sabato 25 marzo 2006

SAIMIR (Francesco Munzi)



toccante, veramente toccante.

non avevo mai visto un film sulla degenerazione dell'immigrazione in Italia.

il film che avrebbe voluto fare Tullio Giordana, sprofondato nella banalità con la sua ultima prova. agghiacciante e superficiale.

qua dentro io c'ho visto moltissimo dell'ultimo fantastico film di Amos Gitai, Terra Promessa. i due film sono molto diversi, ma i temi di fondo, l'intenzione è quella. mostrare un mondo vagamente immaginato ma mai mostrato con tutte le sue verità laceranti.

Francesco Munzi è già autore di ottimi lavori, i cortometraggi Giacomo e luo ma e Nastassia, rispettivamente del 2000 e del 1996.

questo film è bello e lacerante, vero e diretto.

si racconta la storia di un ragazzo albanese costretto a una vita fatta di furti, trasporto di gruppi di persone in Italia, aiutando il padre in questo traffico illegale e maledetto.

Saimir è un ragazzo testardo, dolce ma soccombente ai voleri del padre, d'altrocanto è l'unico modo per la loro famiglia, altrimenti costretta alla fame.

l'amore per una ragazza morto sul nascere, palesando la sua incapacità d'instaurare rapporti umani, relegato in un'esistenza fatta d'immagini strazianti.

la sua vita è uno schifo.

fra un furto e l'altro, nella sua testa medita la svolta.

toccante la sequenza in cui assiste al raggiro sottoposto ad un ragazzetta di 15 anni, a cui è stato promesso d'andare a Milano. sarà portata in un bordello, per fare da giocattolo sessuale. assite e soffre, assiste e muore dentro di se.

più le immagini scorrono, più non riesce a vivere in questo mondo che gli gira intorno.

si ribella, lascia andare tutto.

il finale è, per così dire, la dimostrazione della sua bontà.

i cattivi vengono rinchiusi, il suo viso scorre in un auto, al tramonto, con la musica che suona, il sole che splende per l'ultima volta, nel giorno più caldo e bello della sua vita.

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