyoto in Futatsu-Boshi Kinenbi.

Kingyo Hanabi è una lacrimevole ballata, con battiti animali in sottofondo, un piano scordato presenta note precise e strazianti, la colonna sonora per un film animato, in una scena d'addio.

Kuroge Wagyuu Joshio Tanyaki 735 Yen è una birichina bimba che canticchia con la sua vocina da neonata, con il suo afflato poliedrico. Una passeggiata spensierata nel centro d'un bosco, illuminato da un sole abbagliante, foglie volano, uccellini canticchiano, un cervo sgambetta per i prati.

Conclude Friends ed è ancora la dimostrazione palese del suo talento sia come cantante, sia come compositrice. Archi taglienti, un piano mai domo, chitarra eterea, parole sofferte, lacrime represse. Tanto, tanto amore.



Tra poco esce il suo nuovo disco e sarà come al solito un divertimento senza tregua:



 



Love Cook (Avex Trax, 2005)



Questa la tracklist:



1. 5:09am

2. Hane ari Tamago

3. Biidama

4. SMILY

5. U-Boat

6. Neko ni Fuusen

7. Cherish

8. Ramen 3 Minute Cooking

9. Tokyo Midnight

10. Planetarium

11. Birthday Song

12. Love Music

Aspetto questo disco con ansia, da mesi.

Amate le sue canzoni, godete della sua voce, ammirate i suoi lineamenti.

domenica 20 novembre 2005

 



Hitomi Yaida: "LOOK BACK AGAIN / OVER THE DISTANCE"



Che complesso che c'è in questo singolo.. Hitomi alla voce, Yaiko scrive i testi, Diamond Head in arrangiamento, Daishi Kataoka, Akira Murata alla composizione.

Look Back Again è gioiellino dalla perfezione chimica, particelle intrisecamente spumose lasciano al silenzio piccoli rumori preziosi, inestimabili.

Over The Distance lascia a bocca aperta con quel suo piglio zuccherino, il venticello di spensieratezza che emana, una carezza, un soffio, piccolo crepitio d'un fuoco che svanisce.

Le Vent Brulant non è altro che un bruscolino dai contorni sfavillanti, piccola gemma dai lati geometricamente perfetti, vocina infantile, accordi frizzanti, emozioni, parole, amore.

sabato 19 novembre 2005

Hitomi Yaida



 



Volo d'un aquila cantante.

Salto chilometrico d'un esserino molleggiato.

Sferzanti raggi d'un sole malato e oscurato.

Esserino sorridente dai tratti e contorni celestiali.

Fantasioso quadro tinteggiato da un pittore felice ed innamorato.



 



Ammirare il suo sorriso è tanto bello quanto ascoltare i suoi dischi.

Mi permetto di selezionare i miei due preferiti in i-flancy e Candlize, rimandando qui per la discografia completa (*).



 



Candlize (TOCT, 2001)



Manifesto d'una fatina appartata. Lei tira fuori la testa dal suo nascondiglio e con ingenuità infantile lascia in eredità questa raccolta di canzoncine.

Candle è proprio un dolcetto al sapore di crema. Saporito manifatto dolciario adatto a bocche sopraffine.

Buzzystyle non lascia scampo, un continuo sfascarsi d'un ritmo pop appiccoso, semplicemente bello.

Look Back Again è una mistura d'un rock mutevole, anime elettroniche sottili, continui vocalizzi, in cui Hitomi sfoggia capacità d'interprete veramente invidiabili.

Not Still Over è fantasia allo stato puro. Borbottare d'un fiato scordato, percussioni in orgasmo, suoni aleatori. Poliedricità d'una bimba imbarazzata.

Over The Distance è un pop orchestrale, in cui s'uniscono archi mastodontici, acusticità orientali, ancora un cantato senza un difetto. Ascoltare per credere.

I'm Here Saying Nothing ha sentori vagamente gitani, con un chitarra (banjo?) precisa e pulita, ancora un ritmo percussionistico perfetto e perfettibile allo stesso tempo. Ritornelli lasciati li, per quelle persone che hanno la pazienza di darne importanza, adatti a persone da consolare, dopo una delusione indicibile.

Sora No Tsukurikata è bella da far male, un folk apocalittico con piccoli pulviscoli elettronici, quasi impercettibili.

Zeitaku na Sekai è un continuo progredire d'un pezzo in cui pause e un correre irrefrenabile s'alternano senza una linea di continuità, Teto Namida è il capolavoro del disco con quel piglio pop d'altri tempi, Life's Like a Love Song è una dolce ballata, in cui battiti scabrosi fanno da sottofondo a una piccola chitarra per una voce deliziosa.

Il tutto si chiude alla perfezione con Maze in cui, ancora, il suo gusto nel comporre canzoni terrene si palesa con evidenza.

Un'opera isolata e lasciata al suo destino. Recuperata da un pubblico esiguo, le persone più fortunate mai esistite.



 



I-flancy (TOCT, 2002)



Piacevole sprofondare in un mare di felicità, spumosità pop, orgie d'umori zuccherosi.

Svolazzare in cielo d'un aquilone coloratissimo, illuminato da un sole abbagliante, scosso da un vento leggermente movimentato, allietato da un mare di vocine infantili.

All'inizio del disco c'è già il manifesto della musica di Hitomi.

Creamed Potatoes è un perfetto pezzo pop/rock con intromissioni d'una voce impazzita, urla stramazzate d'una ragazza impazzita. Orgia di parole sconclusionate, spasmi chitarristici. Inglese, giapponese, il tutto confezionato alla perfezione.

Mikansei No Melody è ancora dolce scorrere d'un gioiellino dal sapore di sakè. Synth ricama sinuosi intrecci melodici, una batteria detta un tempo stabile, la sua voce dipinge trame vocali d'angelica provenienza. Attimi di pausa in cui scorrono intrecci elettronici, strimpellare d'una chitarra, sciabordare d'una percussione lontana.

Andante è ancora una robusta struttura prettamente rock a comporre l'atmosfera. Non c'è tregua per un solo attimo. Il suo timbro vocale non ha un momento di pausa e continua a propinarci parole, docili animaletti adatti a inserirsi negli interstizi della nostra mente. Un continuo, scintillante, ripetersi d'un accordo di chitarra, ed è puro pathos.

Ring My Bell placa gli animi con un andamento più pacato, in cui le capacità compositive ed interpretative di Hitomi vengono fuori tutte. Qua c'è dentro, in 4 minuti e mezzo, c'è un pezzo in cui la stessa essenza della forma canzone viene riproposta con gusto e sapienza. Quei 4 accordi giusti, quel ritornello di splendente compiutezza, quella tastiera che trasmette emozioni e un sorriso paranoico.

Niji Drive è una ninna-nanna per tarde sere alla periferia di Tokyo in cui il sole tramonta e la stanchezza si fa presente. Piccoli accordi s'incastrano, etereo proseguire d'un corpo libero, paroline decantate con pacata dolcezza.

Change Your Mind è un mutevole strascicarsi d'una canzone dilungata per sua natura. Un piccolo piano propina piccole note per piccoli esserini.

Ancora non si puo' dire niente di male di Dizzy Love, con quel andamento ossessionante, cadere in un dirupo infinito e lasciarsi trasportare dalle note, senza resistere.

Aitai Hito è un orgia di piatti sbattuti, piccole corde pizzicate, percussioni percosse, un'unica celestiale voce lascia con i cuoricini al posto degli occhi, un battito irregolare e tanta felicità in corpo.

Attraverso la marcia, con stuzzicanti linee elettroniche, di I Can Fly, fino alla penultima, toccante e silenziosa, I Really Want To Understand You.

Ashita Kara No Tegami è ancora un dolce bozzettino in cui confluiscono tentazioni elettroniche, un anima sfacciatamente orientale, sinusoidali linee d'un piano possente. Improvvise accellerazioni fanno sobbalzare la pressione corporea.

Forse avrò evangelizzato, come m'avete accusato in quel famoso thread su Maaya, ma non posso che scrivere tutto cio' riguardo questi dischi. Sono il mio cuore e le mie giornate, i miei attimi intimi e la mia felicità.

Spero per voi possano rappresentare qualcosa queste semplici, stupende, canzoni. Si, soltanto questo.







(*) Sia Air/Cook/Sky che Daiya-monde sono due album d'ottima fattura, peraltro, non paragonabili agli altri due descritti.
Ascolti della settimana:

Jappo-Week


Seiichi Yamamoto: "Nu Frequency" (7)
Towa Tei: "Flash" (6)
Shazna: "1993 - 2000" (7)
Sawako: "Nin" (8)
Sawako: "Your Gray" (7)
Maki Nomiya: "Dress Code" (7)
Yoko Nagayama: s/t (7)
Haruomi Hosomo: "Mix Form" ( ohmy /10)
Hitomi Yaida: "Mawaru Sora" (7)
Hitomi Yaida: "Monochrome Letter" (6,5)
Hitomi Yaida: "Hitori Jenga" ( Cool /10)
Diamond Head featuring Hitomi Yaida: "Look Back Again / Over The Distance (7)
Utah Kawasaki: "Utah.Mod.Radi" (9/10)
Aki Tsuyuko: "Tsuki to Nagai Yoru" (7)
Aki Tsuyuko: "Ongakushitsu" (8)
Kahimi Karie : "Montage" (amore/10)
Kahimi Karie : "Nana" (amore/10)
Kahimi Karie: "My Suitor" (7)
Kahimi Karie : "K. K. Works 1998-2000" (wide ti amo/10)
Toshiyuki Kobayashi: "Drawing Speed, Coloring Time" (7,5)
Maaya Sakamoto: "Shonen Alice" (7)
Shizukusa Yumiko: "Kokoro wa Itsumo Rainbow Color (Japan Version)" (Cool/10)
Shizukusa Yumiko: "Control Your touch (Japan Version)" (7)
Mono: "Walking Cloud And Deep Red Sky, Flag Fluttered And The Sun Shined" (8)
Mono & World's End Girlfriend: "Pamless Praye / Misse Murder Refrain" (7)
Mono: "One Step More And You Die" (7)

Il resto:

Ms. John Soda: "No P. Or D." (7,5)
Neotropic: "White Rabbits" (7)
Neotropic: "Mr. Brubaker's Strawberry Alarm Clock" (6,5)
Neotropic: "15 Levels Of Magnification" (7)
Mikael Stravostrand: "Formula" (7)
Mikael Stravostrand: "Reduce" (6)
Cordell Klier: "Apparitions" (4)
Kinetix: "White Rooms" (8)
eM: "Outward" (7)
I miei dischi Jappo preferiti:


Pop (*)

Maaya Sakamoto: "Nikopachi"
Akiko Yano: "Piano Nightly Sessions"
Ayumi Hamasaki: "A Song For XX"
Utada Hikaru: "First Love"
Mai Kuraki: "If I Believe"
Hitomi Yaida: "i-flancy"
Akino Arai: "Furu Platina"
Kahimi Karie: "k.k.k.k.k"
Nami Tamaki: "Make Progress"
Yumiko Shizukusa: "Hana Kagari (Japan Version)"
Namie Amuro: "181920"
Akemi Misawa: "Shima No Blues"
Miyuki Nakajima: "Watashi No Koe Ga Kikoemasuka"

(Piango a dover escludere dei dischi rispetto ad altri ma altrimenti ne metterei 200...)

Elettronica e Avant

Piana: "Snow Bird"
Aoki Takamasa: " Indigo Rose"
Aoki Takamsa: "Simply Funk"
Tujiko Noriko: "From Tokyo To Niagara"
Kazumasa Hashimoto: "Epitaph"
Ikue Mori: "One Hundred Aspects Of The Moon"
Fourcolor aka Keiichi Sugimoto: "Water Mirror"
Nobukazu Takemura: "Scope"
Tokyo Lab: QUALSIASI COSA
Yuichiro Fujimoto: "Komorebi"
Takagi Masakatsu: "Eating #2"
Yoshihiro Hanno :"Lido"
Susumu Yokota: "Grinning Cat"
Susumu Yokota:"1999"
Mitchell Akiyama: "Small Explosions That Are Yours To Keep"
Nao Tokui: "Mind The Gap"
Aki Onda: "Precious Moments"
Toshiya Tsunoda: "O Respirar Da Paisagem"
Montage: "Anthropologie"
Hoahio: "Peek-Ara-Boo"
John Tejada & Arian Leviste: "Fairfax Sake"

*Per pop intendo il termine nell'accezione più larga.

giovedì 17 novembre 2005





Ms. John Soda: "No P. Or D." (Morr Music, 2002)



I piccoli segreti della Morr Music non sono messi mai abbastanza in luce.

Microscopico gioiellino del genere cult in ambito indie, l'indie-tronica.

Infinitesimali contrappunti soffici, vocine alterate, rumorini dolci e ricamati, percussioni docili, sottofondi di zuccherosa dolcezza.

Gradevole immergersi in un mare di timbri che effigiano un cielo sorridente, nuvole bianchissime e spumeggianti, un vento leggermente movimentato, un fiume ai lati di un sentiero, mai domo.

8 perle di perfezione cristallina, impercettibili particelle d'un corpo disunito, invisibili anime con le alette, svolazzano con il loro sorriso sbarazzino.

Technicolor è un mare di bleeps elastici, vocina appena percettibile, pulviscoli screziano una bolla colorata che non si decide a scoppiare, se non alla fine. Processi digitali per organi pulsanti, battiti rilassati.

Misco è un scomporre continuo d'una chitarra alla fine dei suoi giorni, rimbrottare d'un rullante, loops vocali d'angelica perfezione, ricami d'un synth delicato. Cuoricini malati immersi in una nube di felicità.

Go Check mette insieme un piglio pop molto suadente a un marasma di percussioni vagamente tribali, polveri d'oro purissimo, parole, emozioni, pause, interventi sdoppiati e smembrati.

Solid Ground processa uno strumento ad arco, unisce suoni piccoli piccoli, un ritmo pacato, una voce deliziosamente bambinesca, svariati tocchi dal sapore armonioso.

Atmosfere leggermente più ombrose nella successiva By Twos, strati d'una tastiera martoriata, solito marasma di tuoni meccanici, sciabordio pacato d'uno xilofono, tono vocale pressato e miniaturizzato.

Unsleeping è ancora compiutezza allo stato puro. Approccio leggermente più movimentato, chitarrine wave, lampi d'un synth preciso e puntuale. Questa è l'indie-tronica. Prendere o lasciare.

Hiding Fading cerca d'esulare dallo standard, e si getta in un simil-glitch dalla riuscita sorprendente. Uno sfasciarsi continuo d'un ritmo già di per se recalcitante, sovente una chitarra lascia dei segni marcati, click di natura ferrea, ancora una parola che sa di pianto appena sgorgato.

Elusive conclude il disco con una capsula composta da delicati colori a pastello, piccole screziature, dettagliate curve di geometrica precisione, sfregi involontari.

Un piccolo capolavoro nel suo genere, insieme ad altri classici.

Sono convinto che, nella vostra camera, con il disco nelle orecchie, non possiate che amare queste note. Sono fatte apposta per rapirci senza precauzioni.




Mono +
World's End Girlfriend  live at Tagomago, Marina di Massa @ 15 Novembre



Un concerto immaginifico.

Inizia World's End Girlfriend ed e' un continuo sciabordare d'una chitarra sferzante, un tintinnio elettronico, pizzicante battere d'una percussione finta e imbastardita. Delay, decomposizioni, noise, picchi di volume, flussi sonori decomposti, tagliati, mozzati. Lo conoscevo da tempo ed e' stato come vedere tutta la mia vita in questi 15 minuti.

Saliti sul palco i Mono mi lascio trascinare dalla bellezza della bassista (deliziosamente vestita), i tratti dolci e raffinati del chitarrista (sembrava una donna da tanto era aggraziato), la simpatica espressione del batterista, la professionalita' che infondeva l'altro ragazzo alle corde.

Continuo intrecciarsi d'un mare di note aleatorie, attimi di pace pachidermica accostati a collidere d'un gruppo di massi contro le pareti del suono. Un marasma percussionistico accompagna un orgia di volume in cui ci si perde con piacevole facilita'. Un violino campionato s'inserisce nell'aria e lascia all'apparente silenzio uno schizzo di classicita'. Composizioni per una guerra spaziale, timbri adatti all'apocalisse, contrappunti glaciali che spezzano in due i nostri attimi di tranquillita'. Pulsante rintocco per un orologio puntuale e preciso, ambientazioni oniriche, momenti di puro pathos.

Mi ritrovo a chiudere gli occhi mentre scorrono via i minuti, non mi accorgo minimamente di cio' che mi avvolge e non faccio che farmi attraversare dalle emozioni, senza contrastare il procedere del concerto.

Comprati i loro dischi, amate i loro visi, andate ai loro concerti. Sono sicuro che cattureranno anche voi.
 



Una perfetta descrizione, toccante racconto, immaginifico procedere d'una storia dai tratti colorati e soffusi. Una figura molto importante nella cultura giapponese viene effigiata con precisione certosina.

I vestiti, i colori, i visi, i movimenti, le musiche. Amore allo stato puro. Cool Cool Cool

Kinji Fukasaku e' un genio e non c'e' niente da fare.

mercoledì 16 novembre 2005





Susumu Higa :"Kajimunugatai/ Storie portate dal vento" (d/books-Dynamics)




AMORE, PASSIONE, COLORI
 



Taniguchi Jiro; Furuyama Kan: "Il Libro Del Vento"



Se volete del bene ai vostri sensi e sopratutto ai vostri occhi comprate questa opera. La storia è un continuo sfasciarsi e ricomporsi, un flusso spezzato da instabilità che sovente danno una dolorosa sferzata alla nostra capacità d'intendere. I disegni sono la perfezione. Sembra di sentire le spade sibilare nell'aria, schizzi d'un sangue mitico volare nello spazio, sofferenza di visi sudati e arcani. Lo rileggo ancora e ancora, senza freno.
 



Takako Minekawa: "Fun 9"




Zuccheroso scintillare d'una macchina dal sapore di sake'.

Pizzicante rimestare d'una piccola zanzara, nel cielo di una Tokyo nerissima.

Praline di rotondita' saporita, gusto dolcissimo d'un gruppo di dolcetti composti da pop, elettronica soffice, voce stilizzata, fantasia.

Una piacevole immersione in un mondo fatto di bleeps, disturbante polvere per un pianeta mai completamente saturo di suoni.

Gently Waves e' il lasciato d'una piccola anima sperduta, soccorsa da piccolissimi contrappunti, microscopici timbri di bellezza cristallina.

Plash e' il testamento d'un samurai umiliato dalla sconfitta, ultima parola prima dell'uccisione inflitta dall'inflessibile avversario. Takako con la sua dolcezza certosina decanta piccole parole per piccoli esseri.

Flow In A Tide e' quanto il produttore e compositore Keigo Oyamada abbia mai fatto nella sua carriera. Turbinanti flussi d'un piccolo uomo processato, cincaglierie delle piu' disparate, una tastierina Casio inietta dosi di rilassante morbosita'.

Attraversando il percorso dissestato di Tiger, disperando davanti alla toccante diatriba di suoni in Shh Song.

Spin Spider Spin e' una canzoncina per una giornata nel centro di Osaka, seduti in un prato deserto, con il sole abbagliante a sferzare la vista, fissata su una statua mastodontica. Destrutturazioni pop per teneri cuoricini infreddoliti. Flash e' un esplorazione continua. Chilometri di sofferenza terrena, spazi immensi d'attraversare, lande desolate da scoprire. Disturbi timbrici adatti a complessi intrecci amorosi.

La title-track e' un pezzo chitarra-voce in cui anime tormentate lasciano cadere lacrime di rarefatta consistenza, svolazzando senza pace in una stanza infinita.

Conclude Fancy Work Funk in cui Takako si fa beffa di noi con le sue liriche sbarazzine e non-sense.

Canzoni costruite con gli occhi chiusi e una mano sul cuore.

Parole regalate a un silenzio timido, sornione, fastidioso.

Trame sonore adatte a chiunque voglia provare degli attimi di lucente compiutezza.

lunedì 14 novembre 2005

DERU



 



Lande sonore scorticanti.

Atmosfere claustrofobiche.

Paesaggi d'asfissiante consistenza.

Musica per mondi senza abitanti. Il silenzio ascolta e niente altro.

Due gli album dati alle stampe da questo follettino dal nome Benjamin Wynn.

Due opere dai tratti immaginifici, essenziali, detorianti.







Pushing Air (Neo Ouija, 2003)



Centrifugare influenze tra le piu' disparate architettando una miscela cristallina, onirica, lucente.

Una sequenza inarrestabile di pastiglie dal sapore amaro, disturbante, fastidioso.

Immergersi in un mare dalla acque contaminate e velenose, veleggiare un cielo scuro, nuvoloso, tossico.

Up è un intro martellante e ci disorienta con quel piglio ambient e un malcelato amore per la musica disturbata. Glitch, in definitiva.

Din è la sua logica conseguenza con un groove claudicante, piccoli contrappunti d'una tastiera scordata, una drum-machine marziana detta un tempo apparentemente regolare. Danzare d'un gruppo di meteoriti, al limite dello scontro frontale.

Recommended è un collage di suoni trovati un po' ovunque e non dispiace.

Echoes of Me è l'amore per il Brian Eno più ambientoso e i Tangerine Dream cosmici. A questa premesse aggiungete un gusto prettamente discordante e immaginate facilmente il risultato. 5 minuti di (e)stasi.

Piccolo giochetto per strumenti acustici, lontani rintocchi d'un synth nostalgico, vari rumori rimbombanti nella successiva Playground.

Soulik sorprende ancora. Andamento zoppicante, stop-and-go, infinitesimali tocchi d'una macchina mal programmata, fragili steli d'una pianta parlante, nella stagione di maggior siccità.

Collage pubblicitario in (guarda caso) Spot.

Frustrazione sonora ed frenetica composizione in You Haunt Me.

Destrutturazioni d'una voce, maltrattamenti d'una persona che vorrebbe parlare ma non puo'. Un essere volitivo senza possibilità d'esprimersi. Questo e' Confused.

Timebox è un minuto in cui confluiscono cori chiesastici, drones, folate d'un synth lacerante, saturazione d'uno spazio già di per se esiguo. Safemode continua dove finiva la precedente e non fa che dilatare ulteriormente le maglie della lunga composizione, microscopici contrappunti sono messi li apposta per lasciarci allibiti. Una percussione finta, precisa, puntuale, lascia al silenzio un ritmo metallico e ferroso.

Ancora 30 secondi di divertissment in Marinate.

Ricalchiamo i tratti dei precedenti pezzi in Protecto con la differenza che questo pezzo è ulteriormente slabbrato ed ancor più rarefatto, quasi a voler astrarre e decomporre ulteriormente.

Il capolavoro del disco sta proprio in chiusura.

Flux Of Humor non lascia alcun limite di catalogazione. Mettiamo nel calderone una buona dose di noise, un po' di errori che non fanno mai male, 1/4 di ambient e una parte di minimal-techho. Shakerare energicamente e si ottiene questo schifosissimo cocktail invernale. Assaporarlo, al contrario dalle impressioni, è piacevole come non mai.

Si passa al seguito e come al solito siamo di fronte a un evoluzione, piccoli cambiamenti ad un suono già di per se perfetto e riconoscibile.







Trying To Remember (Merck, 2004)



Pubblicato da quell'etichetta madornale che è la Merck, questo album è un mistero. Mistero risolvibile da orecchie sensibili a certi tipi d'ambientazioni.

L'approccio è molto più minimale e se i glitch pizzicanti nel primo la facevano da padrone qua il discorso è cambiato. Non che non ci siano i vari click&cuts, solo che non sono la colonna portante.

Dilungate composizioni che sanno di musica cosmica fin dalla superficie. Le profondità vengono screziate sovente da alcune intromissioni digitali, il groove è praticamente assente. Non c'è ritmo. Staticità per pomeriggi piovosi ed immobili.

Orizzonti oscurati da una tempesta imminente, pericolosa, contaminante.

I Don't Know You è, come accennato, un simil-ambient disturbato da frequenti interventi noise, con drones in sottofondo che hanno scritto in fronte :"Sono cosmico".

Next Door è una corda sfilacciata, spezzata e ricomposta dalla parte sbagliata, con il materiale sbagliato, senza un raziocinio.

Torna un po' di ritmo ma non c'è un ben che minimo segno di regolarità. La stessa drum-machine viene scomposta con il risultato d'un procedere claudicante, irregolare, difficoltoso. Una IDM sfigurata dai colpi d'una pistola cosmica, con proiettili interstellari. Stavo parlando di Next Door.

Spread Your Arms è ancora un piacevole sprofondare in un morboso mondo dai particolari immaginifici, popolato da esseri distesi e onirici. Cosmicità per piccoli animaletti, con le orecchie finissime e attente.

Bozzettino d'ingenua bellezza nei 30 secondi di The Reasons.

Logica prosecuzione è la successiva Words You Said. Ancora un opprimente contorno impreziosisce questi minuti d'etereo viaggiare tra gli angoli di questa terra mistica e sconosciuta.

Tapath è ritmo ammorbato allo stato puro. Un continuo rimbombare d'una drum-machine, vociare scomposto del synth onnipresente, errorini che picchiettano con piacevole insistenza, un sottofondo dolcissimo completa un pezzo squisitamente perfetto.

The Day Before Yesterday riprende il discorso lasciato in sospeso e lo arricchisce ulteriormente con millimetrici particolari, mai tanto importanti.

Loki è minimal-techno della miglior scuola, come se ne sente raramente. Un beat sincopato lascia spazio a soventi interventi d'una voce tremolante, silenzioso lamento d'un alieno moribondo.

Lasciando i nostri sensi al rumoroso starnazzare d'una centrifuga omogenea e coesa in Noru, prendendo il largo nell'oceano dei sensi nella conclusiva Only The Cirlce.

Distesa di terre irragiungibili con i sensi allo stato normale.

Soltanto un piccolo sforzo potrà trasportare la mente in uno stadio in cui si possa comprendere tale bellezza.

venerdì 11 novembre 2005

Ascolti della settimana, come al solito divisi in due sezioni:



Jappo-Week:



AA.VV.: "Japanese Underground Compilation" (8)

Adolescent Sex: s-t (6,5)

Advantage Lucy: "Station" (7)

Aiko Shimada: "Sakura No Ki No Shita" (7)

Aiko Shimada: "Yume No Naka No Massuguna Michi" (6,5)

Aki Onda: "Bon Voyage! (Cassette Memories Vol. 2)" (7)

Aki Onda: "Precious Moments" (8)

Aki Onda: "Don't Say Anything" (7)

Takako Minekawa: "Roomic Cube" (7)

Synapse: "Raw" (7,5)

Keiichiro Shibuya: "atak000" (7)

Maaya Sakamoto: "Hotchpotch - Singles Collection" (7,5)

Haruomi Hosono: "Murasaki Shikibu - The Tale Of Genji" (7)

Mai Kuraki: "If I Believe" (7)

Miyuki Nakajima: "Watashi No Koe Ga Kikoemasuka" (7)

Kasumata Hashimoto: "Epitaph" (8)

Kasumasa Hashimoto: "Yupi" (7)

Nagayama Youko: "Yoko Nagayama" (6,5)

Mika Nakashima: "Yuki No Hana" (7)

Namie Amuro: "181920" (7)



Il resto:



Yunx: "SO*_WHATtypeofMUSICDOYOUMAKE*" (8)

Proem: "
Burn Plate No.1" (7)

Proem: "
Socially Inept" (8)

Ovuca: "Lactavent" (7)

Ovuca: "King Stacey" (8)

Ovuca: "Onclements" (7)

Tim Koch: "
Please Don't Tell Me That's Your Volvo" (7)

Tim Koch: "Where Have You Been? What Have You Done? And Why?" (7)





Buona settimana a tutti.

Dopo 4 ore di lezione mi rifugio nella sala pc piu' sperduta e inserisco questo:



 



Akiko Yano & Mia Sakamoto: "Kumanbach ga tonde kita"



Candidi affreschi per pareti d'un castello situato nel paradiso.




Utada Hikaru: "Exodus" (Island, 2005)





L’eronia del j-pop della miglior fattura, dopo anni vissuti negli angoli del giappone più oscuro che mai, sbarca alla ribalta mondiale con un album dalle fattezze perfette.


Fin dagli anni dall’adolescenza -lei è figlia d’arte- rimane completamente attratta dal mondo della musica ed inizia a fare i primi passi all’inizio dei ’90.


Con il primo disco, First Love, spazza via ogni record di vendite eguagliando le copie vendute dalla scialba e patinata Britney Spears, con la sola differenza che quest’ultima aveva a disposizione un mercato il doppio più grande. Coniugare intelligenza artistica con un certa appetibilità della proposta, che non guasta mai.


Nonostante i successi del suo album d’esordio e dei successivi non appare mai nei luogi che contano dal punto di vista del hype. Oscurità di un’artista sapiente.


Questo disco è un tripudio di atmosfere ossessionanti, anime orientali, sapori malinconici, spumosi sentori di colorata felicità.


Una sequela irresistibile di pezzi dal sapore pop con tendenze house, electro e trip-hop.


Non risulta mai scontata ne sfacciatamente venduta al music business, il gusto alla composizione rimane, senza discussione. Lei scrive tutti i testi e collabora alla produzione della parti strumentali.


Quadretti dalla bellezza sbarazzina e dall’ingenua perfezione.


Devil Inside è un martellante battere di una drum-machine in amplesso fisico, la sua voce sovrasta tutto, con la solita fermezza che la contraddistingue. Marasma vocale durante il ritornello di trascinante avvolgenza.


La title-track miscela della basi vagamente trip-hop, archi orientali, un piano dalla resa struggente e melanconica, fraseggi vocali d’ intensa qualità.


The Workout sbatte in aria un pezzo trascinante quanto una folata di vento della più potente. Deraglianti tratteggi di una percussione finta, attimi di pausa, schizzi di velocità, mai un attimo di tregua sonora. Spumosi synth disegnano bollicine nell’aria.


Easy Breezy è electro-pop dal ritmo sbarazzino e appicoso quanto la colla a pronta presa. Loop di chitarra, spumosità digitali, ritornello contagioso, base ritmica semplice e perfettamente complementare al resto.


Tippy Toe è oscura e tribale. Un mutant-r&b dalle sembianze aliene. Percussioni tra le più disparate, andamento claudicante e irregolare. Convulsioni, bleeps, urli di una voce malata.


Una sorta di trip-hop ammorbato da anime break-beat è la successiva Hotel Lobby. Sinuosi ricami di percussioni animalesche, puntigliose note di tastiere martoriate, ondeggianti disegni di una voce che decanta parole sofferte.


Animato è un morboso sprofondare in un inferno fatto di diavoli timbrici, spiriti luciferini, suoni cavernosi. Un piccolo drone dal gusto spumoso compone un sottofondo ammaliante, cori d’angelica natura arrichiscono, rullante a mo’ di marcetta incanta, la voce di Utada, come sempre, sorprende.


Minutino dolce ed appartato nell’intramezzo di Crossover Interlude.


Kremin Dusk è una toccante pop-song, tra le più pure e sincere mai ascoltate negli ultimi anni.


Scabrosi battiti di profonda intimità, contrappunti di una tastiera vintage, loop di natura estranea, incalzante rullare di una batteria, vocalizzi di soave purezza. Marasma strumentale nel finale.


Irresistibile sovrapposizione di sentori orientali e stomp nell’intro di You Make Me Want To Be a Man. Un altalenante intercalarsi di catarsi e ansie orrorifiche. Sembra di sentire Ayumi Hamasaki sposata con Laurent Garnier immersi in una melassa amarissima.


Lasciarsi andare nel soul digitalizzato nella successiva Wonder’bout. Il pezzo scorre via veloce ma non lascia tracce, forse la sola caduta di stile.


La penultima Let Give You My Love è l'ulteriore conferma della qualità in gioco. Si ricalca le anime electro-pop differenziando nei piccoli particolari, quelli che contano.


Conclusione lasciata dall’emozionante chitarra-voce e base r&b di About Me. Attimi di classicità interscambiati a scampoli di pressante vivacità.


Dando i tratti finali al disco si tiene a sottolineare come sia possibile lasciare alle stampe album di questo genere, dove una proposta mainstream possa offrire un’opera tanto piacevole e non scontata. Utada, continua così.


 


(7)

domenica 6 novembre 2005

NITRADA



 



Christophe Stoll è un genietto a modo suo.

Sapiente manipolazioni digitali per ometti fantasiosi.

Polverose rimanenze d'uno scontro di pianeti.

Errori d'un esserino timido ed appartato.

Astrazioni digitali per pianeti lontanissimi e ricoperti da una nuvola tossica.

Pubblica le sue opere per la 2nd Records e sorprende già al suo esordio.



 



"-0+" (2ndRec, 2002)



Sciabordare terroso d'un meteorite in rotta verso la terra.

Rumoreggiare fastidioso d'una macchina in via di terminazione.

Triste vociare d'un gruppo di strumenti martoriati e fustigati.

Theme 1 è un piccolo bozzetto in cui percorrono anime sonore tormentate da un demone che le rincorre.

Just Close Your Eyes è sapienza indie-tronica come raramente si sente. Archi processati, batteria elettronica piccola-piccola e deliziosamente a bassa fedeltà (in queste trame pare sentire un Casiotone for the Painfully Alone più oscuro), loop ripetitivi, centrifuga destabilizzante per attimi allucinogeni.

Theme 2 è la logica continuazione del suo antecedente, quasi un anima sonora mozzata che riprende vita, per l'effetto di un qualche effetto rigenerante.

Le Chien Qui Mange La Rue è fantastica. Una IDM sfacciatamente indie, maree di glitch, vortici interstellari, distruzioni sonore.

Continua la saga Theme col terzo capitolo. Ancora quei due minuti scarsi d'ossessione sonora ed è pace interiore.

Sky Was Blue è un collage di cristallina perfezione. Sovrapposizioni di strati di delay, partiture pianistiche, sfrigolio minimal, sferragliamento industriale.

Theme 4 è un esempio di come si campiona un po' di rumori concreti in maniera fantastiosa.

Love me è una circonferenza piena di scabrosità e rilevanze spinose, puntigliose, dolorose, pericolose. Piccola particellina dagli spigoli vivi.

A margine un remix di Love me dalla fattezze ombrose e più danzanti. Un'ammorbante atmosfera claustrofobica compone un pezzo per una discoteca dalla pareti nere come il petrolio.

Proseguiamo con il suo lavoro successivo, doppiamente sorprendente.



 



"We Don't Know Why But We Do It" (2nd Rec, 2004)



Sfrigolare instabile di un processore impazzito.

Starnazzare scomposto d'un automa innamorato, col cuore pulsante.

Faticoso avanzare d'un essere ferito, in fin di vita, ucciso da stilettate aliene.

Disco pieno di arrangiamenti dei più disparati, non c'è limite all'ispirazione. Archi, chitarra, escrudescenze acustiche. Oltretutto, in questa prova il nostro aggiunge delle parti vocali con l'aiuto di Francesco Cantone, Kaye Brewster e Nina Sophie Schwabe.

The Only Solution è un glitch-pop sotterraneo e dalla parvenze oscure. Uno strumento ad arco elargisce lacrime da ogni singola nota, una voce cavernosa decanta parole di malcelato pessimismo, ciclici rumori, in sottofondo, completano uno spaccato di toccante bellezza.

Everything Is Not Alright lascia il segno con il suo andamento prettamente indie-tronico. Non c'è un contrappunto fuori posto e sembra già avere la classe di un veterano. Un piano solitario effigia immagini scolorite, piccole sporcizie sonore tratteggiano particolari difficili da far tornare a galla, una saltellante drum-machine sputa fuori i colori più forti.

title-track composta da loop svolazzanti, errorini digitali, drones, tastier(in)e lo-fi, ondaggiante muoversi d'un corpo instabile.

Fading Away è ancora capolavoro di destrutturazione pop. Una chitarra sognante, elettronica soffice, pacata, riposante. Una voce femminile (Kaye Brewster) fragile, docile, emozionale, ricama paesaggi d'immaginifica bellezza.

Chitarra processata, spolpata, spezzata, depredata, sviscerata. Una folla in sottofondo urla e schiamazza. S'introduce una piccola percussione per cercar di dettare un ritmo quantomeno stabile. Fallisce miseramente. Turbine di click, cuts, glitch. Cucire, tagliare, incollare. Strati di rumore sferragliante passano da parte a parte della nostra e mente e rimaniamo fermi, immobili. Tutto cio è il capolavoro del disco a nome No.4.

Con Old Love, New Idea siamo agli stessi livelli del suo predecessore. Un inizio quasi cameristico: archi sognanti, anime distese, prolungate, oniriche.

Al minuto due è MARASMA. Completa distruzione sonora d'un vortice fatto delle più disparate amenità. Piccolissime particelle sbattono al muro le nostre orecchie e non c'è un microsecondo di respiro, fino alla fine la tensione sarà a livelli vertiginosi. Monumentale.

Attraverso il quadrettino, che sa di jazz mistico, di I Fear: Good, percorrendo i vicoli bui d'una epilettica Like a Souvenir.

Conclude il disco la classicità indie-tronica di Start Today e non c'è aria di standardizzazione, anzi, c'è sempre qualcosa di nuovo. I nostri sensi vengono sempre stimolati. Ancora Francesco Cantone, con la sua voce puntigliosa, completa un'opera a tratti sorprendente.

Da segnalare l'intervento in fase di mixaggio/produzione di Jukka Reverberi, membro dei Giardini di Mirò.

Siamo all'EP recentissimo dove dei genietti del remix trattano i pezzi del Nostro. Signori che all'anagrafe fanno: Apparat, Lawrence, Telefon Tel Aviv e Turner.



 



"Four Remixes" (2nd Rec, 2005)



Apparat trasforma la minimale Fading Away in battiti minimal-techno molto cool, Lawter imbastardisce Everything Is Not Alright con ulteriori intromissioni digitali ed un piglio più scabroso. I Telefon Tel Aviv trasformano Fading Away con il loro approccio giocoso che li contraddistingue. Questi ragazzi ormai hanno un suono con il loro marchio. Infine, Turner, vira techno No.4 con stomp e sciabordate.

L'indie-tronica alle sue massime espressioni. Canzoni volatili ed aleatorie.

Fragorose e scorbutiche. Piccole e preziose.
Le mie dieci canzoni:


Laurent Garnier: "The Sound Of The Big Babou"


Il suo live, i miei movimenti, quegli attimi in un vortice di luci e emozioni. Il commento sul pezzo:
Non c’è scampo davanti a questi 8 minuti. Un continuo rimbalzare di stomp techno, delirio house, synth freddissimi e laceranti, stop-and-go. Non c’è tregua. Minuti fatti di movimento, passione, sudore, amore, schizzofrenia. Una cassa precisa e puntuale detta un ritmo martellante, assillante, insistente, intenso, incalzante. Putiferio di macchine al servizio di una rivoluzione spaziale. Disturbante rumore di sottofondo compone attimi di lucida pazzia. Una pausa, intorno alla metà del pezzo, lascia presagire un finale pacato. Improvviso il groove ritorna con una potenza imminente. Finale da olimpo techno. Impressionante.

Radiohead:" Life In A Glass House"

Una stanza. I suoi angoli bui. Il mio amore accanto. Distesi sul letto. Thom gorgheggia e io mi sento bene. Lei accanto a me. Non dimenticherò mai.

Sigur Ros: "8 Untitled"

Il concerto a Prato. Una catarsi sonora. Chiudere gli occhi e rimanere in completa estasi. Mi sentivo in un altro mondo. Grazie, miei folletti nordici.

Okkervil River: "For Real"

Sferragliante ballatta uccisa da una chitarra puntuale e chirurgica. Ricordi recenti e malati, risanati e rimarginati. Un amore svanito quasi per gioco. Grazie anche a te.

Akiko Yano: "Niji Ga Deta Nara"

Il mio amore per il Giappone. Quelle frasi tanto incomprensibili quanto amabili. Il sogno di poter visitare quelle terre tanto lontane quanto desiderate. La sua voce, il suo piano. I miei occhi chiusi. Niente altro mi serve per essere felice.

Tujiko Noriko: "Rocket Hanabi"

Una delle mie artiste preferite non poteva non essere qua dentro, tra l'olimpo dei miei ascolti. Quel suo piglio malinconico, quelle frasi sofferenti, l'atmosfera lacrimosa, la sua voce deliziosa. Mi distendo in minuti di soffice tranquillità e la mia mente viene traslata sui colli colorati d'un Giappone antico e onirico. Dokan, Batan, Pikon, Pokon.

Lali Puna :"Scary World Theory"

Ogni volta che l'ascolto mi viene da piangere. Non sto scherzando. Talmente il suo andamento e le parole progrediscono con un approccio tanto toccante. Il cuore si attanaglia e mi sento debole, indifeso.

The Postal Service: "Such Great Heights"

Arriva per caso e piomba nella mia vita senza avvertirmi. Questa canzone rappresenta il nostro inizio e la genesi. Ogni volta che sento il pulsare di quel synth giocoso, il trottorellare della drum-machine, il cuore si gonfia e un sorriso quasi paranoico si disegna sulla mia faccia. Grazie piccola, mi stai colorando la vita di momenti immaginifici. Non dimenticherò, mai.

Kraftwerk: "Radioactivity"

Il concerto di quest'anno. Io ero seduto e non riuscivo a muovermi. Vedere per la prima volta questi mostri sacri è come vivere un'esistenza a se'. Ero indifeso e vulnerabile davanti a tanta magnificenza. Soltanto le mie orecchie riuscivano a percepire qualcosa riuscendo a trasferire l'estasi a tutto il corpo. Grazie anche a voi, macchine viventi.

mùm: "Don't Be Afraid,You Have Just Got Your Eyes Closed"

Attimi di pathos. Kristin a due metri da me. Le sue scarpine di lana, il suo vestitino infantile, la vocina bambinesca. I piccoli rumorini elettronici, il violino, la tromba. Un drumming roboante e minimale al contempo mi droga piacevolmente. Sono attimi importanti, da ricordare. Quando guardo le foto sorrido e mi sento in paradiso.

sabato 5 novembre 2005

 



Maaya Sakamoto: "Nikopachi"



In una giornata uggiosa non c'è altro che la sua voce sbarazzina.

Piccole frasi frizzanti, timbri solari, pause, ritmo.

Girotondo d'un gruppo di bimbi felici sotto l'ombra di un grande albero in fiore, col vento a screziare un silenzio apparente. Piccoli sorrisi e una strabordante felicitià.

Il sorriso di Maaya imprime serenità, amore, gioia.







La sua musica intrisa di letizia, spensieretezza, allegria ricostituisce animi affranti.

La scompigliata apertura di Yoake no Octave lascia un espressione di contentezza sul viso. Un refrain malandrino scappa e non si riesce ad acchiapparlo. Una vocina saltellante ricama fraseggi d'una perfezione forgiata col fuoco. Il cuore si riempe d'emozioni e ci sentiamo meglio. Soltanto due minuti e siamo già di fronte a un gioiellino.

Hemisphere è una toccante calvacata di contrappunti ossessionanti, un cantanto ansioso, archi maestosi, pause lancinanti, intrusioni di un moog, attimi di puro pathos. Colonna sonora per un volo ad altissima velocità al centro di una guerra tra esseri dotati d'ali trasparenti. Emozionale.

Danielle è una disegnino d'ingenua bellezza composto da una voce emozionale, xilofoni sognanti e un ritornello spumoso, pregno di senso.

Una soave ragazza seduta su masso, ai lati di un fiume rigoglioso, una chitarra, la sua voce. Il sole, i fiori, una farfalla vola. La musica scorre. Il silenzio naturale viene squarciato da un piacevole motivetto.

Bike è un pop trasfigurato da anime malinconiche, tormentate da un passato stressante, lacerante, deteriorante. Un alternarsi di atmosfere contrastanti, sovrapporsi immaginifico di stati d'animo, candidi contrappunti d'una chitarra eterea, soffici cuscini sonori di riposante morbidità. Musica su cui adagiare cuori squarciati e lasciar rimarginare ferite all'apparenza inguaribili.

Sentori d'un Giappone spaziale nella successiva Shippo no Uta.

Percussioni, xilofini, fiati, cori, voci, amore, pulviscoli elettronici.

Siamo di fronte a una cascata in piena, luccicanti piante coloratissime, uno spiazzo, suoni in lontananza. Festosità, benessere, piacevole sprofondare in un mondo d'onorica essenza.

Yubiwa -23 carat è una ballata soffusa ed appartata per una giornata dal deprimente afflato scuro. Maaya, con il suo cantato possente, propone una canzone sincera ed emotiva.

Ongaku è una perla di fragorosa bellezza, dalla fattezze minimali.

Un introduzione sognate lascia il posto a una parte centrale composta da spasmi d'archi, percussioni finte, polveri digitali, loop vocali. Un marasma piacevole, di zuccherosa dolcezza. Lasciar il cuore nelle mani di queste note senza opporre resistenza.

Sorprende il piglio maestoso di Midori no Hane, impreziosisce i nostri scampoli di silenzio d'un sapore sdolcinato la successiva ShimaShima.

Kimidori è classicità pop e non dispiace con le sue intrusioni digitali e un azzeccatto giro di chitarra scanzonata. Sedersi in gruppo, in un prato in fiore, ascoltare il vento frusciare tra le foglie, chiudere gli occhi e godere di questi attimi.

Tune the Rainbow è un sognante immergersi in un'esistenza fatta di rumorini, fraseggi di archi malati, percussioni minimali. Maaya con un alternarsi di torni soffusi e possenti prendo il largo in un mare agitato e screziato da onde altissime.

In Toto torna l'inglese e le atmosfere si placano con gorgheggi d'uno strumento a fiato scordato, una tastiera vintage, piccoli particolari e tanta passione. Umile.

Here è un capatina nel folk-pop cantautoriale e il risultato è molto convincente. Anime d'una tradizione malcelata tornano a prendere coraggio, riesumano tempi ormai dimenticati, dipingono un presente perfetto.

Quadretto di bambinesca ingenuità in Vector, piccolissima frustrazione sonora d'altenante umoralità in The Garden of Everything.

Conclude la straziante composizione per battiti umani d'un cuore innamorato in Gravity (alla composizione abbiamo il Maestro Yoko Kanno).

Osservate ancora una volta il sorrisino di Maaya e lasciate andare i vostri sensi a questa raccolta di quadrettini d'infantile armonia.

Maaya è impaziente di rendervi esserini vivaci, briosi, ridenti.
Japan-Mania

Ai Otsuka: "Lovejam" (7)
Akiko Yano: "Piano Nightly (Japan Pressing)" (8)
Takako Minekawa: "Roomic Cube" (7)
Takako Minekawa: "Fun 9" (7)
Sawako: "NiN" (8)
Sawako: "Your Gray" (7)
Puffy AmiAyumi: "An Illustrated Story" (8)
Hitomi Yaida: "Candlize" (7)
Hitomi Yaida: "i-flancy (8)
Hitomi Yaida: "Air/Cook/Sky" (7)
Piana: "Snowbird" (7)
Nami Tamaki: "Make Progress" (7)
Ken Ishii: TUTTO ( Cool )
Kahimi Karie: "k.k.k.k.k" (8)
Kahimi Karie: "Live!" (7)
Kahimi Karie:" Montage" (6)
Fourcolor aka Keiichiro Sugimoto: "Air Curtain" (7)
Fourcolor aka Keiichiro Sugimoto: "Water Mirror" (7)
Akiko Yano & Miu Sakamoto: "Kumanbach ga tonde kita" ( /10 )
Aki Tsuyuko: "Tsuki to Nagai Yoru" ( Cool/10 )
Aki Tsuyuko: "Ongakushitsu" (7)
Haco: "Happiness Proof" (8)
Namie Amuro: "GIRL TALK / the SPEED STAR" (7)
Namie Amuro: "181920 & films [CD+DVD]" ( ohmy )
Namie Amuro: "Alarms" (7)
Hikaru Utada: "Dareka no Negai ga Kanau Koro" (7)
Aoki Takamasa + Tujiko Noriko: "28" (8)

Il resto:

Jandek, Richard Youngs, Alexander Neilson: "Live an Instal, 2004" (8)
Islaja: "Meritie" (8)
Certain General: "November's Heat" (7)
Alejandra & Aeron: "Lost Cat" (8)
Alejandra & Aeron: "Bousha Blue Blazes" (7)
Alejandra and Underwood: "Notebook on Cities and Clothes" (7)
Wunder: s/t (7)
Who: "Who's Next" (10)
John Coltrane: "A Love Supreme" (10)

Concerto Animal Collective

Spirit They're Gone Spirit They've Vanished/Danse Manatee (7, 7,5)
Prospect Hummer (7)
Here Comes the Indian (7)
Sung Tongs (7,5)
Feels (7)