lunedì 6 settembre 2010

CliffordandCalix: "Lost Foundling 1999-2004" (Aperture, 2010)



Da una parte una delle più coraggiose e ispirate interpreti dell’elettronica d’avanguardia internazionale: Mira Calix. Dall’altra una leggenda del pionierismo ambientale anglosassone degli anni 90: Mark Clifford. Se le strabilianti prove di forza della ragazza sono storia recente e ben nota, le prodezze di Mark sono tutt’altro che celebrate. Fondatore e leader dei Seefeel, la sua fama non è mai stata proporzionata alla bellezza della musica proposta. Oltre alla curiosità per il risultato di un’unione artistica così insolita, la vera notizia per gli appassionati sta nel ritorno alla pubblicazione ufficiale dopo molti anni da parte di Clifford.

“Lost Foundling” raccoglie varie session, eseguite dalla coppia dopo vari incontri susseguitisi nel tempo, la cui collocazione diacronica è indicata dall’anno di produzione, posposto al titolo di ciascuna delle tracce. Il contenuto, nonostante l’ampio arco temporale, risulta compatto e senza uscite di pista poco coerenti. Le potenzialità di entrambi i musicisti sono ben amalgamate in un album che propone una perfetta mediazione fra ricerca in ambito melodico/ritmico e momenti di candore sonoro estatico, nei quali la voce della Calix è il contrappunto ideale per gli scenari più disparati. L’onnipresenza del cantato contribuisce a mitigare scenari spesso ostici, mentre l’alternanza fra stasi e caos aiuta a diluire il contenuto fino alla conclusione. In termini squisitamente tecnici, siamo dalle parti di un pop ambientale che mischia in un gran calderone disfunzioni glitch, chitarrismo sognante, tappeti ambient e noise.

La già accennata varietà di toni permette di alternare interpretazioni vocali irriconoscibili (il magma sonoro attorcigliato di “Someone Like Me” e “Dream Of You” ammanta la voce della Calix donandole incisività) con deliziosi acquerelli serafici (la splendida “You And I”, l’intreccio inestricabile di synth per “One 2 Far”). Mentre il tocco magico di Clifford alla chitarra si rivela in tutto il suo splendore  (la psichedelica sospesa nel vuoto di “Beethaven”, il dream-pop mistico in “He Promised It All”, la corrosione metallica di “In Her Room”), si susseguono qua e là ossessioni ritmiche (i tribalismi oscuri di “Myrie”, la drum-machine sostenuta di “Pull It A Part 1”), brevi scampoli di ambient malsana (“Cket”, “Mintle”, “Alkaline”) e strutture pop più riconoscibili (“To Stay Changed Forever” possiede un fascino tormentato rarissimo).

In questa sede, siamo dunque obbligati a plaudire il sodalizio di “Lost Foundling”, poiché riassume con lodevole sagacia compositiva le varie influenze dei due musicisti. Considerando che siamo di fronte soltanto a degli assaggi sparsi nell’arco di dieci anni, la curiosità di ascoltare una sessione di composizione intensiva è molto alta.

(7)

recensione di Alessandro Biancalana

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