giovedì 16 novembre 2006

Anoice: "Remmings" (Important, 2006)
















ci sono quei dischi di cui ti innamori subito al primo ascolto, che ti capitano nella vita e te la cambiano improvvisamente. ti costringono a farsi ascoltare e tu non puoi farne a meno. poi magari c'è anche legata un'emozione particolare, una promessa, un frangente, delle parole. ed allora è proprio il caso di dire che diventano parte di te, si uniscono indissolubilmente all'animo. questo è per me remmings.

formazione tutta giapponese gli anoice, un'opera venuta fuori quasi per caso, scoperta grazie al consiglio di un amico, mai così amata. le coordinate artistiche si collocano intorno al post-rock dei Rachel's, la genialità di certe composizioni di Arvo part, la magia che possono regalarci i migliori sigur ros.

le canzoni sono 9 e alternativamente c'è un non-titolo, il famoso Untitled.

Untitled 1 è piccolo ricamo melodioso, vaghi tocchi di piano si stagliano sul sottofondo, un'atmosfera sognante, screziata, deliziosamente elegiaca si crea e si dipana progressivamente. Suoni ondulati, delicati. Piccoli tocchi di tastiera sul finale ricamano un acquerello che pare mal definito, appena accennato. Mai così compiuto nella sua incompletezza.

Aspirin Music soppianta il silenzio attraverso una struttura composta da basso, violino, piccoli ricami elettronici. La batteria, sovente, sostiene un minimo di ritmo, si scatena in attimi di panico, si calma con lentezza e tatto. Ed allora le chitarre scappano veloci e impazzite, il piano mette insieme quelle due-tre note che scrosciano violente, gli archi avvolgono con il loro manto sensuale, brandelli di melodia qua e la si presentano con un'apparizione fugace e sfuggente. Ancora, la batteria, concorre e partecipa in un finale pieno di rumore melodico.

Untitled 2 spezzetta e taglia un motivo possibilmente regolare, raccoglie i brandelli rimanenti, li giustappone secondo un ordine non ben definito, li presenta così come sono. Glitch-erie assortite, timbri ovattati, silenziosi. Un ambiente nero e oscuro si figura davanti agli occhi, un piccolo puntino bianco nel cielo rappresenta una stella, l'unico suono che rimane costante fino all'ultimo, stremato, ma sopravvissuto.

Kyoto riprende il discorso strumentale, iniziando il suo corso con un sibilo pungente, si fa accompagnare da una coppia di suoni discordanti, quasi rivali. Se da una parte il piano è scostante e umorale, fra picchi di emozionalità e toni sordi, la tastiera è graziosa, soave. Il sopraggiungere degli altri strumenti assalta l'ascoltatore, visto che i rimbombi della batteria sono aggressivi, il violino lacera con le sue note casuali. ma quella tastiera, la sua tendenza al timbro suadente, aggiunta ora a un altro strumento non ben definito, ora al baccano d'alta quota del suono complessivo, si candida come il componente che fa più tremare il cuore.

Untitled 3 accoppia alla solita partitura di piano dagli angoli ben definiti, un drone ciclico e ripetitivo, ossessionante, le solite due anime messe in contrapposizione, bellissime proprio per questo, bellissimo a sua volta il risultato finale, l'effetto complessivo, attraente e meschino.

Liange è una ballata minimale e crepuscolare, sostenuta da languidi attimi di suono amatoriale e caldo, rassicurante. Il rifugio per ogni cuore disperso.

Untitled 4 incrocia, come due serpenti si attorcigliano con forza, il regolare andamento di una chitarra decadente, e un proliferare di suoni che paiono sibili, scrosci, delizie, punteggiature, virgole, infinitesimali, appena percettibili, importanti proprio perchè minuscoli.

Eppoi arriva il pezzo simbolo del disco, dove la componente emozionale, gentilmente repressa nelle tracce precedenti, si fa viva e straripa con forza impressionante. The Three-Days Blow è un sogno. un sogno che parte piano e si carica addosso sensazioni nascoste, gongola tra un un piano suonato con delizia, note di chitarra ancora lontane e "piene", suoni "ambientali". Il violino, strumento cardine della composizione, inizia adagio, senza fretta. Poi, senza preavviso, inizia la melodia più bella che c'è. Un flusso continuo, che colpisce, non può far rimanere indifferenti, lascia senza parole, quelle che mancano a me per descrivere questi attimi. basta soltanto mettersi in silenzio in una stanza tutta nostra, ascoltare, lasciare andare le note, senza sforzarsi di capire e goderne. Fra attimi di (e)stasi e un finale concitato, in cui tutto il gruppo mette insieme un elemento, ognuno importante in egual maniera, i sei minuti scorrono veloce veloci, depositano sul fondo di ogni mente un sedimento indelebile. Una composizione magistrale, perfetta, amabile.

Conclude Untitled 5, il pezzo più posato e gentile di tutti e 9, dove la solita componente di piano viene affiancata a un'impalcatura elettronica, mai invadente, perfettamente coesa con tutti i suoni che si creano eppoi sfuggono, che appaiono eppoi si dissolvono.

il disco che può seriamente scalzare ogni altra opera presente nel 2006, addirittura anche la mia Caroline, almeno per ora, almeno in questi attimi. spero davvero che tutte queste mie parole possano servire a far innamorare tanti fra di voi.

6 commenti:

  1. eh sì, credo sia proprio il caso di recuperarlo... :-)

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  2. volevo dirti ke mi sono spulciato il tuo blog e sto scaricando dal mulo come un pazzo gli album ke hai recensito..complimenti

    ciao

    cogitabondo

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  3. sono davvero contento che tu abbia apprezzato i miei articoli..

    purtroppo negli ultimi tempi posso scrivere pochissimo causa studio..

    ma prometto che il prima possibile scriverò di molti dischi che mi hanno impressionato in questo 2006, e non solo.

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  4. questo album sta riscuotendo ottime impressioni un po' ovunque..

    e ciò mi rende proprio felice.. ^_^

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