mercoledì 30 novembre 2005

 



Fourcolor: "Air Curtain" (12k, 2004)



Vallate distese e infinite.

Sconfinate colline sonore, aria ammorbante, atmosfere in cui confluiscono nebbie sulfuree, vento gelido e profumi ipnotici.

Paesaggi incontaminati, mistici e avvolgenti.

Un altro genietto-tutto-fare di marca jappo, titolare di ben tre formazioni capitali: Minamo, Fonica e, appunto, Fourcolor. Ah, lui si chiama Keiichi Sugimoto.

Magici contrappunti si proliferano nell'aria senza un criterio apparente, pulviscoli zampettano ovunque, lasciano al silenzio un disturbante senso di smarrimento.

Curtain Of Air è un continuo deteriorarsi d'un ritmo sconclusionato, microscopici tocchi d'un animaletto dispettoso, saltellare paranoico d'un insettino, ai confini dell'atmosfera. Scampoli di musica glitch, scomposizione digitali, tentazioni ambient, noise dolce e pacato, rumori e schiocchi, meccanico sfrigolare d'un robot arrugginito.

Empty Sky 1 è ancora più pacifica e rilassante. Sembra di sentire la sonorizzazione d'un giungla abitata da una fauna gentile e appartata. Fiori sfavillanti dipinti da colori a pastello, un fiume scorre lentamente, piccoli movimento d'alberi giganteschi, sfrigolare d'una rana, appena sopra il livello dell'acqua. Piccole goccine di rugiada cadono da una foglia, turbinante starnazzare d'un synth irriconoscibile, sprazzi di musica concreta, sentori di piacevole compiutezza.

Ae è fatta di pause e ripartenze. Attimi di puro silenzio, sovrapposti a un ciclico generarsi di suoni spezzati e infinitesimali, errori impercettibili, in sottofondo un drone ripetitivo, replicato, trasfigurato. I suoni vengono concepiti senza un criterio, non c'è un elemento che leghi questi contrappunti, si elevano nell'aria con naturalità e spensieratezza, senza precauzioni. Tratteggi disaggregati, ricami sinusoidali, piccoli disegnini stilizzati e minimali.

2 Strings è più ostica e rumorosa. Principo come al solito srotolato con pacatezza e tatto, nello scorrere dei secondi s'inizia a intrufolare un fracasso metallico, tumulto sferragliante, martellamento rugginoso. Siamo ancora dalle parti d'una proto-ambient sfigurata, ritmo al rallentatore, distrazioni e turbini interstellari.

In Cloud Whereabouts si fa vivo un piccolo battito, quasi a stabilire un acceno di ritmo, prezioso, seppur iper-minimale. Ancora un fantasma s'aggira nei bassifondi, aggirandosi con schizzofrenici movimenti a mezz'aria, svolazzando un po' dove capita. Ambientazione per un areoporto su Marte, con un terremoto in corso.

As Rain è quasi industriale, con lo sciabordio d'una fabbrica in ossessionate attività, un continuo sbattere di un ferro sulla parete d'una casa, continuo percuotere d'un martello su un chiodo d'acciaio, strappi laceranti, danni irreparabili e significativi.

Conclude Empy Sky 2 ed è il pezzo più rappresentativo del disco, solo perchè riunisce tutte le intuizioni azzeccate del disco in soli 8 minuti. Sciorinare i soliti tre, quattro nomi che etichettano il pezzo è sbagliato. Ascoltare e lasciarsi andare davanti a questa composizione rilassata e rilassante, inestimabile e pregiatissima.

Un disco ostico e piacevole, difficoltoso e gradito, scorbutico e pregiato.

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