lunedì 22 maggio 2006

Pinetop Seven: "Beneath Confederate Lake" (Empyrean Records, 2006)


















La creatura di Darren Richard continua ad evolversi e cambiare pelle con continuità.

Una formazione difficile da inquadrare: quando sembra di aver di fronte un complesso di musica country, spunta una canzone folk-rock toccante, quando siamo convinti che l’atmosfera sa di jazz notturno, il tutto si trasforma in qualcosa di misterioso e oscuro.

L’album “The Night’s Bloom” (pubblicato nel 2005) rappresenta uno dei lavori di musica americana contemporanea più belli e signifiticavi degli ultimi anni, fondendo l’amore per i suoni tradizionali con la voglia di sperimentare vie impervie e inusuali.

Dalle sessions di questo disco vengono lasciati da parte dei pezzi di prima qualità.

La maggior parte della scaletta è dedicata proprio a queste gemme dimenticate, con l’aggiunta di qualche rarità lasciata per strada, durante la carriera dell band.

S’inizia con lo strumentale sbarazzino e danzante di “High On A Summer’s Tree”, proseguendo a passi lenti con la ballata d’altri tempi di “The Western Ash”.

Un folk-rock venato da spettri di un country antico cesella una canzone dalla bellezza cristallina (“Two Dead Men In A Vermont Graveyard”), il banjo disegna simpatiche linee melodiche in un bocciolo di fiori primaverili (“Lewis & Clark, Pt.1”).

Pensieri indelebili di un’America mai dimenticata nella successiva “Canteen”. Soprattutto in questo episodio si capisce quanto Richard voglia esprimersi al massimo delle sue possibilità compositive, ibridando varie influenze e/o generi. La band a suo servizio non timbra solamente la presenza ma si impegna per costruire una struttura strumentale composta di fantasia, colori ed emozioni.

“Hurry Home Dark Cloud” è forse la più bella canzone mai scritta da Darren, un crescendo chitarristico contrappuntato da un tintinnare di archi taglienti, percussioni metalliche, un piccolo banjo in sottofondo che suona forsennato. La voce è il canto di un menestrello medievale, danzante davanti al suo padrone impaziente di sentire una storia epica.

Una favola intrisa di malinconia e amore dona attimi di emozione (“The Promise And The Dream”), gocce di ritmo arcane sono una pioggia di dolore (“Fadograph Of A Yestern Scene”), la canzoncina per una serata calda e l’afa nell’aria (“Afterthought”).

La title-track è un’ulteriore conferma del valore di questa raccolta, nonostante sia tratta da materiale “scartato”. Un coro sferza l’aria con decisione, l’andamento vagamente rallentato conferisce a tutto il pezzo un qualcosa di indefinibile, un piccolo sentore di piacevole mistero ci possiede mentre le note prendono il largo.

Dopo l’ennesimo bozzettino dove il banjo punteggia colori nel cielo (“Lewis & Clark, Pt. 2”), la conclusione spetta alla canzone più felice del disco (“Downstate”). La fine perfetta per un viaggio fra le trame di un mondo sperso e dimenticato, una chitarra malandata e un cielo sereno, con il sole splendente.

(7)

recensione di Alessandro Biancalana

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