domenica 13 febbraio 2011

Caroline: "Verdugo Hills" (Temporary Residence, 2011)



Caroline Lufkin, sorella della pop-star giapponese Olivia, nata a Okinawa ma formata  in America in un college di Boston, torna con un album nuovo di zecca dopo ben cinque anni dal suo esordio “Murmurs”. Splendido affresco glitch-pop dal candore fragilissimo, quella prima prova metteva in mostra doti di pregio assoluto. Misticanze zen, voce delicata, intrecci strumentali gentili e quel fascino un po' da fatina dei boschi. Il lasso di tempo trascorso da quel periodo include un'attività assidua con gli amici Mice Parade, con cui ha collaborato sia in sede di performance live, sia in studio nel loro ultimo album “What It Means To Be Left-Handed”.

Nonostante l'impegno profuso per seguire la band in tutto il mondo, la compositrice nipponica non ha trascurato le sue ambizioni soliste. In “Verdugo Hills” traspare una passione contagiosa per la sua musica, un attaccamento capace di trasferire al risultato un impeto emotivo realmente travolgente. Lo stile compositivo ricalca la scia di molte sue colleghe (Piana, Gutevolk, Moskitoo), coniugando una struttura melodica scheletrica (spesso sostenuta da alcune note di tastiera) con un contorno mai casuale di percussioni (xilofono per lo più), field recordings o synth di varia natura. La voce, spesso flebile sussurro impercettibile, è il perfetto anello di congiunzione e il completamento di quadretti che paragonare a dei bonsai è fin troppo banale. Belli e discreti gli inserti di drum machine, battiti mai invadenti e funzionali allo svolgimento dimesso.

La variazioni sul tema sono spesso impercettibili, relegate all'uso di una tromba (la vivida “Snow”) o della batteria suonata (gli sbuffi di ritmo in “Sleep”); d'altro canto in un album simile i punti forza non sono tanto la varietà o i cambi di registro, quanto la capacità di creare un'atmosfera tale da rapire l'ascoltatore per tutta la durata del disco. Musica sicuramente fuori moda, non di primo impatto e decisamente appartata, tuttavia una tale profusione di tatto è efficace e può andare a segno anche con chi non è abituato a certe soluzioni stilistiche.

Forse meno zuccheroso e più astratto del suo predecessore “Murmurs”, “Verdugo Hills” prosegue un progetto ben preciso di pop leggiadro, umbratile, perfino indifeso. Gli sviluppi graditi sarebbero la svolta più cantautorale o l'aggiunta di polpa strumentale, in ogni caso a oggi plaudiamo un album che ha seriamente le carte per catturare l'attenzione di ascoltatori fra i più disparati.

(7)

recensione di Alessandro Biancalana

2 commenti:

  1. In questo giorno ricorda che Dio si rivela grande anche nelle piccole cose. Auguri sinceri di tutto cuore.

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  2. certo che li conosco, scherzi? li adoro!

    li ho visti in concerto nel giugno 2010, è stata un'esperienza commovente visto che li seguivo veramente da tanti anni .. : )



    in ogni caso complimenti per l'innamoramento.

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