giovedì 28 dicembre 2006

Antenne: "#1" (Korm Plastics, 2000)















i primi suoni di "Here To Go", la traccia iniziale, sono l'ingresso ad un mondo a sè stante.

i componenti di questo duo danese sono Kim G. Hansen e Marie-Louise Munch.

il primo, già 42enne, ha militato nel duo industrial Institute For The Criminally Insane, per poi migrare (come chitarrista) nella band noise Grind, tramutatisi in Amstrong.

L'incontro con Marie, e la scoperta del computer come "strumento" di composizione, hanno stravolto il modo di concepire la musica per Kim. Una voce femminile così fatata non poteva che meritare un contorno musicale delicato, oscuro, crepuscolare, tutto ciò che non presagiva il suo background dai lineamenti estremi.

e perciò, nel 2000, esce #1.

Nove tracce colorate da un grigiore autunnale, disturbate solo minimamente da una componente elettronica offuscata, dove gli strumenti classici si intrecciano per creare un'atmosfere complessiva fuori dal comune.

Here To Go parte sommessa, con un rullante contorniato da stelle digitali, dove, dopo pochi secondi, appare, come il sole all'alba, la voce di Marie. Molto simile a una certa Beth Gibbons, forse ancora più caratteristica, le parole incantano, si perdono nel vuoto, mentre le particelle elettroniche sprizzano colori.

Suonano, insieme agli altri apparati sonori, in un canto dolce, triste e leggero, come sfoglie di legno sotto una luce grigiastra. Il tutto, svanisce, si disgrega, fino al finale, e nemmeno ci siamo accorti che sono già passati sette minuti.

Like Rain azzarda l'episodio trip-hop, in cui la componente ritmica prende il sopravvento, incastrando un groove minimale insieme al cantato quasi sussurrato. I lamenti del sintetizzatore, accoppiati con il beat, si arricchiscono poi, in un secondo momento, con un drone pieno di angolature, una chitarra appena udibile, piccoli strofinii acustici. In sottofondo, quasi come se fosse un gemito nascosto, la voce di Marie viene costrinta a ripetersi, in un ciclico loop ipnotizzante. Il pezzo si chiude con un rumore bianco minimale, per fare da introduzione al pezzo successivo, Let Me Ride It.

Episodio completamente strumentale, basato su uno sfrigolio glitch, un tappeto di tastiere ambientali, vari campionamenti sonori, e un tono pacato fino alla metà, quando, all'improvviso, compare un rimbombo percussionistico, poi amplificato progressivamente, fino al finale magico e fatato, incentrato su un timbro ovattato.

Poi, Whispering. un pezzo sensazionale. Sciocchi glitch sotto un contorno di sporcizia sonora, una chitarra suonata con il cuore in gola, ancora una volta, la voce di Marie in primissimo piano. Si parla di sussurri, speranze, paure.

: "There's no worries, I am just waiting.. There's no hopes, I am just floating.."..

Una tromba, nei frangenti in cui non c'è il cantato, borbotta scomposta, insieme alla chitarra che scappa via, veloce e imprendibile..

Altro strumentale dal fascino notturno in PPG Hold PRG.1, basato su un ritmo a battuta bassa, gocce di suono centellinate con precisione, quasi a scovare un punto di collisione fra le musiche dark-ambient e il trip-hop strumentale.

Si insinua, nella traccia successiva, Moving Slow, una melodia indecisa, solo da anticamera alla solita favolta trasognata.

:"Moving slow, across the sky.. Big black pink sky.. Hold on.. to laughing.. Falling away.. in the deep red blue sky.."

sei minuti di completa immersione in un mondo sospeso e immaginifico.

l'asso nella manica, però, deve ancora venire. come penultima traccia, c'è Something Not To Do.

La sovrapposizione iniziale fra un sintetizzatore moog d'altri tempi, con un loop digitale, è già un colpo al cuore. Quando, dopo pochi secondi, Marie inizia a cantare, il tempo si ferma.

:"Cool braines, is falling down.. Down and down, through the night..Blank night, last forever.. down and down in my eyes.. Something Not To Do but only knows, Something Not To Do but only knows"..

la musica, a questo punto, è soltanto un contorno, di ottima qualità, compagno di pari importanza per la voce, un abbellimento, come un vestito splendido, fra le carni di una principessa incantata.

La conclusiva Memo, ennesimo strumentale dal fare tenue, chiude il disco senza rancori, con alcuni frangenti molto evocativi, melodie circolari, bollicine elettroniche galleggianti.

Subito dopo l'uscita del disco, viene pubblicato il maxi singolo di Here To Go, con remix molto interessanti da parte di Full Swing, Zammuto, Accelera Deck e Metamatics.

Dopo questo capolavoro dimenticato, venne #2, maggiormente incentrato su suoni elettronici, in cui una certa vena sperimentale sale in cattedra, stravolgendo le emozioni presenti in #1, non compromettendo, però, il valore dell'opera, in cui svetta la bellissima Not Sad, sempre con l'aiuto delle corde vocali di Marie.

ora, alla fine del 2006, Kim Hansen annuncia il completamento di #3, e l'impazienza d'ascoltare sale per la schiena come un brivido d'emozione.

sabato 23 dicembre 2006

PLAYLIST 2006

















Anoice: "Remmings"

Quest'anno vince il disco che più mi ha fatto emozionare, il complesso di composizioni che più hanno segnato questo mio 2006. L'album che caratterizza tutt'oggi la mia storia d'amore, con quel pezzo che ti si attorciglia al cuore e non lo lascia più,
The Three-Days Blow.

Per una maggiore trattazione, c'è pure la mia recensione.



 










Caroline: "Murmurs"

Per diversi mesi in cima alle mie preferenze, Caroline, si è vista lasciar scappare il primo posto per un niente. Non che l'abbia rivalutato in negativo, anzi. Tutt'ora, mentre ascolto canzoni come Bycicle o Where's My Love, le emozioni sono intatte e le lacrime vicine vicine.

Se volete saperne di più.




















Helios: "Eingya"

Terza piazza per un disco elettronico pieno di colori. In un certo periodo non ho ascoltato altro. Le trame malinconiche che caratterizzano questo album, ne fanno un'opera fuori dal comune, in cui si possono scorgere attimi di dolcezza in cui il cuore non vuole smettere di battere.

Tutto il coinvolgimento che c'è, nella recensione con Raffaello.



 













Boduf Songs: "Lion Devours The Sun"

Viene poi, in ordine di apparenza, quel capolavoro di folk apocalittico moderno che ci ha sfornato Boduf Songs. Già autore di un affresco a là Current 93 l'anno scorso, un album omonimo, l'autore, nascosto nelle sue foreste sperdute, riesce a convogliare in questo album tutta la sua ispirazione. Tra frangenti di pura desolazione, attimi di gelo, paesaggi scurissimi.

Ancora Raffaello mi ha aiutato a parlarne, qui.



 

 













Roommate: "Songs The Animals Taught Us"

La folk-tronica mi piace tantissimo, è un genere che a primo impatto mi impressiona senza ripensamenti. Però, fino all'ascolto di questo disco, non ero ancora riuscito a trovare qualcosa di recente che eguagliasse emozioni nascoste nel passato, vedi Khonnor o il primo dei Tunng.

Ecco allora questo gioiello, infarcito di testi intelligenti, suoni inusuali, grande capacità cantaurotoriale. Un affresco di contemporaneità con l'aiuto di un gameboy e qualche tastierina.

Ne parlo qua con qualche dettaglio in più.


 

















Josephine Foster: "A Wolf In Sheep's Clothing"

 Una fra le più promettenti autrici di folk psichedelico di questi anni, Josephine Foster, mi aveva sempre sorpreso anche con i suoi album precedenti, così racchiusa nei suoi suoni antichi, con una voce decadente e un sacco di ideali astrusi. Con l'ultima prova, però, la sua capacità di cesellare "canzoni" si è tramutata in puro miracolo, riuscendo a far sognare anche l'essere più disilluso.

Con grande trasporto, ne scrissi qua.

 

















Emilie Simon: "Vegetal"


Probabilmente fra gli album più ascoltati di questo 2006, Emilie Simon, per tutta la mia estate, ha decorato le giornate con le sue canzoni flebili e delicate, sospese a mezz'aria, impreziosite dalla sua voce cristallina. "Alicia", "Fleur De Saisons", "Opium", in queste semplici parole, ci sono tante cose da dire, tante cose da ricordare.

L'amore per questo disco, espresso con più chiarezza, qua.


 


















Psapp: "The Only Thing I Ever Wanted"

Arriva soltanto ottavo e nemmeno me ne rendo conto. L'artigianato pop come piace a me, composto con strumenti piccoli piccoli, cantato con una voce sommessa, sprizzante colori vivaci e splendenti.

Pura fantasia al servizio del pop, in due parole. Episodi come "Hi", "This Way" o la splendida "Upstairs", lasciano sedimenti di una certa importanza in fondo ai cuori.

Quando non sapevo cosa fare, ne scrissi più apertamente qui.

 


















Melodium: "There Is Something In The Universe"
 
Uno dei dischi di glitch più estrosi e fantasiosi del 2006. Mai una soluzione che si somiglia dall'altra, suoni e passaggi sempre più ricercati e sorprendenti. Se con questo disco Melodium ha esplorato la composizione più sperimentale, la sua vita "pop" si approfondisce con il suo vecchio "La Tete Qui Flotte" e, sopratutto, con il recentissimo "Music For Invisibile People", ennesima dimostrazione delle qualità di questo "artista". Ecco la recensione.


10° 


















Sodastream: "Reservations" 
 
Bene o male, il disco di folk-pop dell'anno. Semplicemente canzoni perfette per il proprio amore, imperscrutabili e apertissime allo stesso tempo, delicate e sensibili, sì, sensibili come l'emozione che si sprigiona ascoltando "Twin Lakes", "Firelines" o la toccante "Tickets To The Fight".

Il mio amico Raffaello sa parlare meglio di me, e perciò vi rimando alla sua splendida recensione.




11) Trespassers William: "Having"

12) Asobi Seksu: "Citrus"

13) Camera Obscura: "Let's Get Out Of This Country"

14) Tomiko Van: "Farewell"

15) Tunng: "Comments Of The Inner Chorus"

16) Last Days: "Sea"

17) Hot Chip: "The Warning"

18) Vacabou: s/t

19) Library Tapes: "Feelings For Something Lost"

20) Aki Tsuyuko: "Hokane"

21) Uphill Racer: "No Need To Laugh"

22) Junior Boys: "So This Is Goodbye"

23) Micah P. Hinson: "Hinson & The Opera Circuit"

24) Benoit Pioulard: "Precis"

25) Kazumasa Hashimoto: "Gllia"

26) Part timer: s/t

27) Matt Elliott: "Failing Songs"

28) Tv On The Radio: "Return To Cookie Mountain"

29) Pillow: "Flowing Seasons"

30) Thom Yorke: "The Eraser"



 
Ristampe:

1) Takagi Masakatsu: "Journal For People"

2) Sawako: "Nin+Nana" (tron:)

3) Sawako: "Yours Gray" (and/OAR)

4) Pimmon: "Secret Sleeping Birds" (SIRR)

5) Ryoji Ikeda: "+/-" (Touch)

6) Cacoy: "Human Is Music" (Rumraket)

7) Tujiko Noriko: "Shojo Toshi+" (Mego)

8) Global Communication: "76:14" (Discotheque/Sanctuary)

9) Windows For The Derby: "Calm Hades Float" (Secretly Canadian)

10) Yellow6: "The Beatiful Seasons Has Past" (RROOPP)

mercoledì 20 dicembre 2006

Kate Havnevik & Imogen Heap

musica simile, attitudini che si incrociano ed entrano in contatto spesso e volentieri, ascoltando attentamente le loro due prove soliste.

due voci incantevoli, melodiche, profonde, molto "soul". Le parole sbarazzine e pungenti di Imogen si accostano con quelle ombrose e scurissime di Kate.

oltre alle caratteristiche stilistiche, ciò che le accomuna, è la collaborazione con Guy Sigsworth, compagno nei Frou Frou per Imogen, semplice supporto per Kate.

un minimo di storia per entrambe.













Kate Havnevik inizia la sua carriera da musicista con l'intenzione di diventare una chitarrista jazz, fin dai primi anni dell'adolescenza. poi, il cambio di look, intorno ai 14 anni, e una parentesi in una band punk.

Scoperte le potenzialità della sua voce, inizia ad esplorare ogni singolo lato di questa sua dote naturale.

Con un tocco tecnologico, l'uso di strumenti tradizionali, testi struggenti, il risultato complessivo risulta raffinato e adorabile.

Kate suona la chitarra e il piano, come la diamonica e l'arpa, strumenti usati principalmente per comporre e registrare, anche se non vengono disdegnate performance live con il supporto della strumentazione classica.

Prime capatine in radio, con registrazioni annesse, collaborazioni eccellenti con gente come Moby, Röyksopp, Noel Hogan (Cranberries) e Tom Middleton.

Lo stretto contatto con Guy Sigsworth la porta al suo recente album, Melankton.




















Kate Havnevik: "Melankton" (Continentica Records , 2006)

rilasciato nel mese d'aprile di quest'anno, l'album è rimasto in sordina. nessuno l'ha ascoltato, nessuno lo cita. eppure le canzoni ci sono, le capacità pure.

pattern digitali di rara delicatezza, archi angelici, la voce, una sottile patina di "freddo" ricopre queste canzoni. I dischi di Bjork nello stereo, una strizzantina d'occhio alla down-tempo di qualità, tanta fantasia.

Una raccolta di canzoni flebili e docili, raffinate fino ai più minimi particolari, senza un suono fuori posto.

Il minimalismo pop splende in tutti i suoi colori sgargianti (Unlike Me, Don't Know You), complessi d'archi impreziosiscono strutture elettroniche brillanti (Not Fair, Kaleidoscope), New Day), perle avant-pop come solo la fatina islandese può (Se Meg).

Eppoi c'è la canzoncina del cuore, You Again. Coretti leggeri come piume, beat soffici e gentili, il ritornello più appiccicoso che ci sia : "ParararaPa, Ta, Dan, Dan". In questo episodio particolare si notano reminescenze all'ultimo album dei Telefon Tel Aviv, solo che in questo caso la canzone è stata costruita senza sovrastrutture che nei Telefon stonavano un attimino.

Unica nota dolente: l'album non è stato pubblicato che dalla sua etichetta e si trova a soli 23 euro sul suo sito... 



















compagna d'avventuta di Guy Sigsworth nei Frou Frou, band che nel 2002 sbaragliò ogni concorrenza con il singolo Breathe In (contenuto nell'album Details), Imogen Heap ha pubblicato l'anno scorso un album rimasto nel completo anonimato, nonostante la sua precedente avventura in duo. da non dimenticare il suo primo album (I Megaphone), peraltro leggermente acerbo, con qualche buona canzone (Getting Scared, Candlelight), ma nel complesso poco convincente.














Imogen Heap: "Speak For Yourself" (Megaphonic Records, 2005)

Rispetto al disco della Havnevik la componente elettronica viene accentuata, nonostante non si superi un certo limite di "pienezza" dei suoni, contenendo sempre l'estrosità del risultato finale.

si nota una grossa maturazione nella pura esecuzione vocale, rispetto ai Frou Frou, oltre alla grande dimostrazione di capacità compositive, visto che il disco è firmato completamente da lei.

l'album è (senza successo) lanciato dallo spot della Volkswagen, dal nome Heed & Seek, quattro minuti e mezzo di voce vocoderate, che paiono il canto di un cigno cibernetico.

Convulsioni gommose supportare da un loop di archi gelidi in Headlock, ritmi soavi e adagiati in Goodnight And Go, in cui il beat scorre veloce, i piccoli suoni vaganti si incastrano perfettamente nel contesto melodico.

Possibili singoli disincantati (la minimale Have You Got It In You?, splendida Loose Ends), flussi elettronici sognanti applicati al pop come se fosse uno scherzo (Clear The Area), l'episodio dalle tendenze minimal-house, mette d'accordo anche chi è abituato a cose più sostenute (I Am In Love With You).

L'album non si limita soltanto a riprendere certi suoni down-tempo/trip-hop ma personalizza il suono, inglobando un'indole unica e per niente calligrafica. Infatti, un pezzo come The Walk, se all'apparenza pare un frullato fra gli Sneaker Pimps e gli Olive, in un secondo momento si mostra in tutta la sua limpidezza, con quelle note di piano a stagliarsi solitarie fra il ritmo scomposto e la voce lontanissima.

In coda, un piccolo riguardo speciale per Closing In, un trionfo di bleeps, voci spezzettate, sovrapposte, tendenze pianistiche ancora presenti, un grande lavoro di cesellatura sonora, indice di un lavoro in fase di produzione fuori dal comune.

in definitiva, due artiste sostanzialmente diverse, compositrici dai tratti differenti, ma, nel profondo delle loro anima, della loro voce, c'è un solito intento che le anima nel creare canzoni preziose come poche.

sabato 9 dicembre 2006

playlist 01/12/2006 <-> 08/12/2006

dopo svariate settimane (mesi?) che non compilo la playlist vedo di farne una..

Il cantautorato glitch

negli ultimi mesi sono usciti diversi album che applicano alla forma canzone una veste glitch, sottile, docile.

quando si canta, quando si lascia spazio solo agli strumenti classici, episodi in cui si mettono insieme versi delicati, attimi in cui solo il suono prende il sopravvento.

niente di nuovo, sì. però gli album sono molto belli, è questo quello che conta, almeno per me.

Last Days: "Sea" (7,5)

Part Timer: "Part Timer" (7+)

Benoit Pioulard: "Precis" (7,5)

Dave Fischoff: "The Crawl" (7)

Uphill Racer: "No Need To Laugh" (7+)


Last Days è un personaggio che all'anagrafe fa Graham Richardson.

il suo album è molto crepuscolare, deliziosamente autunnale, molto evocativo.

si spazia fra episodi ambient-pianistici di sicuro impatto emozionale (The Safest Place, I Remember When You Were Good), acquarelli dilatati e minimali (Fear, The Norwegian Sea), piccoli episodi più incisivi e immediati (Two Steps Back, Arriving At Jan Mayen).

Part Timer è una metà dei clickits e il disco esce per l'adorabile Moteer.

lui si chiama John McCaffrey.

come esposto all'inizio, la patina che ricopre queste canzoni si somiglia, ma il risultato finale è diverso.

dove last days si lascia andare a tentazioni atmosferiche, part timer si sposta più verso la canzone.

ed infatti, We Made A Big Mistake è un gioiello cantautorale, al livello dei migliori Piano Magic (vedi l'EP Incurable), in cui la voce femminile si accosta con dolcezza alla chitarra spezzettata, ad un ritmo claudicante. Se Daytona sembra essere troppo bella per essere vera, Sad Little Dennis ti fa capire che davvero questo album è un mezzo miracolo, fra gli accordi di chitarra supportati da una fisarmonica disturbata.

Benoit Pioulard, invece, esce su Kranky, e la cosa si sente. Sempre germi elettronici, sempre cellule disturbanti, ma molto, molto, folk. Voce vera, non trattata, ritmi digitali, canzoni favolose.

come già accennavo prima, Triggering Back staglia fra il complesso, dove Alan & Dawn incanta, Palimendfa gioire. Come diceva giuliano (vuvu), sentirete parlare di questo ragazzo, sì sì, sicuramente.

Dave Fischoff ha tentato il cambio dirotta. partito da basi esclusivamente cantatutoriali (vedi il precedente The Ox And The Rainbow), approda a questo nuovo The Crawl, ammorbando la sua cifra stilistica attraverso l'elettronica.

esperimento mai così ben riuscito, almeno dalle mie parti. canzoni come Landscape Skin, Ghost Of An Afternoon e, sopratutto, In This Air, sono rare d'ascoltare, e proprio per questo inestimabili.

Per Uphill Racer, come già accennava bebo, qualche settimana fa, c'è da mettere in ballo i Notwist, che non verranno mai nominati abbastanza per l'influenza che hanno esercitato su questi artisti.

certo, non per questo l'album in questione lo si può etichettare come brutto, anzi..

I Am Sorry, con il suo handclapping finale è carinissima, Coming Out mette insieme note di piano con battiti sordidi, risultando funzionale, la title-track è una gemma di pop deviato.

2006 Rewind

Caroline: "Murmurs" ( 8 )

Tv On The Radio: "Return To Cookie Mountain" (7)

Trespassers William: "Having" (7,5)

Tomiko Van: "Farewell" (7+)

Roommate: "Songs The Animals Taught Us" ( 8 )

Micah P. Hinson: "Hinson & The Opera Circuit" (7+)

Aki Tsuyuko: "Hokane" (6,5)

Junior Boys: "So This Is Goodbye" (7)

Sodastream: "Reservations" (7+)

album che hanno segnato questo mio 2006 musicale, fra il cuore che non può sbagliare (Caroline, Sodastream, Roommate, Trespassers William), conferme saldissime ed esaltanti (Tv On The Radio, Micah P. Hinson, Junior Boys), sorprese giapponesi che non possono mai mancare (Aki Tsuyuko, Tomiko Van).