lunedì 7 aprile 2008

Breeders: "Mountain Battles" (4AD, 2008)



Il 2008 sembra profilarsi come l’anno dei grandi ritorni. Prima l’eclatante riesumazione dei Portishead, poi i mistici Chandeen e ora una band mitica dell'indie-rock, le Breeders.

L’ultima traccia che avevano lasciato di sé negli ultimi anni era stata l’album “Title Tk”, pubblicato sei anni fa. Dopo un capolavoro d’indipendenza luciferina quale era stato “Last Splash”, non fu per niente facile replicare lo stesso risultato in termini di prorompenza e coesione. Infatti, risultò una prova un po’ stanca, la classica ultima tappa di una band in crisi d’ispirazione.

Il tempo lava via indecisioni e risana menti prosciugate, questo è noto. Nel 2008 un disco delle Breeders potrà sembrare operazione anacronistica e fuori tempo, magari pure un mero tentativo per batter cassa. Tutto ciò è teoricamente possibile, però “Mountain Battles” spacca in due ogni dubbio dal punto di vista del valore musicale. Il disco, infatti, rinverdisce vecchi fasti rockeggianti; le sorelle Deal dimostrano di saper ancora sputare dalla loro inventiva compositiva pezzi al fulmicotone, esplosivi, tassativamente sotto i tre minuti, roba da far saltare sulla sedia qualsiasi appassionato di rock nel senso stretto del termine. D’altronde, una band che annovera (o ha annoverato) collaboratori del carisma e spessore di Steve Albini e Tanya Donnelly (ricordate i Throwing Muses, vero?) deve aver dentro di sé la capacità di reagire al cospetto del tempo che passa inesorabile.

L’inizio è subito spiazzante e senza compromessi. “Overglazed” stampa con la sua esuberanza ritmica un manifesto vecchio ma non stantio; l’urgenza espressiva spunta già da un incipit così immediato: semplice, diretto, cantato con trasporto, atmosferico. Insomma, già da qui si capisce che non siamo di fronte a un'operazione opportunista, ma a un’entità pulsante, frammentaria, incoerente e deliziosamente malata. Splendidi esempi di elettricità malsana si susseguono con continuità (“Bang On”, “German Studies”  ), minuscole danze folk mettono in risalto la voce corrugata ma sempre efficace di Kim Deal (“Night Of Joy”, “We’re Gonna Rise”, “Spark”).

A tratti la formula pare evoluta con risultati alterni anche se encomiabili, il rallentatore di “Istanbul” risulta quasi amatoriale ma seducente, la tesa “Wake It Off” si erge a inno dell’opera per enfasi melodica. Il cantato spagnolo di “Regalame Esta Noche” regala vivacità nella parte mediana del disco, capace anche di aggiungere un colpo country-folk di grande effetto come “Here No More”.

Nella parte finale, l’opulenza la fa da padrone, con la grassa e marcia “No Way”, sorretta da un giro di chitarra flemmatico, la zuccherosa “It’s The Love” e la title track, splendido epitaffio stravagante ed essenziale, sublimazione ed ennesima conferma del valore di questa band, con il lento crescendo della voce e le gelide distorsioni che virano verso territori inusuali.

Conclusosi con clamore e inaspettata rilevanza, “Mountain Battles” si svela tappa importante per un collettivo che pareva messo in soffitta da tempo immemore, altro sviluppo e valido corollario al computo finale, un semplice ed inafferrabile disco di canzoni sguscianti, dal fascino irresistibile e senza tempo.

(7)

recensione di Alessandro Biancalana

2 commenti:

  1. Non te l'ho mai fatto e visto che oggi ho tempo (stranamente), ti facci o i miei complimenti per le recensioni (perchè le tue non sono semplici segnalazioni) e per il blog. Penso sia quello con le migliori topine in bella mostra. Un vero spettacolo. Saluti, Addison.

    RispondiElimina
  2. ciao,



    grazie per i tuoi complimenti.. :-)



    spero che le mie recensioni ti abbiano permesso di scoprire nuova musica..

    RispondiElimina