domenica 18 dicembre 2005




Maaya Sakamoto: "Yunagi Loop" (2005)


La follettina con gli occhi a mandorla è tornata.


Un’artista cristallina e timida. Una bimba sbarazzina e appartata.


Con i suoi album intrisi di magia ha costruito una carriera fatta di luce e amore, sorrisi e felicità. Passando dal capolavoro “Nikopachi”, splendente raccolta di canzoni preziose ed emozionali, fino all’album “Lucy”, toccante vociare d’un angelo terreno.


Yunagi Loop è un sogno. Dalla fine all’inizio, una dopo l’altra, le canzoni iniziano a finiscono senza un’apparente interruzione, la sua voce ricama in cielo disegni fatti di colori sfavillanti, gli strumenti sono soltanto un contorno, rintocchi per una festa alle pendici d’una montagna rigogliosa. Distendersi su un prato, ammirare un fiore sbocciato ed apprezzare con il cuore in mano queste canzoni. I ricami strumentali della compositrice (che compone le canzoni per Maaya da anni) sono precisi e fantasiosi, non c’è mai un passaggio scontato, né un accenno fuori posto. I classicismi inglobano le convulsioni digitali, si fondono parte per parte, e creano un creatura inarrivabile.


Yoko Kanno, che è di base una compositrice di musica classica e di colonne sonore; è un po' come accadeva quando Morricone, Umilani, Piccioni e tantissimi altri si occupavano di "pop" e scrivevano pezzi per interpreti famosi, è l'accademismo alle prese con un genere, il pop, a prima vista così distante, ma nella realtà talmente aperto, talmente camaleontico, talmente spugna che riesce a ripresentarsi di continuo in veste nuova, ibridato con qualunque altro genere, e che quest'incontro con una "classicità compositiva" rende perfetto ed ineccepibile dal punto di vista tecnico-formale. La cosa più interessante è che quest'incontro inoltre lo rende perfetto anche dal punto di vista emozionale: la Kanno come si diceva prima è anche compositrice di colonne sonore, conosce benissimo i canoni del genere e sa quali tipi ad esempio di progressioni armoniche possono riuscire a suscitare nell'ascoltatore un certo tipo di sentimento, sia quando la sperimentazione si riesce ad infiltrare in una canzone senza turbarne l'equilibrio, aggiungendo solo pathos in senso emozionale. In sostanza se la Sakamoto canta una canzone in cui dice "la vita è bella", state sicuri che la musica vi farà gioire il cuore, è musica che empiricamente e scientificamente, anche se il genere non piace, ti cambia l'umore.


Se si ascoltano gli album della Sakamoto in ordine cronologico, la mutazione negli arrangiamenti di Yoko Kanno, di cui quest'ultimo disco, è forse la summa. Partita con un pop di stampo quasi totalmente cinematico, con ampio uso di strumenti orchestrali, archi, fiati, si è evoluto nel tempo prima allargando il parco strumenti a quelli elettronici e digitali, poi cercando il perfetto equilibrio fra i due fino ad arrivare a questo disco in cui la componente digitale è predominante, ma è come se in quei passaggi che ho descritto si fosse fusa alla componente orchestrale, tanto che gli arrangiamenti di queste canzoni suonano classicissimi pur essendo impregnati di elettronicherie, archi sintetizzati, pad di tastiera dal suono '90, tutte cose insomma che usualmente darebbero un carattere molto forte al pezzo, e gli darebbero una precisa collocazione temporale e persino spaziale. I pezzi della Kanno e della Sakamoto non sono così, è la classica che ingloba il pop che poi se la mangia da dentro e mangiandosela diventa esso stesso musica classica.


“Hello” è una nota di tastiera che si ripete ciclicamente, escrudescenze in sottofondo infastidiscono, la sua voce decanta parole che vengono dal cuore, una chitarra strimpella felice e spensierata. Strumenti ad arco paiono insettini che svolazzano schizzofrenici, pause cariche di pathos sognante, la fine arriva senza speranza a spezzare un’atmosfera incominata.


“Honey” è la sublimazione dell’arte della coppia Kanno-Sakamoto. Battiti semplici e precisi, andirivieni di archi sentetici, cantanto flebile ed emozionante d’una Maaya sempre più in forma. Continuo alternarsi di pause cariche di pathos, ritornello appiccoso e perfetto, connubio estetizzante tra animi frizzanti ed arrangiamenti birichini.


“Loop” sono tastiere in amplesso torbinante, Maaya non smette d’impressionare, con il suo cantato, emana sensazioni ad ogni parola. Una batteria a mo’ di marcetta detta un tempo claudicante, chitarre strimpellano scanzonate, bollicine elettroniche spumeggiano nell’aria, ricamando disegni coloratissimi.


“Wakaba” è una ballata composta in riva al mare, con il vento a sferzare le parole emanate con una voce flebile. Cuoricini dolcemente innamorati, baci lunghi una vita, abbracci avvolgenti. Questa canzone rassicurerà i vostri animi e ricoprirà il cuore d’una patina sottile, leggera, fragile, adorabile. Contrappunti d’un piano aleatorio, archi “concreti”, tocchi d’una macchina dagli spigoli arrotondati.


“Paprika” è una composizione in disparte, suonata con un piglio in disparte, quasi un canzoncina per amori in fase di sviluppo.


Si passa per la ballata pop/rock dalla filigrana finissima di “My Favourite Books”, attraversiamo la ninna-ninna emozionale di “Tsuki To Hashiri Nagara” con il cuore in mano, lasciamo cadere qualche piccola lacrima di gioia in “Aisurukoto”.


Ancora un’anima classicheggiante che si fonde con la componente digitale, con un risultato perfettamente calibrato, in “Unison”, tra archi sintetici, batteria rimbombante e la voce di Maaya che raggiunge vette inarrivabili.


“Fuyu Desu Ka” è una canzone spensierata e sbarazzina. Fiati compongono un contorno perfetto e perfettibile, ricami percussionistici d’una finezza certosina, parole decantate con un approccio toccante.


La title-track è il manifesto della musica di Maaya. Piccole note di piano suonate con cautela, moog dilungato, microscopiche note di chitarra, ritornello contagioso, spirito puro e intenso.


Conclude un piccolo bozzettino da tratti immaginifici come “A Happy Ending”.


Come detto all’inizio, Maaya è tornata. Al cuore non si comanda. Lasciatelo pulsare al confronto di queste canzoni.


(8)

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