mercoledì 20 dicembre 2006

Kate Havnevik & Imogen Heap

musica simile, attitudini che si incrociano ed entrano in contatto spesso e volentieri, ascoltando attentamente le loro due prove soliste.

due voci incantevoli, melodiche, profonde, molto "soul". Le parole sbarazzine e pungenti di Imogen si accostano con quelle ombrose e scurissime di Kate.

oltre alle caratteristiche stilistiche, ciò che le accomuna, è la collaborazione con Guy Sigsworth, compagno nei Frou Frou per Imogen, semplice supporto per Kate.

un minimo di storia per entrambe.













Kate Havnevik inizia la sua carriera da musicista con l'intenzione di diventare una chitarrista jazz, fin dai primi anni dell'adolescenza. poi, il cambio di look, intorno ai 14 anni, e una parentesi in una band punk.

Scoperte le potenzialità della sua voce, inizia ad esplorare ogni singolo lato di questa sua dote naturale.

Con un tocco tecnologico, l'uso di strumenti tradizionali, testi struggenti, il risultato complessivo risulta raffinato e adorabile.

Kate suona la chitarra e il piano, come la diamonica e l'arpa, strumenti usati principalmente per comporre e registrare, anche se non vengono disdegnate performance live con il supporto della strumentazione classica.

Prime capatine in radio, con registrazioni annesse, collaborazioni eccellenti con gente come Moby, Röyksopp, Noel Hogan (Cranberries) e Tom Middleton.

Lo stretto contatto con Guy Sigsworth la porta al suo recente album, Melankton.




















Kate Havnevik: "Melankton" (Continentica Records , 2006)

rilasciato nel mese d'aprile di quest'anno, l'album è rimasto in sordina. nessuno l'ha ascoltato, nessuno lo cita. eppure le canzoni ci sono, le capacità pure.

pattern digitali di rara delicatezza, archi angelici, la voce, una sottile patina di "freddo" ricopre queste canzoni. I dischi di Bjork nello stereo, una strizzantina d'occhio alla down-tempo di qualità, tanta fantasia.

Una raccolta di canzoni flebili e docili, raffinate fino ai più minimi particolari, senza un suono fuori posto.

Il minimalismo pop splende in tutti i suoi colori sgargianti (Unlike Me, Don't Know You), complessi d'archi impreziosiscono strutture elettroniche brillanti (Not Fair, Kaleidoscope), New Day), perle avant-pop come solo la fatina islandese può (Se Meg).

Eppoi c'è la canzoncina del cuore, You Again. Coretti leggeri come piume, beat soffici e gentili, il ritornello più appiccicoso che ci sia : "ParararaPa, Ta, Dan, Dan". In questo episodio particolare si notano reminescenze all'ultimo album dei Telefon Tel Aviv, solo che in questo caso la canzone è stata costruita senza sovrastrutture che nei Telefon stonavano un attimino.

Unica nota dolente: l'album non è stato pubblicato che dalla sua etichetta e si trova a soli 23 euro sul suo sito... 



















compagna d'avventuta di Guy Sigsworth nei Frou Frou, band che nel 2002 sbaragliò ogni concorrenza con il singolo Breathe In (contenuto nell'album Details), Imogen Heap ha pubblicato l'anno scorso un album rimasto nel completo anonimato, nonostante la sua precedente avventura in duo. da non dimenticare il suo primo album (I Megaphone), peraltro leggermente acerbo, con qualche buona canzone (Getting Scared, Candlelight), ma nel complesso poco convincente.














Imogen Heap: "Speak For Yourself" (Megaphonic Records, 2005)

Rispetto al disco della Havnevik la componente elettronica viene accentuata, nonostante non si superi un certo limite di "pienezza" dei suoni, contenendo sempre l'estrosità del risultato finale.

si nota una grossa maturazione nella pura esecuzione vocale, rispetto ai Frou Frou, oltre alla grande dimostrazione di capacità compositive, visto che il disco è firmato completamente da lei.

l'album è (senza successo) lanciato dallo spot della Volkswagen, dal nome Heed & Seek, quattro minuti e mezzo di voce vocoderate, che paiono il canto di un cigno cibernetico.

Convulsioni gommose supportare da un loop di archi gelidi in Headlock, ritmi soavi e adagiati in Goodnight And Go, in cui il beat scorre veloce, i piccoli suoni vaganti si incastrano perfettamente nel contesto melodico.

Possibili singoli disincantati (la minimale Have You Got It In You?, splendida Loose Ends), flussi elettronici sognanti applicati al pop come se fosse uno scherzo (Clear The Area), l'episodio dalle tendenze minimal-house, mette d'accordo anche chi è abituato a cose più sostenute (I Am In Love With You).

L'album non si limita soltanto a riprendere certi suoni down-tempo/trip-hop ma personalizza il suono, inglobando un'indole unica e per niente calligrafica. Infatti, un pezzo come The Walk, se all'apparenza pare un frullato fra gli Sneaker Pimps e gli Olive, in un secondo momento si mostra in tutta la sua limpidezza, con quelle note di piano a stagliarsi solitarie fra il ritmo scomposto e la voce lontanissima.

In coda, un piccolo riguardo speciale per Closing In, un trionfo di bleeps, voci spezzettate, sovrapposte, tendenze pianistiche ancora presenti, un grande lavoro di cesellatura sonora, indice di un lavoro in fase di produzione fuori dal comune.

in definitiva, due artiste sostanzialmente diverse, compositrici dai tratti differenti, ma, nel profondo delle loro anima, della loro voce, c'è un solito intento che le anima nel creare canzoni preziose come poche.

2 commenti:

  1. Due album che adoro e venero, complimenti per le recenzioni, mi fa piacere che ci sia qualcuno che in Italia ne parli, è musica che meriterebbe più spazio a dispetto di altra...

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  2. beh grazie, quella di havnevik è stata anche pubblicata su ondarock.. :)



    album splendidi, vero pop femminile.

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