domenica 6 novembre 2005

NITRADA



 



Christophe Stoll è un genietto a modo suo.

Sapiente manipolazioni digitali per ometti fantasiosi.

Polverose rimanenze d'uno scontro di pianeti.

Errori d'un esserino timido ed appartato.

Astrazioni digitali per pianeti lontanissimi e ricoperti da una nuvola tossica.

Pubblica le sue opere per la 2nd Records e sorprende già al suo esordio.



 



"-0+" (2ndRec, 2002)



Sciabordare terroso d'un meteorite in rotta verso la terra.

Rumoreggiare fastidioso d'una macchina in via di terminazione.

Triste vociare d'un gruppo di strumenti martoriati e fustigati.

Theme 1 è un piccolo bozzetto in cui percorrono anime sonore tormentate da un demone che le rincorre.

Just Close Your Eyes è sapienza indie-tronica come raramente si sente. Archi processati, batteria elettronica piccola-piccola e deliziosamente a bassa fedeltà (in queste trame pare sentire un Casiotone for the Painfully Alone più oscuro), loop ripetitivi, centrifuga destabilizzante per attimi allucinogeni.

Theme 2 è la logica continuazione del suo antecedente, quasi un anima sonora mozzata che riprende vita, per l'effetto di un qualche effetto rigenerante.

Le Chien Qui Mange La Rue è fantastica. Una IDM sfacciatamente indie, maree di glitch, vortici interstellari, distruzioni sonore.

Continua la saga Theme col terzo capitolo. Ancora quei due minuti scarsi d'ossessione sonora ed è pace interiore.

Sky Was Blue è un collage di cristallina perfezione. Sovrapposizioni di strati di delay, partiture pianistiche, sfrigolio minimal, sferragliamento industriale.

Theme 4 è un esempio di come si campiona un po' di rumori concreti in maniera fantastiosa.

Love me è una circonferenza piena di scabrosità e rilevanze spinose, puntigliose, dolorose, pericolose. Piccola particellina dagli spigoli vivi.

A margine un remix di Love me dalla fattezze ombrose e più danzanti. Un'ammorbante atmosfera claustrofobica compone un pezzo per una discoteca dalla pareti nere come il petrolio.

Proseguiamo con il suo lavoro successivo, doppiamente sorprendente.



 



"We Don't Know Why But We Do It" (2nd Rec, 2004)



Sfrigolare instabile di un processore impazzito.

Starnazzare scomposto d'un automa innamorato, col cuore pulsante.

Faticoso avanzare d'un essere ferito, in fin di vita, ucciso da stilettate aliene.

Disco pieno di arrangiamenti dei più disparati, non c'è limite all'ispirazione. Archi, chitarra, escrudescenze acustiche. Oltretutto, in questa prova il nostro aggiunge delle parti vocali con l'aiuto di Francesco Cantone, Kaye Brewster e Nina Sophie Schwabe.

The Only Solution è un glitch-pop sotterraneo e dalla parvenze oscure. Uno strumento ad arco elargisce lacrime da ogni singola nota, una voce cavernosa decanta parole di malcelato pessimismo, ciclici rumori, in sottofondo, completano uno spaccato di toccante bellezza.

Everything Is Not Alright lascia il segno con il suo andamento prettamente indie-tronico. Non c'è un contrappunto fuori posto e sembra già avere la classe di un veterano. Un piano solitario effigia immagini scolorite, piccole sporcizie sonore tratteggiano particolari difficili da far tornare a galla, una saltellante drum-machine sputa fuori i colori più forti.

title-track composta da loop svolazzanti, errorini digitali, drones, tastier(in)e lo-fi, ondaggiante muoversi d'un corpo instabile.

Fading Away è ancora capolavoro di destrutturazione pop. Una chitarra sognante, elettronica soffice, pacata, riposante. Una voce femminile (Kaye Brewster) fragile, docile, emozionale, ricama paesaggi d'immaginifica bellezza.

Chitarra processata, spolpata, spezzata, depredata, sviscerata. Una folla in sottofondo urla e schiamazza. S'introduce una piccola percussione per cercar di dettare un ritmo quantomeno stabile. Fallisce miseramente. Turbine di click, cuts, glitch. Cucire, tagliare, incollare. Strati di rumore sferragliante passano da parte a parte della nostra e mente e rimaniamo fermi, immobili. Tutto cio è il capolavoro del disco a nome No.4.

Con Old Love, New Idea siamo agli stessi livelli del suo predecessore. Un inizio quasi cameristico: archi sognanti, anime distese, prolungate, oniriche.

Al minuto due è MARASMA. Completa distruzione sonora d'un vortice fatto delle più disparate amenità. Piccolissime particelle sbattono al muro le nostre orecchie e non c'è un microsecondo di respiro, fino alla fine la tensione sarà a livelli vertiginosi. Monumentale.

Attraverso il quadrettino, che sa di jazz mistico, di I Fear: Good, percorrendo i vicoli bui d'una epilettica Like a Souvenir.

Conclude il disco la classicità indie-tronica di Start Today e non c'è aria di standardizzazione, anzi, c'è sempre qualcosa di nuovo. I nostri sensi vengono sempre stimolati. Ancora Francesco Cantone, con la sua voce puntigliosa, completa un'opera a tratti sorprendente.

Da segnalare l'intervento in fase di mixaggio/produzione di Jukka Reverberi, membro dei Giardini di Mirò.

Siamo all'EP recentissimo dove dei genietti del remix trattano i pezzi del Nostro. Signori che all'anagrafe fanno: Apparat, Lawrence, Telefon Tel Aviv e Turner.



 



"Four Remixes" (2nd Rec, 2005)



Apparat trasforma la minimale Fading Away in battiti minimal-techno molto cool, Lawter imbastardisce Everything Is Not Alright con ulteriori intromissioni digitali ed un piglio più scabroso. I Telefon Tel Aviv trasformano Fading Away con il loro approccio giocoso che li contraddistingue. Questi ragazzi ormai hanno un suono con il loro marchio. Infine, Turner, vira techno No.4 con stomp e sciabordate.

L'indie-tronica alle sue massime espressioni. Canzoni volatili ed aleatorie.

Fragorose e scorbutiche. Piccole e preziose.

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