domenica 26 marzo 2006

TUNNG




una band nascosta proveniente dagli u.k. che sa rendere il folk un qualcosa di morboso e ballerino. quel tentativo di ammorbare il corpo acustico con le macchine invadenti.
I due componenti (Mike Lindsay e Sam Genders) hanno girovagato per un bel periodo intorno alla realtà indie, collaborando sia come produttori sia come musicisti in varie formazioni.
Iniziano a pubblicare dei 7" agli inizi del 2004, palesando la loro voglia di uscire dai canoni dei cantautori tutta acustica e cuore.
la primissima uscita, il singolo A Tale From Back, contenente la title-track, un gioiellino splendente e delicato, dolcemente rumoroso e scorbutico. una chitarra strimpella agonizzante, fra un drone strisciante e una polvere digitale che compare qua e la. Il ritmo è sostenuto da una drum-machine povera e malandata, degli strappi elettronici lacerano un andamento claudicante.
la successiva Pool Beneath The Pond è una canzone monca e sconclusionata, la riflessione in uno specchio distrutto della precendente.
dopo pochi mesi ecco un altro 7" ed ancora due canzoni.
Maypole Song è un giochino fantasioso e giocattoloso, Surprise Me è un perfetto connubio fra un folk amatoriale e una macchina impazzita. una miriade di bleeps va a braccetto con le note cristalline delle corde pizzicate.
dopo l'ennesimo 7" (Magpie Bites), con altre due perline sibilanti ("The Bonnie Black Hare", "Magpie Bites"), esce, finalmente, il loro album d'esordio.



Tunng: "Mother's Daughter And Other Songs" (Static Caravan, 2005)

qua c'è tutto quanto avevano già dimostrato con le loro prime prove.
una fusione assolutamente coesa e compiuta fra una chitarra che suona a bassa fedeltà e un rigurgito elettronico, una manciata di canzoni piacevolmente velenose e contagiose.
L'iniziale Mother's Daughter è un lamento ossessionante e magico, fra rintocchi solenni e un battito che rimbomba. Due voci decantano la loro poesia raccontando storie fantastiche ed immaginifiche.
un mantra oscuro e rimbombante, si dipana fra la notte (People Folk), sfigurare un qualcosa che si chiamava canzone, fra una parola che si sdoppia e delle note che non sanno più dove collocarsi (Out The Window With The Window).
Beautiful And Light è un vero e proprio capolavorino con quel goccio di pazzia compositiva, sapiente lavoro di costruzione ritmica, in cui il battito è davvero ben ibridato con uno strappo digitale da una parte e uno strimpellare felice dall'altra.
Di Tale from Back abbiamo già parlato prima e, rispetto alla prima versione, c'è soltanto un arrangiamento che si fa più vivo e ricco.
Song Of The Sea mi ricorda i deliziosi Woodcraft Folk, per il gusto lo-fi e bambinesco. La fisarmonica libera suoni d'altri tempi, un banjo pare uscito da un concerto country, la percussione è finta e si connubia perfettamente, senza lasciare perplessi.
Kinky Vans è forse (anzi, lo è) il pezzo più bello del disco.
Sdruciture elettroniche, contornate da un oblio di glitch-ettini, notarelle storpiate, un groove IDM, momenti di marasma orchestrale, con un violino e un cello che si intrecciano come due amanti. 5 minuti di pura sperimentazione dolcemente accessibile.
Una pioggia bagna un fiore e lo spezza involontariamente, con un gruppo di amici a pochi passi che cantano una litania fra il malinconico e il nostalgico (Fair Doreen), un'insistenza quasi danzerina seduce una chitarra ben vestita (Code Breaker).
Conclude Surprise Me, di cui ho già parlato e non posso che confermare quanto detto: classicità deformata, una canzone gustosa e saltellante.
Arrivati al 2006, spunta The Pioneers, un EP bellissimo.
si parte con il remix di un pezzo dei Bloc Party, la title-track.
questo pezzo è fantastico, non ho altro da dire.
andamento sincopatico, un cantato che va a rima come un poeta scrive il suo poema, il battito digitale è gentile e conciliante, i rumorini metallici in sottofondo sono un brivido che ti sale per la schiena.
quando si approccia una voce femminile il tutto si tramuta in candore, fra una vocalizzo angelico e un racconto congelante.
uno dei rifacimenti del 2006, ci sono poche storie.
un remix di Tale From Black sono scheggie glitch che pungono con dolore e sensazioni contrastanti, la riproposizione della vecchia Pool Beneath The Pond è soltanto benvoluta, ancora più tenera e graziosa, ma confusionaria e distratta.
spero vivamente che prima o poi si facciano un giretto in Italia per regalarmi queste emozioni dal vivo, per godere, a turno, di una chitarra che gentilmente si concede, e uno schiocco che con il suo approccio ballerino mi farà sognare.

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