lunedì 11 maggio 2009

Last Days: "The Safety Of The North" (n5MD, 2009)




A due anni di distanza dall’estatico “These Places Are Now Ruins”, Graham Richardson aggiunge un terzo tassello alle sue mutevoli esplorazioni ambientali, indirizzate stavolta verso un nord immaginario, richiamato nel titolo ma anche nelle composizioni, mai così suggestive e dischiuse a suggestioni tanto impalpabili quanto di pronta e immediata fruizione.

“The Safety Of The North” si presenta come l’album più lungo e complesso di Richardson, con le sue quindici tracce e oltre un’ora di musica; si tratta al contempo di un lavoro molto articolato, che insiste sul medesimo percorso di addizione e apertura a nuove sonorità che già caratterizzava il disco precedente, in relazione alla spessa imperscrutabilità dell’esordio “Sea”.

La maggiore apertura si sostanzia qui in una più decisa impostazione elettroacustica nella quale, accanto a flutti ambientali mai così eterei e incantati, affiorano in superficie melodie acustiche non più filtrate dall’elettronica, modulazioni da colonna sonora placide e sognanti e persino una vera e propria canzone, “May Your Days Be Gold”, impreziosita di ulteriore dolcezza dalla voce di Fabiola Sanchez dei Familiar Trees, che qualcuno ricorderà già dall’ottimo album di RF & Lili De La Mora.

Se appunto la presenza di un brano cantato rappresenta una novità assoluta nei lavori di Last Days, è almeno tutta la parte iniziale di “The Safety Of The North” a mostrare un incedere tiepido e sognante, nel quale le stratificazioni tra distinte note acustiche e fondali da raffinatissima ambient orchestrale disegnano brani dall’aspetto solenne e dai toni decisamente smussati.

Accanto alle immersioni in liquide profondità ambientali dai tratti notturni, ancora solcate da note pianistiche e – nella sola “This Is Not An Ending” – da residue distorsioni elettriche, sono invece numerosi i passaggi in cui il nord evocato dal titolo si congiunge con quello emozionante e onirico dei Sigur Rós, sovente evocati nei loro momenti più rarefatti lungo molti brani dell’album e in particolare nell’esile romanticismo della conclusiva “Onwards”.

La struggente malinconia che contraddistingue i titoli delle canzoni indica mestizia e raccoglimento interiore. Esempi come “Your Silence Is The Loudest Sound” o “Fracture” sottolineano con chiarezza questo concetto, concretizzando le impressioni attraverso un impegno contenutistico mirabile. In entrambe le composizioni il docile svolgimento della melodia rende impalpabile il tempo e il suo scorrere, spargendo scintille di emozione con la solita classe. Non si può certo parlare di “stile Last Days”, tuttavia non v’è dubbio che nel corso delle sue tre opere Graham Richardson abbia messo a punto una formula mutevole dal sicuro successo fra gli appassionati.

Non schematizzazioni imbolsite e furbescamente riproposte, ma uno spirito applicato alla fantasia, un profondo rispetto per la serietà artistica. Abnegazione e incanto sovente colgono l’ascoltatore senza preavviso (i contrappunti invisibili di “The Fields Remember My Father”, la grazia lirica dell’imponente suite “Missing Photos”), una docile ma acidula sensazione di solitudine traspare con prepotenza nel finale (l’elegiaca “You Are The Stars”, ma soprattutto la silente “Blue And White Flowers”).

Nonostante l’eterogeneità dei quindici frammenti, la sensazione dopo svariati ascolti è quella di confrontarsi con un unicum sorprendente, una opera compatta e uniforme, un monolite da vivisezionare in ogni sua sembianza con cura e perizia. Non sappiamo se ciò corrisponda all’intenzione dell’autore, in ogni caso il piacere sublime che promana da “The Safety Of The North” è in grado di trasportare in uno stato di immedesimazione empatica rara e accogliente. Proposito quanto mai ambizioso, ma appropriato per i cuori più adusi a questo tipo di percorsi e pure per quelli meno preparati, condotti per mano con sapienza attraverso territori immaginari di grazia avvincente.

(7)

recensione di Alessandro Biancalana e Raffaello Russo

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