lunedì 25 settembre 2006

Trespassers William: "Having" (Nettwerk, 2006)


















Che la musica, nelle sue diverse espressioni, riesca a trascendere lo spazio ed il tempo è premessa certamente scontata, ma per nulla superflua quando si tratta di accostarsi alla musica dei Trespassers William, band californiana giunta con “Having” al suo terzo album, che propone una formula musicale davvero fuori dallo spazio e dal tempo, non solo per suggestioni ma anche per palesi riferimenti artistici.

Non cessa di sorprendere, infatti, potersi immergere, nel pieno degli anni 2000, in atmosfere delicatamente dilatate, farsi accarezzare da un’eterea voce femminile, mentre moderati impeti chitarristici attraversano, rendendole concrete, raffinate sospensioni temporali create ad arte ed evocate dal fascino avvolgente di brani che raggiungono spesso un risultato quasi ipnotico. Insomma, non capita spesso di imbattersi oggi in una band americana, al cui ascolto il pensiero vada alla sognante wave britannica coagulatasi, almeno tre lustri addietro, in particolare intorno alle etichette 4AD e Creation. Ma i Trespassers William sono tutto fuorché nostalgici epigoni di quei suoni, poiché alla soavità femminea dei Cocteau Twins e al romanticismo incantato degli Slowdive – peraltro non meramente riprodotti, ma rielaborati secondo una sensibilità moderna e personale – uniscono una pienezza artistica derivante da esperienze e fascinazioni musicali molteplici, comprensive di richiami a strutture folk dilatate, al cantautorato fragile e intimista di Red House Painters e, soprattutto, al movimento rallentato delle composizioni dei Low, reso quasi impercettibile e ancor più dilatato dai Coastal, altra band statunitense che con i Trespassers William condivide coordinate artistiche e propensione per toni fiochi e ritmi sfumati.

Il sogno inizia a prender corpo con la fiaba intitolata “Safe, Sound”: la ciondolante voce della cantante trasporta le menti al di fuori della realtà, le flebili note di chitarra emanano melodia satura di rumore, l’atmosfera carica di tensione sembra implodere da un momento all’altro, mantenendo fino alla fine un’inquietudine repressa, donando attimi di delicatezza unici.

“What Of Me” ha un piglio più sommesso, sempre incentrato sulla voce estatica di Anna-Lynne Williams, il canto di un cigno bianchissimo e splendente. Pochissimi sono i suoi elementi: qualche accordo di chitarra, piccole linee di tastiera, una batteria dai tratti slow-core, finissimi rivoli di armonia stracciata e povera. Un brano per i pomeriggi uggiosi, da occupare con una canzone e lo sguardo rivolto verso l’orizzonte.

La netta formula espressiva della band viene poi arricchita con l’aggiunta di trattamenti elettronici appena udibili e di una drum-machine sottile e tenue in “Weakening”, ballata straniante e rarefatta, introdotta da loop circolari la cui essenzialità si trasforma ben presto in grazia melodica avvolgente e pensosa, sospesa tra i dubbi e le testarde certezze richiamate dal suo testo.

“Eyes Like Bottles” si scioglie in un deserto di melodia polverosa, mentre “I Don’t Mind” inizia soffice e dilatata, con una voce sempre più emozionale, sprofondando in un oblio di feedback chittaristico di piacevole ma discreta rumorosità.

E se avete bisogno di sognare, non resta che chiudere gli occhi ed ascoltare “Ledge”, abbandonando lo spirito a quel groviglio di note fioche, sospese a mezz’aria, colorate come non mai. Le parole decantate con tatto fanciullesco completeranno un paesaggio sonoro mai così rigoglioso, leggermente screziato da toni oscuri, solcato da un arcobaleno luminoso.

“And We Lean In” gira intorno a un accordo di chitarra estatico, l’atmosfera si fa pregna di pathos, le varie note si presentano con pacata dolcezza. L’incontro fra linee melodiche differenti, i piccoli rumori puntigliosi, quel modo di cantare splendidamente oscuro, ogni singolo particolare contribuisce a spedire i sensi verso il cielo.

Nelle ultime tracce è poi la sottile malinconia, latente per tutto l’album, a prendere il sopravvento: la voce di Anna-Lynne Williams si fa ancora più suadente, avvolta da un’impalpabile coltre armonica, appena solcata da un andamento ritmico soffuso e accurato: così, in “My Hands Up”, e soprattutto nel suo finale in crescendo romantico, emergono ancora più evidenti le stimmate dell’eredità dreampop/shoegaze, mentre in “Low Point” è una melodia cullante a segnare uno dei passaggi più rilassati del lavoro, nel quale tuttavia l’apparente serenità resta sempre venata da un’introspezione profonda e delicata al tempo stesso. E in tema di introspezione, è la successiva “No One” a toccare una delle vette d’intensità dell’intero album, in una ballata quasi immobile il cui fulcro è ancora la voce di Anna-Lynne che, contornata dagli archi e da pochi altri effetti in lontananza, declina con grazia infinita il topos della canzone d’amore secondo la sensibilità della band, a metà tra il sogno richiamato dalla prima parte del testo e la desolata consapevolezza di un verso come “no one can punish me like I do”.

A coronare un album così ricco emotivamente, nonché articolato per contenuto musicale, provvede infine perfettamente “Matching Weight”, i cui oltre dieci minuti di durata sembrano riassumere le caratteristiche fondamentali alla base dell’intero lavoro: la dolcezza mai stucchevole della forma canzone, le avvolgenti dilatazioni ambientali e le asperità chitarristiche affioranti qua e là. Sono in fondo questi tutti elementi ben noti e sviluppati, in un passato più o meno recente, in molteplici esperienze artistiche; ma non per questo “Having” è un album nostalgico o emulativo. Anzi, la sua maggior qualità risiede proprio nella sapiente e personalissima fusione dei suoi elementi, grazie alla quale i Trespassers William conseguono un risultato esteticamente incantevole, dando luogo a un’opera profondamente calata in un microcosmo fatato e impalpabile, racchiusa in un attimo che sembra infinito, capace di sfuggire dal nostro controllo come un mucchietto di sabbia svanisce su una mano, eppure tenero e reale come un caldo abbraccio.

(7,5)

recensione di Biancalana Alessandro e Raffaello Russo

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