giovedì 29 giugno 2006
Melodium: "There Is Something In The Universe" (Disasters By Choice, 2006)
Una musica nata per caso.
La storia che porta questo adolescente mai cresciuto a comporre le sue musichette è molto tenera e singolare. Dall’età di 10 anni, con i pochi strumenti a disposizione, si è cimentato nel proporre i suoi sogni, i colori dell’arcobaleno, attraverso ingenui acquarelli elettronici. Acquisita esperienza con i propri giocattolini, e passato diverso tempo, all’età di 24 anni, entra in contatto con un certo Glen Johnson, sì, proprio lui, il front-man dei Piano Magic. Il fortuito “incontro” avviene attraverso la richiesta di un disco degli Isan, “Beautronics”, tramite l’etichetta di Glen (una sublabel della Rough Trade, la TugBoat Records). In contemporanea, Laurent, spedisce alcune cassette con i suoi motivetti registrati, tentando la fortuna. Il destinatario apprezza ed è in questo istante che inizia la carriera di Melodium, con il primo 7”, il meraviglioso “Rhythmi”.
Esplorando in lungo e in largo tutte le potenzialità espressive della commistione tra strumenti acustici e strambi trattamenti elettronici, in questi anni, Laurent, è riuscito a cesellare una delle formule più interessanti ed attraenti in un ambito così affollato e in crisi di sovrapproduzione. Attraversando con cautela ed attenzione i suoi tratteggi sonori si può percepire un qualcosa di tradizionale ma al contempo estraneo, una mistura di sensazioni differenti, piccoli rintocchi gentili, un soffio di freddo vento glaciale, caldi ritmi danzanti.
Particolarmente significativi, per quanto riguarda la produzione passata, il primo disco sulla lunga distanza “QuietNoiseArea”, e il recentissimo “La Tête Qui Flotte”. Due rigoli di rugiada freschissima, pungenti e dolci, pacati e timidi nel loro modo di entrare in contatto con le corde emozionali.
Concentrandosi sul disco in questione, c’è una prima cosa da sottolineare: è pubblicato da un’etichetta italiana, romana, per la precisione. La “Disasters By Choice”. Uno dei fondatori della label, Salvo Pinzone, si è interessato da sempre alla musica di Melodium, pubblicando diversi dischi anche in passato, supportando il musicista in fase di mixaggio. L’etichetta rappresenta una realtà di grande valore artistico nel panorama italiano, dimostrando come l’ambiente cosiddetto “indie”, nel nostro paese, non sia completamente assente.
L’opera è una scatola colorata che sprizza colori sconosciuti, quando si chiude su sé stessa, schiva e timida, quando rivela tutte le sue interiora, emanando melodie giocattolose e ripetitive, componendo la colonna sonora adatta a un mondo decorato da un mattino soleggiato e un pomeriggio mai troppo dolente nel dover lasciare spazio alla notte.
Le quindici tracce qui proposte contribuiscono nel creare un’atmosfera pacata e sognante, attraverso l’uso moderato e gustoso di manipolazioni elettroniche, un utilizzo mai eccessivo né disturbante, solo un elemento per rendere più intenso l'apporto dato dai tutti gli strumenti usati: la chitarra acustica, quella elettrica, qualche nota di banjo, varie percussioni elettroniche e non.
“Prologue” è un introduzione quantomai interrogativa, sorretta da dondolanti loop estatici, la successiva “The Plio-Scene Is Away” smembra il normale andamento di un accordo innocente e inconsapevole, sovrapponendo, mano a mano che il tempo passa, cigolanti timbri glitch, rumorini metallici, sibili soavi, gracili strutture minimali.
Soave motivetto primaverile in “Weird Voices Inside My Head”, decorato da un beat claudicante, reso lucente da una nota di chitarra che scappa veloce, lasciando dietro di sé una scia piena di colori vivaci.
Scoppiettio intermittente nella stupenda “Please, Destroy The Piano”. Un synth balzella come una pallina di gomma, scomposizioni synth-etiche sfasciano e ricuciono, implosioni elettroniche sconquassano tutto e niente. Un gioiellino guarnito da una patina rigogliosa.
Coppia di episodi ombrosi: rimbalzi di chitarra nella oscura “He Will Be Killed Tomorrow”, desolazione e ossessioni in “In A Complete Solitune”.
Appare la voce con un fare estasiato, attorniata da una musica inusuale e cullante (“You Are No One, Like Everyone”), singulti si fanno largo proliferando con velocità inimmaginabile in “Dragged Down Into The Bottomless Hole”.
Nella seconda parte del disco si sentono forti somiglianze con un artista dalle coordinate musicali simili, un altro francese, Montag. In episodi come “The Can't Get Inside Of You” o “The House Is Surrounded” si sente una forte volontà di ricerca, senza fossilizzarsi su certe linee melodiche già troppo battute. Inoltre, le similitudini con il conterraneo si fanno sempre più vicine, quasi avessero inconsapevolmente accordato di lavorare assieme.
Alto tasso di creatività nel finale, attraverso la sequenza di tre gemme a nome “I Know Is Crimes”, “Do You Remember That?” e “Of Course, I'm Guilty”. La prima effigia un ritmo schiamazzante, con ancora la voce a supporto, la seconda sfiora il limite della musica concreta, ibridando campionamenti e composizione tradizionale, la terza è un’amabile canzonetta scomposta.
Conclude con dolcezza e tatto l’amabile title-track, impreziosita da xilofoni, nastri in reverse, deliziosi rumorini con il sorriso smagliante.
“C’è qualcosa nell’universo”, recita il titolo. Ad oggi, l’unica stella meritevole d’aver luce propria è questa opera, silenziosamente attraente e velocissima, vagante nello spazio immenso.
(7,5)
recensione di Alessandro Biancalana
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