giovedì 23 marzo 2006



Caroline: "Murmurs" (Temporary Residence Limtied, 2006)


La splendida realta’ della Temporary Residence c’aveva gia’ abituato a una musica magica e sognante, deliziosamente apprezzabile. Da quel gioiellino ambient che e’ il disco di Eluvium, passando per gli storici Fridge (Four tet ne e’ il responsabile), fino ad apprezzare nuove leve come i Nice Nice e le conturbanti prove dei Tarentel.
Arrivati al 2006 arriva quasi in sordina, come una stella scintilla in cielo, il debutto di questa ragazzina, un angelo proveniente dal Giappone.
Originaria di Okinawa, consegue un diploma in una rinomata scuola d’arte musicali a Boston, nel 2003. Nonostante questo la sua casa e’ Los Angeles.
Le sue canzoni sono un candido cullare di suoni gentili e concilianti, la sua voce e’ una lacrima glaciale che scende da un viso angelico, un piccolo suono risplende fra i confini di un cielo sereno, un battito effigia minuscoli animaletti che saltellano per una foresta.
Un disco pop, quel pop straziato da una realta’ troppo limitante, una manciata di composizioni fuori dal tempo, un tripudio di sensazioni consolanti e toccanti. Il pianto di uno spirito celeste, il canto di un essere solitario e infelice, un sorriso fatto di letizia e amore, un suono che profuma come un campo di fiori rigogliosi.
9 pezzi di un cuore pulsante, parti di uno stesso modo di adorare gli attimi, frammenti di un pianeta fatto di dolcezza e candore.
Tutto inizia con un fiato che starnazza pomposo ed ingombrante, fra uno xilofono che tintinna spensierato, un suono di tastiera centellinato come le gocce di una medicina preziosa. La sua voce entra in gioco e il cuore inizia gia’a perdere colpi. Il suo afflato e’ assolutamente emozionale, un tono vocale d’altri tempi, fra una parola che vola alta fra le nuvole bianchissime e una frase che compare malinconica. Un tono metallico pare una pioggia che cade incessante, fra il sole splendente e un arcobaleno che colora il cielo. Battito digitale e finto sostiene un ritmo fiabesco, ancora quella tromba borbotta, frasi dai contorni arrotondati. Questa e’ “Bicycle”, e siamo solo all’inizio.
“Pink & Black” e’ una canzoncina per un prato soleggiato, un tepore primaverile e una giornata da passare fra un raggio di luce fastidioso e un filo d’erba profumato. Un andamento inizialmente sostenuto ci propone un brano timido e appartato, dal suono dream. Un’arpa riempie l’aria di schegge di cristallo, una percussione elettronica scalfisce con gentilezza, parole come ”i must confess I feel uneasy,
my cheeks weigh heavily” esprimono imbarazzo ed ingenuita’. Un improvviso scatto ritmico ci trasporta in una corsa verso l’orizzonte, ci conduce verso un obbiettivo inarrivabile, la felicita’, contrastata da un mondo pazzo. Un mondo gaio e triste, come ci dice sul finire. Una verita’ malcelata vieni fuori con pacata prepotenza.
Un piccolo pezzo di diamante trasparente si intravede ascoltando ad occhi chiusi “Sunrise”. Un’atmosfera incantata, una chitarra emana note celestiali, miseri tocchi d’un organo vibrante, dei cori lontani e sensibili, un rumore lontano si tramuta in deliziosa sporcizia di sottofondo. Un testo fatato ci insegna che e’ possibile sognare, ci e’ concesso immaginare un mondo fatto di oro, argento e gioia.
Giungiamo a uno delle canzoni piu’ emozionanti e commoventi degli ultimi anni.
“Where’s My Love” e’ un qualcosa di irrealizzabile con le parole. Voglio provarci a presentarla.
Una foresta di contrappunti tintinnanti fanno da anticamera a una visione onirica che si tramuta in realta’. Il desiderio d’amore, uno spasmodico bisogno di affetto. Quando la sua voce dondola spensierata, quando ci racconta il suo dolore e le sue inquietiduni, quando narra lacrime perse e strazianti. La musica e’ quanto di piu’delicato si possa sentire, stille di elettronica spumeggiano radiose, lo xilofono dipinge con tinte sfavillanti, un piccolo folletto saltella su una tastiera e ci rimangono le sue note soavi. Un miraggio sonoro fatto di splendore, incanto e magia fatata.
Si cambia completamente registro compositivo, con la movimentata “Everylittlething”. Un’inizio vagamente pacato si tramuta in miriade di sciabordate digitali, una sorta di IDM spaziale. Si rimane leggermente spiazzati davanti al cambiamento ma non dispiace.
Non è un passo azzardato, anzi, lo stile canoro è lo stesso, cambia il soltanto il contorno musicale, ed il risultato è perfettamente coeso e ben riuscito. Un ballo d’un gruppo di angeli con ali dorate, vesti bianche e capelli lucenti.
Dopo l’incursione in una dimensione ballerina, viene riproposta la solita suggestione sonora, con la seducente “All i need”. Una gemma che sa di spazio ed è colorata da screziature vivaci, uno luccichio inusuale la circonda. Parole come “My nose is pressed against the window of your heart, got lost in the maze that leads to you” esprimono una sorta di malumore sornione e una tristezza nascosta, come si costudisce un tesoro inestimabile. Una perlina dream-pop, sfumata da alcune intromissioni dolcemente invasive.
Piccoli ricordi scattanti e disturbatori si materializzano con la vibrante “Drove Me To The Wall”. Un sottofondo acquoso e scorrevole è affascinanante e cattura, carpendo i nostri sensi, una chitarra suona curata e accarezzata, una miriade di puntini sonori si generano ciclicamente, disorientando. La voce viene sdoppiata e dilungata, un vocalizzo si proietta in paradiso, il finale è un graduale sgretolarsi del ritmo e un progessivo avvicinamento al silenzio.
Interferenze pop sono ciò che ci propone l’estatica “I’ll Leave My Hearth Behind”, pulsante e viva, un motivetto viziato da un afflato cordiale e affascinante, una percussione incontrollabile scappa e fugge, scheggia in ogni direzione. Un piano mette in ordine una manciata di note distese, un gemito sibilante è un frangente di dolore.
Conclude con tatto e garbo “Winter”. La cantilena sull’avvento di una stagione scontrosa e sgarbata ma affascinante e gioiosa. Una sorta di ambient-pop sporcato da polveri stellari, sdruciture lievi e toni armoniosi.
La graziosità di questo album esce da ogni limite immaginabile, tinto da una pittura sinuosa e docile, rifinito con precisione maniacale, uno scrigno contenente tesori sorprendenti e senza prezzo.

(8)

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