domenica 29 novembre 2009

Gus Gus: "24/7" (Kompakt, 2009)



Collettivo dalla forte tinta camaleontica, i Gus Gus tornano a distanza di due anni dall’irrisolto “Forever”. Recuperato uno dei fondatori del gruppo (Daníel Ágúst), il presente degli islandesi è più che mai rivolto verso un’esplorazione continua. Non paghi di aver lasciato alle spalle opere decisive per la crescita della musica elettronica durante gli anni 90 (soprattutto “Polydistortion” e “This Is Normal”), i tre freddi nordici dal cuore caldissimo riversano in “24/7” una fluida miscela di passione dance.

Registrato in isolamento all’interno di una vecchia fabbrica di pesce a Tankurinn, il disco si mostra essenziale, secco, minimalista. La forte tinta dub che adorna tutte le composizioni permette uno sviluppo flessuoso e progressivo, l’uso discreto dell’eco vocale aggiunge un tocco psichedelico che sa di infatuazione trance. Tracce che non vanno mai sotto i sette minuti (unica eccezione il trance-pop di “Take My Baby”) richiedono una forte identità e un consapevole bilanciamento fra ambizioni e misura. Il risultato di questa evoluzione è un arcobaleno tinteggiato di cromature analogiche, la dispersione tonale è una piacevole perdizione oppiacea che concilia l’ascoltatore con l’atmosfera senza limite di spazio e tempo. Il trio supera sé stesso inconsapevolmente e concepisce un bignami di trasfigurazione compositiva carpendo a piene mani dal passato (l’esperienza maturata negli anni), senza dimenticare il prezioso filtro sulle nuove tendenze (il profondo inserimento nell’ambiente a livello internazionale).

La strumentazione analogica espone tutto il suo splendore nelle convulsioni più concitate (la colata infiammata di synth nella finale “Add This Song”, il turbine a metà fra techno-pop e progressive house di “Hateful”), mentre i battiti decisi e palpitanti sono il cardine degli episodi più pensosi (l’appeal oscuro seppur deciso di “On The Job”, l’ossessione ritmica da sballo dell’esemplare tech-house “Bremen Cowboy”).

Trovare difetti a un lavoro formale e contenutistico così profumato e di classe è un esercizio di masochismo a cui non è necessario sottoporsi. L’unico punto focale su cui vale la pena concentrarsi è la forza dirompente che fluisce limpida e vivida lungo meandri labirintici senza uscita. Se a qualcuno mancava il tremito della tensione viscerale degli esordi marcati Gus Gus, il rifugio più consono è la calda e rassicurante miscela esplosiva di “24/7”.

(8)

recensione di Alessandro Biancalana

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