lunedì 18 maggio 2009

Barbara Morgenstern: "BM" (Monika, 2008)





La carriera solista di Barbara Morgenstern giunge a compiere dieci anni con il rilascio di un album passato in sordina fra gli appassionati. Fin dalla pubblicazione, sul finire del 1997, del primo mini-album intitolato “Plastikreport”, l’artista ha sviscerato una materia trasversale, mescolando inclinazioni di tipica matrice tedesca (techno) con la sopraffina precisione del pop maturo dei grandi autori europei. Capaci di attraversare tendenze assorbendone le qualità, per poi abbandonarle subito dopo, le sue produzioni si sono distinte per una continua ricerca melodica, ritmica e tonale. La sua voce, attorniata da suoni secchi e concisi, riesce nell’impresa di far risultare piacevole il cantato in tedesco, usualmente non molto apprezzato al di fuori degli appassionati della lingua teutonica. Un’ugola dolce, minuziosa, a tratti perfino presuntuosa nella sua ricercatezza.

“BM” riassume e concentra tutti gli elementi della musica della Morgenstern compiendo un ulteriore passo verso la definitiva consacrazione. Se un disco come “Tesri”, in coppia con Robert Lippok, si faceva apprezzare senza esagerare, ancorato com'era ai canoni del pop elettronico tedesco, le nuove canzoni si slegano da un contesto risaputo per sbocciare in un campionario rigenerato da una revisione completa dei dettagli compositivi. L’uso dell’elettronica viene dosato con perizia, senza sovrabbondare, per decorare gli acquerelli della chitarra o del piano, evidenziando impegno e cura dei particolari. Le progressioni, spesso usate per sviluppare la trama melodica con delicatezza e tatto, sono un metodo sempre efficace, soprattutto negli episodi pop con una durata superiore ai cinque minuti. Da premiare su tutta la durata le splendide partiture di piano, mai troppo magniloquenti né invasive, raffinate e perfettamente calate nella fine atmosfera delle tracce (esemplare lo strumentale “Für Luise”, come del resto il piano-pop “Camouflage”).

Tutti questi componenti vanno a formare un puzzle difficilmente ripetibile, un vero mosaico realizzato a regola d’arte.

Policromie d’alta scuola si intersecano con risultati a tratti superbi (l’intreccio fra tastiere e piano di “Driving My Car”, duetto fra chitarra e vibrafono in “Come To Berlin”), il ritmo spesso nasce dal niente per poi tramutarsi in un’esplosione timbrica quasi orchestrale (da manuale “Reich & Berühmt” e “Deine Geschichte”). Il perfetto connubio fra classicità e moderno approccio al songwriting splende in tutto il suo fervore, giungendo a una quadratura del cerchio senza sbavature.

Gocce di melodia oppressa si distendono con risvolti ombrosi (la rarefatta “Jakarta”, le gracili strutture di “Hochhau”), l’acidità electro funge da diversivo per la parte centrale dell’opera (il techno-pop indomabile di “Morbus Basedow”, la corta “My Velocity”). Da incorniciare le tenere scuciture minimaliste della composizione senza voce che chiude il disco, un vago miscuglio di improvvisazione cameristica e sinistre influenze dark-ambient.

Rimasti altri colpi di coda dal sapore amarognolo (fendenti di violoncello in “Monokultur”, svisate avant-pop su “Meine Aufgabe”), non resta altro se non plaudire l’essenza di “BM”. Nonostante siano passati diversi mesi dall’uscita dell’opera, risulta doveroso riconoscere i meriti della Morgenstern, arrivata a un punto cruciale del suo percorso artistico, con un album che getta le basi per sviluppi ancor più sorprendenti.

(7,5)

recensione di alessandro biancalana

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