domenica 26 novembre 2017

Ofeliadorme + Telefon Tel Aviv, 22/11/2017 @ Bologna, Locomitv


Sono grandi le emozioni che colgono gli appassionati quando giunge il momento di riabbracciare personaggi e sensazioni ritenuti quasi perduti. Il progetto Telefon Tel Aviv oltre ad essere uno di questi casi racchiude tutte le caratteristiche di una vera e propria storia da raccontare.

La coppia Joshua Eustis e Charles Cooper, dopo tre album uno più bello dell'altro e un carico di aspettative e talento sulle spalle, si accinge nel 2009 a lanciare il bellissimo “Immolate Yourself” con un tour in tutto il mondo. A pochi giorni di distanza, sul finire dell'anno, arriva la doccia fredda: Charlie Cooper muore in circostanze misteriose, il gruppo immediatamente congelato, tour completato con un sostituto e carriera troncata. Questa brusca interruzione di un percorso che poteva seriamente diventare trionfale, mette in forte crisi la motivazione artistica del compare Joshua Eustis il quale decide di dedicarsi ad altro per non pensare.

Negli anni che lo dividono dall'attimo in cui decide di riprendere in mano il suo passato, l'americano calca i palchi spalla a spalla con band come Puscifer, Nine Ninch Nails, The Black Queen, oltre ad avviare i progetti elettronici Second Woman e Sons Of Magdalene. Nel 2016 si accende la classica scintilla che fa tornare le motivazioni per riprendere in mano un discorso irrisolto e per cui fiumi di parole si erano spesi. Nuovo pezzo, tour in tutta Europa – fra cui alcune date di supporto ai Moderat - e tanta voglia di sorprendere ancora.

Ed è con questa aura di mitologia che la serata viene percepita con grande interesse da parte di tutto il pubblico del Locomotiv, il quale fluisce con il passare delle ore sempre più numeroso. Ad accogliere e scaldare le orecchie degli astanti ci pensano i bolognesi Ofeliadorme. Nonostante un bilanciamento dei suoni poco favorevole alla bella voce di Francesca Bono – purtroppo troppo impastata e confusa la resa finale -, la band si muove agilmente e con efficacia mirabile fra dark-rock, sintesi wave e accenni minimal-synth. Davvero di grande impatto pezzi come “Birch”, “Body Prayer” e “My Soldiers”, sinuose e guidate da rasoiate di sibilante elettronica, pattern ritmici incessanti e una voce che ricorda l'impeto di Siouxsie. Da seguire ed ascoltare, partendo dal nuovissimo “Secret Fires”.

Il tempo di un veloce cambio palco ed è l'ora di Joshua Eustis, il quale inizia il suo show pestando di brutto con nuovo materiale fatto di grovigli IDM fittissimi e molto movimentati, gettando dei grossi dubbi sull'entità del disco che avrà luce molto probabilmente nel 2018, il quale, su stessa ammissione del suo autore, sarà più scuro, arrabbiato e cattivo rispetto al suono ovattato e quasi confortevole dei lavori precedenti. A testimoniare ciò arriva l'esecuzione del nuovo pezzo “Something Akin To Lust”, una tetra staffilata electro-dark decisamente distante dai suoni abitualmente ascoltati nei dischi dei Telefon Tel Aviv.

L'oretta scarsa messa in scena da Eustis da l'impressione di essere una sorta di spettacolo preparatorio ed esplorativo più che un vero e proprio concerto, d'altronde – come si può ascoltare in una recente intervista per un'emittente felsinea – lui stesso prima di riprendere seriamente in mano il marchio ha voluto testare l'impatto sul pubblico del materiale che aveva intenzione di produrre.

Sul finire dell'esibizione, ci pensano le prime note di “The Birds” a scaldare i cuori dei nostalgici, a cui non si possono non dedicare alcune lacrime, oltre ad un altro classico come “You Are Worst Thing In The World”, una tambureggiante e magnifica ballata electro/dance dal sapore agrodolce.

Ed è la bellezza di questa musica che trascende la realtà del live e fa pensare a quanto il duo poteva essere e non è mai stato per colpa di una tragica disgrazia, generando frustrazione ma dando la speranza che nonostante tutto non è ancora il momento di mettere fine ad uno dei progetti elettronici più interessanti del nuovo millennio

domenica 19 novembre 2017

Manitoba + Lali Puna, 17/11/2017 @ Bologna, Locomotiv

 Per suggellare un autunno di concerti imperdibili, il Locomotiv di via Sebastiano Serlio propone, dopo eventi imperdibili come Lamb e Zola Jesus, il ritorno sui palchi dei Lali Puna, con alle spalle un recente ritorno discografico intitolato “Two Windows” e a distanza di sette anni dall'ultimo live bolognese proprio al Locomotiv. Le fisiologiche incertezze dell'uscita discografica rendono questi live un banco di prova importante per una band che dopo un'ennesima pausa tenta di riaffacciarsi sul mercato discografico con qualche punto interrogativo.

Ad aprire la serata ci pensano gli italiani Manitoba, band nostrana nata nel 2015 grazie al sodalizio artistico fra Giorgia Rossi Monti e Filippo Santini, poi aiutati dal produttore Samuele Cangi, responsabile della svolta alt-electro-rock della band. Sulla falsariga di certe alterazioni fra indie-rock ed electro, il trio sul palco non eccelle ma nemmeno demerita, mostrando una frontman femminile molto capace a tenere il palco ed un chitarrista di grande talento. Purtroppo i pattern elettronici a tratti paiono un po' ingessati e poco funzionali al suono complessivo. Chiaramente l'idea di smarcarsi dallo stilema del duo acustico è lodevole, tuttavia senza uno studio attento dell'integrazione fra due componenti molto differenti, si rischia di ottenere un qualcosa che è solo una via di mezzo fra vero cantautorato rock ed electro. Alla base di ciò però ci sono canzoni molto valide, fra tutte la bella “Glaciale”.

Quando salgono sul palco i Lali Puna la domanda più grande è: il chitarrista dov'è? Si sapeva che già da tempo fra Valerie Trebeljahr e Markus Acher non correvano più buone acque nonostante il matrimonio e un'unione artistica durata quasi vent'anni, tuttavia ci si aspettava che la band fosse corsa ai ripari rimpiazzando il leader dei Notwist con un altro componente, quantomeno nelle esibizioni live. Così non è stato fatto ed inevitabilmente la performance ne ha risentito. Nonostante la formazione tedesca faccia dell'elettronica la sua componente fondamentale, è sotto gli occhi di tutti come molta della musica proposta da Valerie e soci abbia nella chitarra uno strumento fondamentale. Ascoltare i pattern di chitarra preregistrati o addirittura simulati con il synth (come nella conclusiva “Faking The Books”), fa storcere la bocca non poco oltre all'atavico problema dei live dei Lali Puna della voce di Valerie che difficilmente esce fuori al cospetto dell'intricato reticolo di suoni.

Nonostante questi problemi di assetto ed equalizzazione, i Lali Puna sono sempre loro ed in grande salute. Le emozioni salgono alle stelle quando l'attacco di “Scary World Theory” fa capolino, mentre la magnifica “Deep Dream” si conferma uno dei migliori pezzi della band, insieme a classici intramontabili come “Left Handed”, “Small Thing”, “Bi-Pet” e “Micronomic”. Ignorato con grande rammarico “Tridecoder”, viene dato ampio spazio all'ultimo album con il pezzo omonimo, “Wonderland”, “The Bucket” e “The Frame”, confermando la non totale riuscita dell'ultima uscita. Come già analizzato in sede di recensione, secondo il modesto parere di chi scrive, il trio berlinese ha nelle mani una carriera ancora non del tutto relegata all'esecuzione dei grandi classici del passato, bensì proiettata al futuro, come ben testimonia il picco di efficacia del live appena commentato proprio coincidente con “Deep Dream”. Sarà solo il tempo a dirci se Valerie e soci sono pronti per diventare grandi una seconda volta.

mercoledì 15 novembre 2017

HÅN + Lamb, 09/11/2017 @ Bologna, Locomotiv


 A distanza di più di vent'anni dagli esordi (l'album omonimo è infatti del 1996) e dopo un pausa durata cinque anni – periodo in cui Lou Rhodes si dedica alla carriera solista – i Lamb tornano sui palchi di tutta Europa con una folta serie di concerti. Dopo “5” del 2011 e l'ottimo “Backspace Unwind” di tre anni fa, il duo di Manchester dimostra di voler far sul serio, dando sostanza ad un ritorno che non è mera riesumazione ma volontà di produrre nuovo materiale ed andare in tour costantemente. Il Locomotiv, come sempre sensibile a tali eventi, accoglie Andrew Barlow e Lou Rhodes in una serata autunnale, ed è fin da subito il pubblico delle grandi occasioni ad accogliere la band.

In preparazione del live principale, si accomodano sul palco gli italiani HÅN, progetto della giovanissima Giulia Fontana. Confessando la totale estraneità all'esistenza di questo solo project prima di questo live, per chi scrive il suono si attesta su un prezioso connubio fra i candori post-pop degli XX e certe tentazioni post-rock misti ad elettronica. Nonostante ad un'attenta analisi si noti una certa approssimazione nell'esecuzione dal vivo delle canzoni, è indubbia – anche dando un ascolto ai pezzi su disco – la qualità di fondo che ispira questa ragazza ed il suo compare. Belli i suoni e la voce, da rivalutare ed ascoltare in futuro.

Andy Barlow e Lou Rhodes si presentano sul palco dopo il tempo del cambio palco ed è subito una grande emozione. La teatralità del vestito e relativo copricapo con cui la Rhodes si accomoda al centro del palcoscenico ricorda la delicatezza dei primi videoclip (vedi “Gorecki” o la stessa “Gabriel”), mentre Barlow si mostra più un animale da djset con canottiera e urli di incitamento. Ed è proprio questa discrasia fra due anime all'apparenza opposte ad aver animato una musica enormemente complessa e significativa. Riascoltando adesso pezzi del passato risalta sempre più quanto la musica dei Lamb sia stata un perfetto crocevia degli anni 90, raccogliendo l'ondata trip-hop, non limitandosi a cavalcarla ma storpiandola con breakbeat, drum'n'bass, inflessioni folk e un'innata anima pop. Tutte queste considerazioni, solo all'apparenza ovvie, sono confermate da un live che raccoglie ogni singola ispirazione e la mette in pratica.

La formazione è composta oltre al duo sopracitato, da un capacissimo e poliedrico batterista danese, da una violinista, un contrabassista (fantastico il suo strumento in legno!) e da un trombettista. Questa folta schiera di musicisti permette all'esibizione, la quale sfiora le due ore di durata, di spaziare fra momenti più concitati e ballabili, sospensioni strumentali e soffici episodi in cui la voce femminile la può fare da padrone, fra cui chiaramente svetta la magnifica “Gabriel”. Dando spazio a tracce mai eseguite dal vivo proveniente dal primo disco omonimo, l'esibizione tocca vette di eccellenza e sorprende per la resa sonora, in cui risalta la purezza della voce della Rhodes e le straordinarie capacità da produttore e musicista di Barlow il quale suona dal vivo praticamente tutto, dalle tastiere, al campionamento della voce fino agli effetti dei vari strumenti. Non manca davvero niente e risulta soddisfatto il fan accanito e l'avventore casuale in cerca di nuovi stimoli sonori.

Come congiunzione fra passato e futuro c'è il nuovissimo singolo “Illumina”, apripista per un un eventuale nuovo disco e posto a conclusione della serata, che prosegue le tentazioni electro-pop, dando spazio al lato più movimentato senza mostrare stanchezza o banalità. Ed è qui che il concerto termina con la speranza e la promessa che non sia assolutamente finita qui la carriera di una della più importanti band dell'ondata trip-hop.