lunedì 4 novembre 2013

Poliça: "Shulamith" (Mom + Pop, 2013)
















Il 2013 sarà ricordato come un anno di mancate conferme. Dopo le prove sottotono o quantomeno controverse dei vari Gold Panda, Agnes Obel ed Emika, ad aggiungersi al gruppo arrivano i Poliça. Il gruppo di artisti appena citato aveva l’obbligo di confermare esordi molto positivi, nel caso della band americana il compito era doppiamente arduo. Provenienti dall’esperienza dei Gayngs, i quattro di Minneapolis hanno sconvolto il mercato discografico indipendente solo un anno fa con un esordio abbagliante. Niente chitarra, un basso, due batterie e una voce con davanti un vocoder. Una forma scarnificata di trip-hop, un pop d’ambiente scheletrico, essenziale, musica ombrosa, urbana, perfettamente puntellata dall’esile voce di Channy Leaneagh. “Give You The Ghost” rappresentava qualcosa di nuovo, qualcosa di veramente originale come non si sentiva da moltissimo tempo. Gli interrogativi dopo un ascolto così disarmante erano tutti rivolti a un eventuale secondo disco, a come la band avrebbe reagito a tale clamore e a come avrebbe sviluppato una formula talmente efficace. Andiamo con ordine.

I Poliça hanno deciso di giocare la carta dell’elettronica, trasformando la loro musica in modo abbastanza deciso. Niente più strutture scheletriche, rimangono le linee di basso pulsanti, la batteria non è più un elemento primario e arrivano moltissimi synth e alcune drum-machine. La scelta di inserire l’elettronica non è stata a priori sbagliata, d’altronde cercare di ricalcare quanto di buono era stato fatto poteva rivelarsi un tranello autoreferenziale, semplicemente si è cercato di fare qualcosa di nuovo. Purtroppo, però, le basi elettroniche inserite non hanno la qualità necessaria per mantenere intatti i delicati equilibri di cui queste canzoni hanno bisogno. La voce, non essendo né potente né limpida, non riesce a salire in cattedra e a colmare eventuali lacune di scrittura. Pure in “Give You The Ghost” le tracce salivano di tono grazie a un'atmosfera complessiva avvolgente, non certo per meriti dell’interprete femminile che, nonostante un sapiente uso del vocoder, rimane una cantante dalle doti limitate (vedere i live per rendersene conto).
Detto questo, siamo di fronte a un disco che sa regalare emozioni, altalenante e complessivamente di buona fattura.

Ritmi incalzanti e improvvise esplosioni salgono in cattedra (l’iniziale “Chain My Name”, i bei ritornelli electro di “Vegas” e “Very Cruel”), mentre “Smug” colpisce per un andamento dolcemente svenevole. Da qui in poi c’è un calo di tono che compromette un buon inizio, con sospensioni irrisolte (“Warrior Lord”, “Torre”), momenti electro-pop contraddittori (la buona “Trippin”, i grossolani synth del primo singolo “Tiff”), l’asfissia quasi tribal-techno-pop delle fascinose “Spilling Lines” e “Matty”. Con un finale fuori fuoco (“I Need $” e “So Leave” non colpiscono fino in fondo), “Shulamith” conferma di essere un disco combattuto.

Le qualità non sono svanite, rimane un talento e un’idea di massima inestimabile, tuttavia, se di cambio di rotta vogliamo parlare, forse sarebbe meglio scegliere la strada degli episodi più concitati, dove l’inserimento dell’elettronica risulta essere più funzionale. Considerando tutto, siamo ancora di fronte a qualcosa di molto piacevole, un insieme di tracce mediamente coinvolgenti, la necessità dei Poliça adesso è quella riordinare le idee e scegliere una strada precisa, capace di dare un sbocco definitivo alle potenzialità espresse.

(6,5)

recensione di Alessandro Biancalana

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