mercoledì 26 agosto 2009

Pumajaw: "Favourites" (Fire Records, 2009)



Il mistico incontro fra musiche spesso divise da tradizioni e radici differenti è oggetto di interesse a prescindere dal risultato finale. In qualsiasi contesto musicale (musica popolare, avanguardia, elettronica), le intenzioni dell’artista debbono essere soppesate in contrapposizione con la fattibilità del progetto iniziale. I Pumajaw, misconosciuta band proveniente dalla Scozia, si misurano con una sfida ambiziosa. I due componenti Pinkie Maclure e John Wills mettono alla prova la loro identità artistica, coinvolti in un’esperienza profondamente personale.

“Favourites” è un album dalle duplici interpretazioni. Ammantato da un cupo contenitore di folk oppresso e malinconico, le interiora sono composte da una mistura complessa di trip-hop, elettronica e dream-pop. Nonostante l’atmosfera perennemente plumbea ed emaciata, il continuo cambio di registro compositivo aiuta le quattordici tracce a scorrere stimolando l’interesse del fruitore.

Contorte colonne sonore si intrecciano in reticoli dub seducenti (il downtempo malato di “Sorcery”, la  ballata oppiacea “Sweet Kind Of Suffering”), il minimalismo scheletrico si inserisce a metà fra blues notturno e dream-pop (l’andamento caracollante di “The Weird Light”, profonda desolazione melodica per "Memorial Crossing"). Spore di matrice folk mettono in fila nenie ipnotiche (il ritornello ossessivo di “The Bending Wood”, il gelo fra le maglie di una chitarra ed una fisarmonica per “Buttons” e “I Take The Long Way Around”), gracili infrastrutture elettroniche si intromettono con garbo (la commovente malinconia di “Harbour Song”, beat muscolari in perfetta armonia con la voce sinuosa della Maclure per “Stranded”).

La recitazione passionale dai tratti funerei ricama episodi ai confini con la tradizione dark (il lento di incedere di “Frozen In Sleep”, isterie mistiche per “Outside It Blows” ), mentre la corposità della sezione ritmica mostra cura nei dettagli (colloquio forsennato fra batteria e tromba in “We Spin”, delicati ricami di xilofono e percussioni per “Downstream”).

Per accedere nel cuore pulsante di “Favourites” sono necessari passione e amore per la musica. Una musica che trascende dalle trincee del genere e sovrasta ogni pregiudizio di stile. L’opera dei Pumajaw è un puro omaggio all’arte senza limiti, contaminata, plasmata e concepita solo con l’ausilio di un’urgenza espressiva immacolata.

(7,5)

recensione di Alessandro Biancalana

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