mercoledì 12 aprile 2006

Pillow: "Flowing Seasons" (2nd Records, 2006)

















 Nell'attesa del nuovo album dei Giardini di Mirò, esce per l'ottima 2nd Rec il debutto solista del tastierista della band, Luca Di Mira, sotto il moniker Pillow (da non confondere con l’omonimo gruppo post-rock belga).
Le otto tracce racchiuse in “Flowing Seasons” rappresentano senza dubbio un ottimo viatico all'attesa, visto che condividono inevitabilmente le ambientazioni sonore della band d’origine. Tuttavia, l’affinità è più concettuale che non sonora, perché in questo disco si ritrova sì l’attitudine alla dilatazione ed alla sospensione sonora vagamente acida, propria di GdM, calata però in malinconiche ballate dalle predominanti atmosfere autunnali di indie-tronica minimale, notturna e romantica. A ciò contribuisce una scrittura non banale, pur in un ambito ormai piuttosto battuto, ed una sensibilità compositiva aperta anche a più d’una piacevole divagazione, come i molti passaggi acustici, un pianoforte che suona solo e maledetto ed un’elettronica che si fa a tratti più presente, lasciando impronte decise in brani quasi sempre arricchiti dall’elemento vocale, che in due episodi (“Cut-out-and-keep Quarrels” e “Mixologists And Waifs”) si concretizza nel cantato fragile e sognante del cantautore tedesco Finn. 


Atmosfere battenti di offuscata felicità si fanno opprimenti nell’incipit di “Song For Beginning”, fra una drum-machine che sbatte ombrosa e una chitarra cristallina che emana colori ad ogni vagito. Un canto vagamente mistico e solenne, un coro femminile e quel tocco di oscurità ne fanno un principio dalla bellezza scontrosa.
“Cut-out-and-keep Quarrels” è una folk-song vagamente classica che viene puntualmente ammorbata dal trattamento sempre più invadente dell’elettronica, con una sdrucitura che strappa e lacera, un battito deciso e insistente, un piccolo errore è un puntino di tinta vivace che sprizza una gioia variegata.
“In Deep Sea” vira su un approccio molto più elettronico, abbracciando in sé un qualcosa che sembra una IDM atipica, con una miriade di archi che cesellano linee melodiche squisitamente dolci e raffinate. Uno spirito classico s’ibrida con una mente aliena, inevitabilmente scontrandosi, ma anche regalando attimi di pura catarsi sonora.
“Indecision” è un pop dal sapore amarognolo, con quel tocco malandato e claudicante, dei suoni pungenti si ripetono ciclicamente, una voce femminile canta una poesia straziante, gocce di ritmo spezzato sono trasparenti, bollicine digitali dondolano fra un cielo azzurro e una nuvola bianchissima.
“Mixologists And Waifs” è la conferma che tutto è realizzabile con ancora quell’aria classicheggiante che si libera nell’aria, lo xilofono che tintinna metallico, piccoli glitch punzecchianti. Pulviscoli di voce si librano nell’aria, toccando vette (ir)raggiungibili e misteriose.
“Tree Shadow” è uno strumentale talmente bello che viene da piangere, le note di piano sono delle stelle che solcano cieli lontanissimi, il cello taglia il silenzio con violenza inaudita, il beat elettronico fraseggia contorni ritmici dalle sembianze espressive.
“Thick Skin” è un organo che si distende pacifico e rilassato, un oblio di glitch che sporca un qualcosa di finemente costruito, la voce di Jacqueline Tune è un canto proveniente dal paese delle meraviglie, accordi sognanti effigiano una visione terrestre. 


La conclusione (“With The Passing Of The Seasons”) spetta a un qualcosa intriso di tristezza finemente corrosiva e deteriorante. Un vero e proprio crescendo emozionale giustappone secondo per secondo tutti gli elementi per una canzone semplicemente stupenda. Ancora il piano trasudante dolore, un fiato che starnazza ululante, il groove meccanico che si fa sempre più gelido e uno straziante anelito che, alla fine dei suoi giorni, lascia il posto al silenzio, terminando un qualcosa di perfetto.
Ce n’è abbastanza per considerare questo album di debutto non una mera divagazione dalla band d’origine, ma un lavoro che esprime compiutamente le capacità del suo autore, collocandolo con pari dignità accanto ai migliori interpreti delle oblique intersezioni tra musica elettronica ed emozionali ambientazioni acustico-romantiche.

(7)

Recensione di Alessandro Biancalana e Raffaello Russo

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