lunedì 14 dicembre 2009

Lusine: "A Certain Distance" (Ghostly International, 2009)







Lusine, al secolo Jeff Mcllwain, è un errante dell’elettronica moderna rimasto sempre in disparte. Compiuta quest’anno una decade di carriera discografica (esordio con l’EP “Coded” nel 1999), l’artista ha attraversato varie fasi di ispirazione artistica lungo tutto questo decennio. Passata la sbornia per l’ondata IDM con ottimi album come l’omonimo “L’usine” e “Iron City”, si arriva a questo “A Certain Distance” attraverso prove interlocutorie, capaci di esplorare territori più sostenuti (gli accenni techno di “Serial Hodgepodge”) e lande sperimentali (l’ambient brumosa in “Language Barrier”).

Sapiente cesellatore di melodie a prescindere dalla tonalità, Lusine gioca le sue carte più ambiziose realizzando un’opera complessa e completa. “A Certain Distance” non è solo un album di elettronica ambientale come ne abbiamo sentiti tanti; la sua peculiarità coinvolge vari ambiti. Sensazioni pop forgiate con gusto sopraffino, clangori tech-house sostenuti da una mano ferma e sapiente, zampilli ambient che profumano di infatuazione dreamy. Scorrendo sommariamente l’album si percepisce una sensazione di tenera morbidezza perfino nei frangenti più spigolosi, creando un’atmosfera ovattata e accogliente. Oltre a questi meriti in sede di composizione, va citata la scelta azzeccata dei vocalist presenti nelle canzoni cantate. Vilja Larjosto dipinge trame sognanti nei momenti più toccanti dell’album (loop ipnotici nella incantevole “Two Dots”, piglio da musa soul nei timbri secchi di “Twilight”), mentre Caitlin Sherman si lascia andare in un vortice di sensualità morbosa (l’ambient-pop brumoso “Gravity”).

Quando la componente strumentale prende il sopravvento lasciando da parte le ugole femminili, siamo di fronte a un modernariato elettronico sopra la media e decisamente variegato. Pensosità robotica dipinge arcobaleni luminosi (l’iniziale “Operation Costs” è un delizioso affresco di techno idilliaca, “Thick Of It” si staglia algida e serafica), gelidi tappeti sintetici giacciono con calma mistica (gocce di bellezza ambient-techno in “Tin Hat”, i grovigli sintetici di “Baffle” e “Every Disguise”).

Fra rintocchi romantici e soffusi (la dolcezza di “Double Vision”) e il finale percussivo (gioielli di techno gentili come “Cirrus” e “Crowded Room” si sentono raramente), “A Certain Distance” si conclude con fascino e sinuosità. Lusine festeggia il suo anniversario regalandoci emozioni intense e freschezza rigeneratrice.

(7)

recensione di Alessandro Biancalana

1 commento:

  1. Visto che sto facendo un giro veloce sui miei blogger preferiti....

    colgo l'occasione...

    auguri e tanta salute e serenità,

    non solo per l'anno che verrà (anche con rima).



    Addison.


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