Tornati in ballo dopo quattro anni dal buon “Speculation”,
i tre tedeschi To Rococo Rot sbarcano in Italia per presentare il nuovo
album “Instrument”. Già stati a Bologna anni fa, la band teutonica
conferma l'assoluta validità di una musica che pare in questi anni un
po' sfiorita a livello di interesse discografico. Alfieri di quel
post-rock (per non parlare dei fondamentali Tarwater) debitore tanto al kraut-rock quanto all'elettronica, i fratelli Lippock e Stephan Schneider mettono in ballo uno spettacolo live di assoluto valore.
La simpatia un po' impacciata di Robert Lippock
funge da intermezzo fra le varie esecuzioni in cui ritmo, melodie
cibernetiche e atmosfera, si fondono in maniera magistrale. Dove il
batterista Ronald batte com un metronomo fra batteria classica, hand clapping
e percussioni varie, il bassista Stephan fa da collante con un lavoro
encomiabile a livello di precisione ed efficacia. Il protagonista di
tutto il suono che ne risulta è ovviamente Robert Lippock, il quale
sfigura le basi dei pezzi preregistrati con varie manipolazioni live ed
effetti di altissima resa. Fra pezzi dell'ultimo disco – il quale si
avvale della collaborazione di Arto Lindsay
in cabina di regia - e riesumazioni varie nel vasto repertorio più che
decennale, i tedeschi danno una lezione a molti artisti più giovani su
come comporre ed eseguire suite strumentali praticamente perfette. I
reticoli electro a metà fra techno, IDM e glitch-music sono il perfetto corollario ad una struttura ritmica che è a conti fatti un rigurgito del kraut-rock classico dei vari Can e Neu!, il tutto si presenta in assoluta armonia, senza forzature di nessun tipo e con un livello di coinvolgimento molto alto.
Con
una durata che si aggira in torno all'ora e mezzo – compreso un encore
di due pezzi – i tre reduci da un'era che pare lontanissima, hanno
ricordato che pure uno stile fuori moda può donare emozioni fuori dal
comune.
recensione di Alessandro Biancalana
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