martedì 11 gennaio 2011

Christian Prommer: "Drumlesson Zwei" (Studio !K7, 2010)



Strumentista di valore inestimabile e sapiente autore di remix, Chrstian Prommer con il progetto Drumlesson pone le basi per una delle serie più emozionanti in ambito elettronico. La sua idea, già concretizzata con il primo volume pubblicato nel 2008 su Sonar Kollektiv, è quella di reinterpretare dei brani elettronici di forte impronta ritmica con piglio jazzistico disumanizzato, trasformando la fisicità calcolatrice delle macchine con un passionale alternarsi di strumenti acustici e piccole intrusioni elettroniche.

Sotto la sapiente supervisione e collaborazione di Peter Kruder, Prommer scarnifica i brani scelti fino a renderli scheletrici, essenziali. I tempi spesso dilatati, matematici e cadenzati, donano un delizioso profumo prog-jazz  speziato da pattern ritmici quasi house, confezionando il tutto con un innato gusto per il beat travolgente. Non c’è manierismo né eccesso di ossequioso rispetto, anzi, le tracce conducono spesso in un travolgente intreccio di moog, percussioni e battiti, componendo mantra allucinogeni. La scelta dei pezzi denota gusto e passione: si parte con i miti techno Carl Craig e Laurent Garnier, passando per il mago delle tastiere Jean-Michel Jarre, fino all’asso della deep-house Dennis Ferrer.

Mistiche collusioni fra ritmi e melodie formano ballate lisergiche dall’infinita grazia strumentale (fascino e malia in “Sandstorms” di Carl Craig, splendori cinematici nella conclusiva “Sandcastles” di Dennis Ferrer), mentre miasmi balearic-house offuscano il campo con lunghe digressioni (fluorescenze tropicali in “Groove La Chord” di Aril Brikha, calma serafica per “High Noon” di Kruder & Dorfmeister). Quando il beat viene lasciato andare senza freni i risultati sono esaltanti (le ombre noir dell’orrorifica “Isolated Syncopation” dello stesso Prommer, le bordate di bassi in “Acid Eiffel” firmata da Laurent Garnier) e riesce a mostrare la purezza del tono timbrico con carnalità quasi atavica. C’è spazio per episodi più propriamente future-jazz o prog-jazz, comunque ben assemblati e godibili, fra cavalcate sulfuree (“Sleepy Hollow” di Stefan Goldmann), strambi tintinnii (il quasi post-rock a suon di piano e xilofono in “Oxygène IV” di Jean-Michel Jarre), per concludere con la frenesia luciferina nell’accoppiata “Jaguar Part One” e “Jaguar Part Two“ - firmate originariamente dal trio Mike Banks, Gerald Mitchell e Roland Rocha - vero manifesto del disco e abisso di svisate al limite dell’immaginabile, fra arabeschi di moog e sequenze e sub-sequenze di piani ritmici indiavolati.

Consigliato agli amanti del ritmo primordiale, “Drumlesson Zwei” è una panoramica ampia di ciò che l’elettronica ha saputo offrire in questi anni, regalando una nuova prospettiva ad alcuni episodi che hanno segnato un’era. Alieno dalla compilazione di raccolte anonime e senza nerbo, Prommer ha realizzato con perizia e inventiva non comuni un album vibrante, carico di vigore e spinta innovativa.

(7,5)

recensione di Alessandro Biancalana

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