martedì 31 gennaio 2012

Kreidler: "Tank" (Bureau, 2011)

 

Cantori di un modo di fare musica ormai dimenticato, in oblio rispetto alle varie mode tanto in voga nel mercato indipendente, i Kreidler tornano sulla lunga distanza dopo qualche anno di assenza. Proveniente da un nutrito nucleo di artisti tedeschi della stessa generazione, la band di Berlino ha in comune diversi componenti con un'altra formazione di fondamentale importanza: i To Rococo Rot. Fin dal primo disco "Weekend", l'originalità della proposta fu subito lampante. Si sprecarono definizioni come "post-rock senza chitarre" o "kraut-rock aggiornato ai tempi moderni". La verità sta nel mezzo, perché se da un lato è vero che l'arte dei Kreidler amalgama con saggia maestria gli stilemi del post-rock e del kraut, dall'altro è importante sottolineare quanto lo spirito delle composizioni sia indistinguibile e unico. Sostenuto da partiture di archi, linee di basso, o pulsazioni elettroniche, ogni pezzo gode di una vitalità rara, mosso da un animo solitario, condotto da logiche astrali e magiche.

"Tank" è composto da sei tracce e ricalca solo in parte il passato, sviluppando l'anima kraut che ha sempre risieduto nella musica della band tedesca. Fra le tante variazioni sul tema, l'album che più si avvicina al presente è "Appearance And The Park", in netto contrasto con le angeliche divagazioni barocche di "Eve Future Recall". Dove solide basi ritmiche costituiscono l'ossatura, gli arabeschi elettronici riescono e dipingere melodie incantevoli e ammalianti, coniugando la glacialità matematica di basso e batteria con l'ariosità del synth. Fra queste note è facile riconoscere i fondatori del kraut-rock, il famoso motorik che ha reso celebri band come Can e Neu!, stando un poco più attenti troverete nell'incedere delle partiture elettroniche il sapore di una malsana miscela fra la fredda e scientifica perfezione dei ritmi dei Kraftwerk e le pulsazioni di certa elettronica europea d'inizio decennio (Boards Of Canada e similari).
L'imponenza di certi nomi ha un valore duplice, infatti, se da una parte l'ambizione nel raggiungere tali obiettivi è quantomeno lodevole, dall'altra la tentazione di strafare può portare a risultati confusi e poco centrati. Tuttavia i Kreidler si sono sempre distinti per la misura e la precisione con cui hanno assimilato tali ingombranti riferimenti, dimostrando ad ogni loro uscita una consapevolezza tale da raggiungere il perfetto equilibrio fra innovazione e ossequioso rispetto. La semplicità di pochi elementi ben giustapposti è la cifra stilistica con cui, attraverso metodi e strumenti diversi, i quattro tedeschi sono riusciti a comporre un qualcosa di inimitabile.

Staffilate metronomiche di synth compongono la colonna sonora per un film horror epico ("New Earth", trascinante e mistica, "Jaguar", sorretta da qualche linea elettronica), mentre gli episodi dalle cadenze più robotiche si adattano meglio a qualche b-movie fantascientifico con essenze meccaniche per protagonisti (i ritornelli di plastica in "Evil Love", le pulsazioni strazianti di "Gas Giants"). Dove il duo basso-batteria prende il sopravvento la perfetta sintonia fra ritmo e soave dolcezza delle melodie non perde di tonicità, come nelle impressionanti accelerazioni di "Kremlin Rules" o fra le strutture spastiche in "Saal".

Adatti a un'epoca diversa dall'attuale, immersi in un mondo tutt'altro che convenzionale, i Kreidler, con la coesione che li ha sempre contraddistinti, disegnano un ulteriore passo in avanti sul loro percorso artistico, aggiungendo elementi a una formula già di per sé immacolata, dimostrando che una musica semplice e vivida può sorprendere più di complessi calderoni inestricabili.

(8)

recensione di Alessandro Biancalana

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