lunedì 24 ottobre 2011

Deniz Kurtel: "Music Watching Over Me" (Crosstown Rebels, 2011)




Addentrarsi oggi in certi meandri della House newyorchese equivale cercare il giusto compromesso tra glacialità teutonica e calore chicagoiano. Ipnosi e seduzione. Dispersione e distensione ritmica. E' una mescola perfetta se dosata in fase di produzione con quel tocco limpido di completo isolamento emotivo. E' un po' come star lì a saccheggiare il lato più intimamente oscuro dei club e proiettarlo in studio su una grande tela grigia, magari su cui poi ricamare le sequenze timbriche più conturbanti del proprio ego. La turca Deniz Kurtel, dj-producer della combriccola Wolf+Lamb, trasferitasi nella Grande Mela per dar maggior sfogo ai propri controlli sonori, innanzitutto visivi (installazioni LED per gli amici Eisenberg e Mizrahi) è colei che recentemente forse meglio interpreta questa intrigante e devastante commistione.

Munita di un'elegante imprevedibilità tecnica, eccitata all'occorrenza da timbri cavernosi e pulsazioni liquide ammalianti, la piccola grande Deniz appare ai più nel 2009 con l'acerbo ma promettente Ep "Whisper". Una serie di remix nei mesi successivi a solidificarne l'ossatura, un Guy Gerber sedotto come un toro a esaltarne le forme nel singolo "The L World", ed ecco spuntare "Music Watching Over Me", esordio che racchiude tutta l'anima di questa misteriosa sirena dal groove in cassa dritta. Basterebbero i primi centoventi secondi della title-track per identificare l'umore narcotico, obliquo, al contempo stiloso e introverso del disco. Quel groove profondamente calato in un'atmosfera notturna, plasmato da umori contrastanti, sarà il tratto distintivo di tutto il disco, una catarsi dance dai tratti dimessi perfino inaspettati.

La profonda e stretta simbiosi con il duo Wolf+Lamb ha plasmato la cifra stilistica del tocco di Deniz, portandola ad elaborare una sapiente miscela di anime electro, house e techno, facendo confluire il tutto senza strette delimitazioni ma dando spazio ad ogni componente in egual misura. Questa perfetta calibratura in sede di composizione porta alla realizzazione di un disco che non ha sbavature, tanto empatico ed esplosivo quanto minuzioso e centellinato.

I ritmi seducenti, al limite dell'erotismo, sono tradotti e cantati da muse attraenti, dando vita a tracce conturbanti e disturbate (i vocalizzi emaciati di "Makyaj", i loop vocali in "The L World" e "Best Of"). L'anima deep di questa musica giace fra gli strumentali, disseminati di controcanti robotici (i magnifici reticoli di beat in "My Ass", il fascino di un canto strozzato in "My Hearth"), stomp più decisi (i vari accenni techno in "Trust", "Equilibrium" e "One Change To Happiness") e melodie più diluite e propriamente electro (le trame semplici ma ineccepibili della finale "Yeah", la spazialità corale dei synth di "Vagabond"). Il marchio comune di queste tredici tracce, oltre al già citato elemento noir, è lo sviluppo diluito, il non concedersi mai strutture secche, decise, componendo qualcosa che, solo in alcuni episodi, assomiglia ai classici stilemi techno ma non ci si avvicina mai abbastanza per esserlo veramente. Questa doppiezza ammaliante rende "Music Watching Over Me" qualcosa di veramente speciale, elevandolo ad un livello superiore rispetto al semplice prodotto di settore, distinguendosi a raro esempio di album la cui classificazione elude ogni facile identificazione.

A metà fra eroina malata e artista geniale, Deniz Kurtel evade, sorprende, ed esordisce con un'opera importante, di rilievo assoluto e incontrollabile. Il suo grande cruccio adesso sarà riuscire a bissare un tale successo. Ma con tali eccellenti premesse le possibilità di ripetersi sono a dir poco elevatissime.

(8)

recensione di Alessandro Biancalana e Giuliano Delli Paoli

domenica 16 ottobre 2011

FaltyDL: "You Stand Certain" (Planet Mu, 2011)



Dopo anni in cui la Planet Mu aveva drasticamente livellato la qualità media degli artisti proposti, negli ultimi tempi Mike Paradinas (per chi non lo sapesse lui è µ-Ziq) sembra aver ritrovato la voglia di rischiare. Giovani talenti provenienti da tutto il mondo compongono musica vivida, in costante tormento, tumultuosa, in poche parole nuova. Oltre al già affermato Boxcutter, sono da citare i giovanissimi Tropics che con il nuovo “Parodia Flare” mettono le mani nella psichedelia inficiandola alle basi con una sana dose di eccentricità elettronica.

Nel novero di questi autori spetta un posto anche a FaltyDL. Drew Cyrus Lustman è un giovane americano intimamente plasmato dalla città in cui vive: New York. La malinconia delle sue tracce, quel sapore urbano che sa di pioggia e fumo, la profonda desolazione analogica, il tutto fa pensare a un qualcosa che poggia le proprie basi su un oggetto mistico e mitico. La grande mela può avere questo effetto, e la musica di FaltyDL rende perfettamente certe atmosfere. Autore di un dubstep aggiornato al 2011, con forti richiami all'UK Garage, il ragazzo con “You Stand Certain” entra nel novero di quei musicisti che sono pronti a fare il botto a breve. Estremamente centrato e ricco di suoni quasi al pari del suo esordio “Love Is a Liability”, il nuovo parto di Lustman freme di ritmi, pulsioni, parole e inquietudini irresistibili. Sia che si parli di geniali strumentali giocati su doppiezze timbriche, o piuttosto di leccornie cantate da sensuali ugole femminili, la formula funziona e scorre via lasciando ricordi indelebili.

Si parte ed è impossibile non citare “Gospel of Opal”, dove l'esordiente Anneka (già presente in un gustoso EP insieme a Blue Daisy) si mette in mostra andando a braccetto con la musica che mischia sincopi, una tromba decadente e stasi da groppo in gola. Quando viene calcata la mano sull'imponenza del ritmo le tracce vanno incontro ad implosioni incontrollabili di pregio finissimo (le trame impazzite di “Lucky Luciano”, le convulsioni sintetiche in “Tell Them Stories” e “Open Space”), mentre quando la melodia prende possesso della scena si ha a che fare con nenie perfino delicate (le effusioni fumose di “The Pacifist”, l'ariosità pacifica in “Eight Eighteen Ten”). I pezzi cantati mettono in evidenza le corde vocali di Lily Mackenzie, capace sia in “Brazil” che nella finale “Waited Patiently”, di colorare la traccia con un tocco esotico che solo una voce così carismatica può fare. Nel resto del disco è continuo susseguirsi di trovate inusuali, fantasia e intelligenza compositiva. La sensazione generale è quella di avere davanti un miscuglio di suoni che non hanno un limite prestabilito, ciò che si ascolta è solo una delle mille vie che l'artista ci poteva riservare, evitando la fastidiosa percezione chiamata anche pilota automatico.

Arrivati a questo punto l'unica chiosa possibile riguarda il futuro, il nostro augurio è che FaltyDL rimanga su queste lunghezze d'onda per realizzare il suo capolavoro e far conoscere la sua musica ad un pubblico più ampio rispetto ai pochi intimi addetti ai lavori.

(7,5/10)

recensione di Alessandro Biancalana