lunedì 27 maggio 2013

Christian Löffler: "A Forest" (Ki Records, 2012)
















Maschio, tedesco, pieno d'incantata ispirazione elettronica, Christian Loffler lascia al 2012 un album immeritatamente ignorato. Rare le notize su di lui, essendo poco più che ventenne il suo curriculum è decisamente esiguo. Ciò che si legge dalla sua biografia riguarda l'età in cui ha iniziato a comporre musica - quattordici anni - e il luogo di nascita, una sperduta regione teutonica, presumibilmente immerso nel verde e nella malinconia della campagne nord europee. Una perfetta storia per un talento esordiente, talmente inflazionata da lasciarci incantati ogni volta.

La musica di Loffler è un ambient-techno di stampo classico, battito dolce e mai pompato, tappeti di synth delicati, molta empatia melodica e tanto, tanto talento. La differenza la fanno i suoni, i quali, passando da una semplice nota ripetuta o a un rumore, fanno compiere un passo decisivo a ogni traccia, rendendola da buona a eccellente. Un esempio è "Pale Skin", placida e candida fiaba techno mediamente efficace e positiva dal punto di vista formale, eccezionale nei particolari, con uno stralcio di tastiera, unito a una polvere di bit nella parte centrale, a rendere la composizione un sogno ad occhi aperti. Ed è questa preziosa ricerca a livello tonale a rendere l'album qualcosa di più di una buona prova, progressioni armoniche come "Signals" lasciano il segno perché non sono banali, introducono continuamente nuovi elementi e fanno capire quanto il ragazzo si sia sforzato di fare qualcosa di personale.

Sia quando decide di inserire l'elemento vocale (l'ombroso techno-pop "Eleven", la commovente "Feelharmonia"), sia quando i battiti per minuto si innalzano (il bel tiro secco e pulito di "Ash & Snow", l'anthemica "Field") i risultati non sono mai scontati e banali, bensì di grande pulizia e fantasiosità. Chi ascolta questo settore della musica elettronica sa bene quanto sia difficile fare qualcosa di differente o inedito, Loffler ci riesce quasi del tutto ed è per questo che gli va reso merito. Partendo da solide basi e scorpacciate di ascolti adolescenziali, il tedesco dà un tocco naif e spensierato a una musica che se presa troppo sul serio risulta essere una parodia di sé stessa.
La rarefazione dei pulviscoli in sottofondo di "Blind" mette in primo piano un'introspezione positiva e non catatonica, perfettamente inquadrata in un piano di costruzione del brano a dir poco perfetto. Il crescendo della voce campionata, unito a un tappeto di contrasti cromatici, toglie ogni dubbio sulla versatilità di un'ispirazione cristaliina.

Ed è la conclusiva “Slowlight, dopo la spoken-techno di "Swift Code" e i colori tenui in "A Hundred Lights", un trionfo di luci sintetiche e intrecci melodici miracolosi, a dare segno che l'album è concluso. "A Forest" sarà probabilmente lasciato da parte o dimenticato, tuttavia è compito di un onesto appassionato di elettronica dargli almeno una chance, lo sforzo potrebbe essere ripagato con un'intensa soddisfazione sensoriale.

(7,5)

recensione di Alessandro Biancalana

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