mercoledì 2 gennaio 2013

Susanne Sundfor: "The Silicone Veil" (EMI, 2012)















Reduce da un 2011 di discreta notorietà, frutto di un vasto tour seguente allo splendido “Brothel”, Susanne Sundfor torna a un solo anno di distanza con “The Silicone Veil”. Forte di una straordinaria vocalità angelica, la norvegese propone qualcosa di leggermente differente rispetto all’esordio, mischiando le carte e mettendo a nudo le viscere di un talento infinito.

Se “Brothel” mostrava un’anima flebile con canzoni sussurrate in un mare di silenzio, “The Silicone Veil” rappresenta un urlo liberatore, un volo iniziatico, un’opera che svela appieno tutte le potenzialità del cammino precoce di Susanne. Quello che non è cambiato è l’elemento principale della musica proposta: la voce. Fra le ugole più cristalline e policromatiche del panorama indipendente, la ragazza  mette a frutto ciò che la natura le ha donato cucendosi addosso canzoni che valorizzano le sue corde vocali, emozionando fin dai primi vocalizzi di “Diamonds”. Non si ha a che fare con un’esposizione fine a sé stessa da parte dell’artista, né tantomeno con mielosi soliloqui vocali, bensì una dimostrazione di maturazione compositiva, la quale ha aiutato a progredire verso una compiutezza perfettamente calibrata con le capacità maturate fin dall’esordio.

Ispirata alle opere soliste di muse dark d’altri tempi (basti ricordare Diamanda Galas), la norvegese attinge da varie fonti di ispirazione per un risultato di difficile decifrazione. Nonostante la sua voce non sia esattamente di una dark-lady, le atmosfere sono tutt’altro che salvifiche o solari, anzi, sentendo canzoni come “Rome” , “White Foxes” o “When” il contrasto fra l’apparente malinconia delle melodie e l’esplosività colorata del cantato crea un forte disagio. L’ efficacia di tale scelta – miscelare due registri emotivi all’interno delle canzoni – permette all’artista di interscambiare le partiture classiche a lei care (la splendida “Stop (Don’t Push The Bottom), lo strumentale “Meditation In An Emergency”) e l’uso dell’elettronica (le quasi pop-song “Among Us” e “Rome”) in un connubio che in sole dieci tracce seduce senza vie di mezzo. Avendo così tante cartucce nel suo arsenale, la ragazza può permettersi il melodrammatico con un piano-voce flebile e tagliente (“Can You Feel The Thunder”), o il tono angelico con l’accompagnamento di sola arpa e poco più (le vette celestiali della title-track), per finire con il synth-pop disturbato di “Your Prelude”. Ascoltando le canzoni di questo disco pare di toccare le fiamme dell’inferno e contemporaneamente volare verso le sconfinate lande del paradiso; tale discrasia genera una potenza espressiva capace di sconvolgere gli equilibri emotivi di chiunque.

Dimostratasi artista di levatura superiore oltre ad essere stata baciata dal tocco beato di madre natura, la norvegese pare all’inizio di un cammino di cui “The Silicone Veil” è solo un breve passo. Capace di solcare e superare paragoni ingombranti e steccati predisposti dal luogo comune della “bella che canta bene”, Susanne Sundfor saprà spazzare via tali pregiudizi con la forza dei risultati e dalla bellezza della sua musica.

(7,5)

recensione di Alessandro Biancalana

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