martedì 14 maggio 2013

Lusine: "The Waiting Room" (Ghostly International, 2013)















Nonostante la freschezza della proposta e l'attualità di una musica fortemente immersa nello scenario elettronico attuale, Jeff Mcllwain aka Lusine è attivo da tredici anni. Infatti, "L'usine", esordio fortemente influenzato dall'ondata IDM, vede la luce nel 1999 e lascia in calce suggestioni di notevole spessore. Con dieci album, svariati EP e molti remix, il nostro ha saputo mantenere alto il suo stile colorato e pieno d'ispirazione, mostrando gusto e sagacia compositiva.

"The Waiting Room" è il decimo album e viene dopo la sbornia electro-pop di "A Certain Distance". Il disco uscito nel 2009 mostrava un animo pop asciutto, centrato, ispirato, contenente piccoli capolavori come "Two Dots" e "Twilight". Nonostante la formula non sia cambiata in maniera evidente, il tono delle nuove canzoni è più monolitico, sostenuto da ritmi più profondi, non tanto in termini di velocità ma di potenza sonora. Siamo di fronte a un disco di house-pop negli episodi cantati, mentre negli strumentali viene fuori un'attitudine più diluita, distesa e sviluppata, infatti, le durate non vanno mai sotto i quattro minuti e sforano spesso i cinque (punta massima l'assalto tech-house della finale "February"). Se "Lucky" splende come singolo di lancio (impossibile da non notare la perizia nei ritmi, cantata da Vilja Larjosto) pezzi come "On Telegraph" impressionano per la densità sonora, mostrando i muscoli senza mai sforare il limite della ricercatezza.

C'è mestiere e talento, c'è una sviluppata capacità di fare le canzoni con la materia elettronica e si raggiungono vette importanti - anche dal punto di vista delle suggestioni - con la leggerisima "Without a Plan" che si piazza al confine tra i motivi armonici dei furono Postal Service e un immaginario elettronico quasi j-pop. Ma è la visione complessiva del disco che mette in luce le capacità di Mcllwain maturate in una visione sempre personale ma mai ottusa, un produttore a volte distante dalle luci dell'hype ma in grado di costruire un percorso e un tratto distintivo che lo rende - nonostante la produzione più che prolifica - ancora in grado di regalare album di grande pregio come questo "The Waiting Room".

(7)

recensione di Alessandro Biancalana e Alberto Guidetti

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