Pubblicato in piena estate, ed anticipato dal singolo “Bad Kingdom” un paio di settimane prima, il disco non delude e rimpolpa il progetto di nuovi stimoli. Nonostante il suono di riferimento sia quello solito, un misto fra techno teutonica e suoni UK (garage, 2 step), l’album vaga mirabilmente fra atmosfere, umori e sensazioni, travalicando gli steccati di genere. Le canzoni possiedono un suono totale, potente e preciso, graffiano nel profondo e sostengono la durata sopra i cinque minuti grazie a ritmi e melodie scintillanti. La voce di Apparat, sue le liriche di ogni pezzo cantato, sono il definitivo marchio di fabbrica di un progetto che questa volta rinuncia alle collaborazioni esterne e si autoalimenta con le proprie forze. Anima tedesca, attenti alle tendenze ma non calligrafici, Apparat e soci compiono un'ulteriore rivisitazione del loro immaginario di suono elettronico, tecnologicamente avanzato ma malinconicamente nostalgico, mai stucchevole e perennemente perfettibile.
Se “Bad Kingdom” ricalca l’epicità pop della corrispondente “Rusty Nails”, l’introduzione dei breakbeat ’90 dona ai pezzi un fascino crepuscolare (la rilassatezza quasi chill-out di “Version”, i bei controtempi in “Ilona”), mentre la classicità techno lascia libero spazio alle straordinarie capacità di beat-maker di Apparat (la voragine e i contraccolpi ritmici di “Milk” e “Therapy”). Le movenze a metà fra downtempo e techno-pop dei pezzi cantati coniugano l’eleganza di ere e stili diversi, cercando un ideale incontro fra gruppi come Télépopmusik e Telefon Tel Aviv, raggiungendo vette altissime (lo splendore di “Let In The Light”, soul digitalizzato per “Gita”), lasciando per strada canzoni sincere e passionali, intrise di malinconia e mistero, mostrando un’anima profondamente romantica (la struggente “Damage Done”). E la conclusione “This Time”, abisso di silenzio e tappeti di synth affilatissimi, è la perfetta chiusura di un cerchio a cui è impossibile rimanere indifferenti. Schiocca l’ultima scintilla e l’album termina, si siede e riparte da capo.
Difficile dire qualcosa di più significativo di fronte a una bellezza così gentile e ben architettata, perfettamente nobilitata dalla presenza di qualche piccolo difetto di forma e contenuto. Mesi di lavoro e una gestazione lunga quasi tre anni hanno portato il trio a un risultato intenso, un disco che prosegue e ben completa il bell’esordio, sicuramente una delle migliori uscite elettroniche del 2013. Ed anche adesso, l’attesa, seppur banale e scontata, di ascoltare nuovi sviluppi è fortissima.
(7,5)
recensione di Alessandro Biancalana
Nessun commento:
Posta un commento