martedì 28 febbraio 2006

JIMMY EDGAR





Detroit. Battiti e luci. Stomp e groove assassino.
Nuove leve vanno alla ribalta. Il suono si rinnova e nuovi incubi interstellari sono all'orizzonte.
Jimmy Edgar è una giovanissima leva della nuova ondata post-techno (?!) nata nella leggendaria città americana. Viene menzionato spesso in vari contesti, ed addirittura accostato a gente come Juan Atkins, Carl Craig, Derrick May, Drexciya. Cioè la storia della techno e la sua genesi.
Con questi mostri sacri ha suonato svariate volte, all'interno dei raves a nei dj-set, con risultati sorprendenti.
Inizia a sperimentare all'età di 10 anni, con una semplice drum-machine, comprata al prezzo di 20 dollari. A 15 anni inizia già ad essere nel giro, dimostrando d'essere in possesso di un talento innato.
Attratto dal mondo della musica e dell'arta in generale, dedice di abbandonare il college per studiare grafica professionale ed iniziare a produrre musica. Ora, le sue opere extra-musicali, sono disponibili nelle mostre nei dintorni di Detroit.
Dopo l'adolescenza crea il suo back-ground artistico studiando materie altamente creative, diventando un ottimo disegner grafico.
Innamorato dell'urban-style, si trasferisce nel centro della città, respirando aria di movimento.
La decomposizione della vita cittadina, il fascino urbano, e la scena musicale eclettica, contribuiscono in maniera decisa sulla sua formazione.
Jimmy non studia mai musica, tutto ciò che produce è completamente generato dalla sua fantasia, l'espressione del suo animo creativo è dettata dall'istinto. Non c'è regola, non c'è una linea guida.
: "he sold his fingers to the devil, and in return was granted some sort of supernatural prowess, the ability to expose next level ideas in music, design, photography and fashion."
Partiamo subito con i suoi primi EP.



Jimmy Edgar: "Access Rhythm" (Warp, 2004)

Electro-stomp che sanno di spazio, groove sotterranei e battiti assassini.
No Static è un loop ossessivo, uno sciabordio che sbatte e ritorna, la voce sputa parole, ce le propone con decisione. Very cool.
Morris Nightingale Theme è un accordo di chitarra vivisezionato con bisturi e forbici, synth sono plastici e malleabili. Emana un incredibile forza ritmica, questo pezzo, lanciando l'andamento a livelli insostenibili. Suoni disturbanti e frenetici.
Urban Outtake parte con nebbie solfuree e campioni irriconoscibli, un
drone d'uno strumento sfigurato ricama trame sonore seducenti, la voce è spezzata da uno scratch lacerante.
Re City Alley è un marasma che si tramuta in pace e non sa mai darsi pace, fra tastiere che impazziscono e una drum-machine in crisi epilettica.
Esordio al fulmicotone.
Segue quest'altra bombettina:



Jimmy Edgar: "Bounce, Make, Model" (Warp, 2004)

I Wanna Be Your STD è IDM con i break-beat, un suono minimale ti entra dentro e non ti lascia scampo. Animi d'una drum'n'bass morta e risorta, synth angelici sembrano morire e risorgere nello stesso tempo.
Beabu is a nuclear bomb. Ascoltare e lasciar andare corpo e mente.
LBLB Detroit è la colonna sonora per un club deserto e oscuro, ammorbato da fumi velenosi, ci induce a un ballo claudicante e scomposto.
Uniform (Citation) è un continuo scomporsi del ritmo, i suoni si sfasciano e si ricompongono nel volgersi di pochi secondi, il groove è spappolato e irregolare. Tastiere ondeggiano e si fermano quando meno ce lo aspettiamo.
Sheer, Make, Serve è ancor più sorprendente. Bollicine digitali spumeggiano e volano sbarazzine, una vocina vocoderata (Kraftwerk docet?) emana paroline colorate, il ritmo è plasmato e cesellato con regolare instabilità. Poliedrico.
Inner Citee Color Reprise conferma e allibisce. Giochi elettro-sonici, ricami precisi e ciclici, colori screziati, atmosfere ballerine e danzanti.
Cosa meglio del suo album d'esordio, dopo questi due EP?
Detto fatto, eccolo qua il suo album:



Jimmy Edgar: "Color Strip" (Warp, 2006)

Questo è un album pop per le discoteche e una musica dance per gli ascolti pop. E' musica elettronica che si ibrida con il pop e il pop che si sporca con l'elettronica. Le voci sono intricate e inserite nel contesto perfetto, i synth borbottano, quando colorati e docili, quando strindenti e dolorosi.
Pezzi come Pret'a'porter e I Wanna be Your STD intorbiscono gli animi, morbosi ricami ritmici sono dissonanti (Personal Information, Hold It, Attach It, Connect It), un suono sporco e lurido, imbastardisce l'opera (Color Strip (Warren)).
Si conferma e aggiunge al suo suono notevole personalità, battendo le strade dell'approccio più cool e meno strumentale, non rinunciando a momenti di pura sperimentazione timbrica e melodica.
In concomitanza con il suo ultimo album è uscito anche il cd-r Rhythmic Denial, un'unica traccia omonima di 30 minuti altamente intricata e straniante.
Parallelamente alla sua attività da solista, sviluppa collaborazioni, ed uscite discografiche con altri moniker.
Da segnalare in particolare, con l'acronimo Kristuit Salu VS Maurris , l'album My Mines I.



Kristuit Salu VS Morris Nightingale: "My Mines I" (Merck, 2002)

Com'era prevedibile in questo contesto il suono è molto più sperimentale e meno accessibile, essendo intriso di glitcherie e scomposizioni ritmiche, sviluppi quasi sconosciuti nella carriera solista di Jimmy.
Il disco è diviso fra i due nomi Kristuit Salu e Morris Nightingale che non sono altro che lo stesso gruppo, arricchito di volta in volta con i componenti di un altro project, i Michaux.
Ambient che si screzia con uno spezzettamento certosino e preciso, un oblio di sporcizia timbrica si mescola con le lande acquose e distese.
Si passa dal click'n'cuts giocherellone di Conceptual Devaihdn, alla squisista glitch-techno di Germain Fabric, senza dimenticare il groove e certe influenze abstract-hip-hop (Dope Soft Intake, Ny Highrise Hotel).
Piccoli capolavori di tinteggiatura colorata e spumeggiante (Anata Wo Ai Site Imasu), l'aria che si infetta di spore soffocanti (Usually (Actually)), puro IDM-glitch d'alta scuola (Non Stop (Yàmi)).
Updowndownup è un chip in cortocirtuito, starnazzante morte e dolore digitale, I.P. Output (Edit) è un glitch-hop sdolcinato, Etno-Cen sono synth sfigurati fino all'inverosimile.
Il disco è molto personale e non stanca mai, perfettamente calibrato e senza momenti di vuoto. Nessuna traccia di riempitivi. Un evoluzione molto interessante, per cui ci auguriamo che nel futuro questa vena avant posso essere ulteriormente approfondita.
Poco fa accennai a Michaux, ebbene, da poco è stato ristampato questo :



Michaux: "%20" (Audio.nl, 2003)

Qua siamo davvero disfronte alla scarnificazione del ritmo, un lavoro estremo di minimizzazione, si punta alla groove minimale, e non c'è via di fuga per le nostre orecchie.
Language Universal è una minimal-techno che non sentivo così compiuta da tempi immemori, forse alcuni pezzi di Martes (ricordate il primo di Murcof, vero?) ne sono alla pari.
~Crash 2.2 sono bleeps oppressi e sommersi, battiti costruiti e distrutti, ritmo e pace, suoni e silenzio. Glitcherie assortite e piccoli drones sbarazzini si (ri)creano a vicenda e si sfocia in un completo marasma sonoro.
Attimi di pura alienazione ((A + B) = C - 2), il silenzio che chiede spazio ma lo ottiene solo in parte (Ints.Out), bozzettini digitali fragilissimi e labili, quanto un foglio di carta inumidito (Japanese Untitled, ~Crash 1.2), cicli e ripetizioni, monotonia squisita (To (Testone) - 3).
Un sibilio ferroso e metallico s'insinua fra le nostre cavità uditive e ci disturba con delicatezza (Untitled 1), suoni scorbutici chiudono l'opera con distacco e rabbia (12£ Ute-No).
Un'artista sempre prodigo all'esplorazione di nuovi campi di sperimentazione e mai domo, davanti alla possibilità di evolvere.
I suoi suoni sono un ballo bastardo che sa lasciarti seduto in ascolto silenzioso e sa farti ballare con dei movimenti sconnessi e innaturali.

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