venerdì 28 ottobre 2005

Antenne: "#2" (Korm Plastics, 2002)

Un mistico miscelare di sensi.
Onirico connubio di generi differenti.
Centrifugare animi, sensazioni, timbri, gocce di suono, particelle.
In concreto siamo davanti alla fusione del dream-pop stile 4AD con un turbine di pulviscoli elettronici.
Astrazione digitale per testoline innamorate.
Combinazione di soffici umori invernali con ambientazioni post-industrial.
Questo è disco è un miracolo..
Un sognante paesaggio desolato, scabroso, disturbante.
Black Eyed Dog ammalia senza freni. E' una cover di Nick Drake ma nemmeno ce ne accorgiamo.
Un sottile tappeto di glitch compongono i primi due minuti. Una timidissima drum-machine inizia a dettare un tempo alquanto strascicato. Con il passare del tempo si fa avanti una chitarra seguita, poco dopo, da un piano struggente. La voce di Marie-Louise Munck ricama tratti di immaginifica bellezza. La colonna sonora per un tempo ormai passato e lontano. Sentori di malinconia trasudano da queste note.
Not Sad lascia a bocca aperta con quel suo procedere lento e oscuro. Un drone invadente, martellante e spigoloso lascia segni un po' ovunque. Una chitarra suonata con toccante sincerità dipinge attimi di pura felicità. Uno strumento a fiato sputa a forza suoni recalcitanti. Leggerissimi bleeps saltellano ovunque. Ancora, Mary, decanta le proprie frustrazioni con parole sincere e sofferenti.
Annex Aug accentua la preponderanza sperimentale e lascia impietriti tra drones rumostici, tastiere cosmiche e glitch che spuntano in ogni dove. Spiriti di metallica essenza imbastardiscono un pezzo già saturo di senso. Un finto abbozzo di melodia vaneggia una parvenza di normalità.
Qua la voce non c'è, ma non serve. Parlano i suoni.
Pura estasi per le orecchie.
La successiva Across the Way è un capolavoro. Accostamento di un ossessionante sostrato di sporcizie sonore e una chitarra tanto normale. Una percussione lontana impone una certa stabilità ma, ancora, un deteriorante incantesimo sonoro si insinua con ostinata violenza. Mary d'improvviso fa la sua apparizione, gettando in aria le sue piccole, sapienti parole. Microscopico viaggio in una corte di un castello abbandonato e in rovina.
Sulla falsariga del precendente, quasi una naturale continuazione, si attesta Dead Dreams. Ancora uno spirito in crisi d'esistenza c'accompagna dall'inizio alla fine. Fiati rimproverano con una scorbutica sequela di timbri sporchi. Rotolanti fraseggi di synth impreziosiscono il tutto, dando un tocco di oscurità. Ancora frasi, verbi, termini, emanati con graziosa delicatezza.
Clearly Wrong s'introduce con un sottile strato di noise pungente, tagliente. Un approccio minimalista e sotterraneo. Ciclici contrappunti di piano fanno capolino. Percussioni d'ogni sorta si diffondono e s'incuneano nei più piccoli interstizi della canzone. Rintocchi di una chitarra sofferente ornano e arricchiscono. Chiudere gli occhi ed immaginare desolate lande, nebbiosi paesaggi, uggiosi pomeriggi in una terra sconosciuta.
Concludiamo con la fosca ballata aliena a nome Sun Walk.
Tastiere immerse in una mare di spazio compongono un' atmosfera riposante, sognante. Infinitesimali battiti provano a dare una sostanza alla melodia ma non c'è niente da fare. L'instabilità regna sovrana.
Giunti, infine, al termine ci si lascia alle spalle un'esperienza fuori dal comune. Emozioni strabordanti e intense. Da godere attimo per attimo senza lasciare niente al caso.

P.S. Uscirà, tra poche settimane, un EP con remix di Opiate, Freiband, Monotonos, Manual e Dub Tractor.

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