domenica 30 novembre 2014

To Rococo Rot: "Instrument" (City Slang, 2014)















Dopo quasi cinque anni di assenza, gli alfieri del post-rock cibernetico tornando a pubblicare un album dopo il discreto “Speculation”. In questo periodi i tre componenti non si sono per niente riposati, bensì hanno coltivato gli svariati progetti paralleli di cui sono titolari. Se Stefan Schneider ha intrapreso una proficua collaborazione con Hans-Joachim Roedelius – storico membro dei Cluster - in due discreti album (“Stunden”,”Tiden”), Ronald Lippock ha essenzialmente continuato il percorso dei suoi Tarwater (di recentissima pubblicazione “Adrift”), mentre l'altro fratello Robert ha lavorato ad un album solista del 2011 -“Redsuperstructure”-, un ottimo centrifugato di glitch, techno e ambient.

Giace un po' di nostalgia fra le note di “Instrument”. Pensare ai tempi in cui album come “Hotel Morgen” o “The Amateur View” ricoprivano tutte le copertine delle riviste del settore gioca a sfavore del collettivo tedesco, il quale non ha mai mutato la qualità della musica, proponendo sempre interessanti variazioni al tanto caro post-rock elettronico. Nonostante ciò le intuizioni dei berlinesi (come degli altrettanto fondamentali Kreidler) sono state la base del successo di tante altre derive più o meno riuscite dell'elettronica degli ultimi dieci anni, dettando le basi per tanti sviluppi successivi. Tuttavia, il grande merito della band è stata una grande dedizione alla loro musica, la completa estraneità ai trend e una consueta efficacia nei live. Da sottolineare il particolare sodalizio con il folle sperimentatore Arto Lindsay, il quale si occupa di produrre l'album e di cantare ben tre pezzi.

Dunque fra classici episodi electro-pop impreziositi dalla voce di Linsday (il buon incipit “Many Descriptions”, le discrete strutture pop di “Classify”) e le bordate di basso (l'imponente “Besides”, il bel tiro della jazzata “Baritone”), vengono fuori i To Rococo Rot di un tempo in vari episodi esemplari. C'è l'imbarazzo della scelta fra motorik scalcianti (la preziosa “Down In The Traffic”),  sperimentazione tonale da antologia (“Spreading The Strings Out”,”Pro Model”) e candide suite dal sapore crepuscolare (“Gitter”). Il tutto è condito costantemente da una sensazione di precisione e raffinatezza, come se tutto fosse perfettamente rifinito e calcolato fino nei minimi particolari.

Con la “solita” dimostrazione di maestria declinata con un taglio tutto personale, coadiuvata dal tocco folle di un personaggio come l'ex frontman dei DNA, i To Rococo Rot ribadiscono la loro posizione di prima importanza nel panorama europeo della musica strumentale d'avanguardia. Siamo solo in attesa di nuovi ed inaspettati sviluppi.

(7)

recensione di Alessandro Biancalana

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