martedì 8 dicembre 2009

Annie: "Don't Stop" (Smalltown Supersound, 2009)



L’uscita di “Anniemal”, datata settembre 2004, mise all’erta i più attenti cultori del pop di qualità per la sua sferzante freschezza rigeneratrice. Quell’album conteneva un concentrato di synth-pop anni 80, fascino nordico, profumi seducenti e tanta, tanta bella musica. Non una canzone usciva dal coro di un’opera colorata, frizzante, incontenibile. A partire dello splendido singolo “The Greatest Hit”, passando per la malinconia sonica di “My Heartbeat”, fino al noir-funk-pop di “No Easy Love”.  Dopo il meritato (seppur limitato) successo guadagnato nel periodo appena successivo all’uscita del disco, la cantante prende un lungo periodo di pausa intervallato da qualche singolo più che buono (“Anthonio”, “Follow Me”) e da un episodio della celebre compilation a puntate “DJ-Kicks”, rivelatisi negli anni uno delle miglior fin dal primo capitolo.

Si inizia con l’incipit di “Hey Annie” e pare proprio che non siano passati questi cinque anni d’attesa per un nuovo album. I cambiamenti rispetto al passato sono quasi impercettibili. Se si esclude uno stile estetico differente (la nuova giocosità kitsch contro l’austerità sexy del passato), “Don’t Stop” è in tutto e per tutto una naturale evoluzione del percorso tracciato da “Anniemal”. La voce di Annie è un affresco melodioso al servizio di canzoni che hanno un approccio diretto con l’ascoltatore, la continua altalena di emozioni coincide con un supporto strumentale perfettamente coagulato con i restanti elementi.

Mentre tastiere piangenti e battiti malinconici e disperati strappano lacrime dolenti (il pathos annichilente in “When The Night”, l’avvenenza stravolta dei synth di “Bad Times”), ritornelli contagiosi e ricerca pop convivono senza forzature in un fiorire di perle (lo spleen sognante di “Hey Annie”, il ritmo sostenuto di “My Love Is Better”, la violenza melodica in “The Breakfast Song”). I frangenti più arditi (le bollicine 8 bit di “I Don’t Like Your Band”, gli electro-noir-pop “Marie Cherie” e “Take You Home”) mettono in fila popsinger che in questi anni hanno cercato di sfondare il mercato con risultati altalenanti. La classe con cui Annie riesce a trattare una materia scottante come il pop sorprende fino a un certo punto, d’altronde sono le stesse qualità già ampiamente espresse in passato.

Spingendo il piede sull’acceleratore, la qualità non perde la sua autenticità (il techno-pop sussurrato di “Songs Remind Me You”, sciabolate ritmiche sostenute nella title track), mentre la dolcezza di “Heaven And Hell” in chiusura mette d’accordo con un piglio sincero, delicato, capace di trasmettere un sentimento intenso e incantato.

Con gestualità e look da regina scandinava venuta dalle nevi, Annie torna con un’opera fine, mai urlata ma piuttosto mostrata sottovoce, composta da canzoni che sono un po’ il compendio del pop anni Duemila inteso come agglomerato di tentazioni e stili più o meno azzeccati. Sotto le virgole impazzite del moog gelido di “When The Night”, auguriamo all’artista un riscontro maggiore rispetto al passato da idolo underground.

(7,5)

recensione di Alessandro Biancalana

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