giovedì 27 ottobre 2005

THE SABRES OF PARADISE



Il maggior complesso di musica sperimentale elettronica mai esistito in UK.

Andrew Weatherall e il suo genio esplodono in un turbine di creatività fuori dai limiti dell'immaginabile.

Lande sonore morbose e nebbiose. Battere ammorbante e alieno. Suono metallico e scorticante. Movimenti scomposti e innaturali. Sciabordio dissonante tra due oggetti rumorosi.

Giungle dove balli sciamanici vengono consumati con delirante spostamento d'aria.

Nato a Windsor, Andrew, s'impone già da subito come un DJ fantasioso e poliedrico. Riesce a mescoalre tendenze trance-techno, dance trasfigurata ed un gusto trip-hop. Il gruppo viene arricchito dalle sapienti mani d'altri due genietti della scena come Jagz Kooner e Gary Burns.

Dopo la pubblicazione dell' EP d'esordio Smokebelch II (anno 1993) esco il miracolo di disco che è Sabresonic. Non c'è scampo.







Sabresonic (1993, Warp)



Una sequela di ritmo.

Miscela turbinante di pattern timbrichi ossessionanti, claudicanti, deterioranti, distruttivi.

Non c'è tregua davanti a un'opera simile.

Still Fighting è una catalessi dance con contorni techno.

Contrappunti tribali lasciano spazio a una cassa precisa e puntuale. Esplosioni di suono implodono su loro stessi lasciando una scia di rumore a seguire.

Smokebelch I è un sotterraneo inno al movimento.

Una base percussiva imbastardita fa da contorno a un ondeggiante synth che sa di catastrofe. Un delay si fa spazio e spacca in due la struttura. Rimbombanti percussioni spostano l'aria e la immobilizzano. Una tastiera dal sapore cosmico par decretare un' (apparente) tregua.

Ciclico battere di un orologio processato da una macchina aliena nella successiva Clock Factory. Orrorofica suite per una notte scura, nera, cattiva, maledetta. Si rimane completamente basiti davanti a questi 14 minuti di pura perfezione. Non c'è un attimo di pausa, se non alla fine.

Rintocco programmato e minuzioso. Sciabordate di synth completamento slabbrato. Complessi intrecci di tastiere in loop. Senza parole.

Anno Electro (Andante) è un altro capolavoro di destrutturazione elettronica. Complicati amplessi di drum-machine, tastiere, puntigliosi contrappunti digitali, aria cosmica, umore spaziale.

Ancestrale composizione per un ballo primitivo e incontrollabile in R.S.D..

Sapori hard-core in Inter-Lergen-Ten-Ko. Qua si punta sul ritmo senza vie di mezzo. Un colpo dopo l'altro sono come un cazzotto in pancia, senza soccorso. Coltellate al costato e dissonanti pugni danno dolore.

Sovente un baffo di synth impreziosisce un (altro) pezzo perfetto.

Con Anno Electro (Allegro) siamo sempre a livelli altissimi, nell'olimpo. Sette minuti abbondanti di scarnificazioni dance e palpitazioni di un cuore malato come non mai.

Finale onirico e molto pacato nella sfrigolante e glitch-osa Smokebelch II.

Capolavoro da ricordare negli anni avvenire. Influenza una miriadi di artisti e/o gruppi e lascia un segno indelebile nella storia della musica tutta.

Il successivo se vogliamo è pure meglio. Forse più coraggioso e pazzoide.







Haunted Dancehall (Warp, 1994)



Colossale monumento.

Abissale mare di innovazione.

Montagna invalicabile e scabrosa.

La coppia ubble and Slide I & II unisce un certo gusto di sperimentazione con un sapore ritmico sempre assillante e appiccicoso.

Suoni provenienti da chissà quali macchine e/o marchingegni.

Una coppia indivisibile che viaggia in un mondo spaziale e infinito. Stelle sovente solcano la strada che porta alla meta. Un lido immaginifico e sconosciuto.

Duke Of Earlsfield è la colonna sonora per un viaggio intorno alla galassia con meteoriti che sbattono contro il nostro involucro celebrale.

Pulsanti bleeps, rumori prolungati, acusticità variegate, rumoroso battere di una cassa deformata fino all'esasperazione.

Entrando con cautela nelle viscere dei due minuti di frustrazione sonora di Flight Path Estate, fino al trip-hop spaziale di Planet-D, attraversando, con precauzioni nulle, quel dondolante esempio di mutant-dance che è Wilmot.

Ululante vociare di una sirena si unisce a un rutilante muoversi di un rullante dalle sembianze poco chiare. Una chitarra (ma sarà davvero lei?) detta un tempo strascicato.

Theme e Theme 4 sono altre due gemmine rilucenti di splendente raggi color oro. Ulteriori trovate elettro-(so)niche impreziosiscono un'opera fuori dal normale.

Return Planet to Planet D è come inoltrarsi in una palude nebbiosa e melmosa. Uno scriocchiolare sotterraneo viene schiacciato d'acquosi suono digitali e synth svolazzanti.

Stomp e schiocchi, folate e sciabordate. Ballad of Nicky McGuire è tutto ciò ed anche di più. Ancora un trip metallico e soffocante. Tripudio di sensi.

Proseguendo con la puntigliosa e scorbutica Jacob Street 7am arriviamo alla danza luciferina della penultima Chapel Street Market 9am.

Concludendo con la disturbante e rumorosa title-track il disco finisce ed è straniante tornare al silenzio dopo un abisso scurissimo.

Per onorare questa coppia di lavori dovremmo costruire una discoteca in una landa isolatissima, mettere un pirata con un coltello conficcato nelle orecchie come insegna e ballare per 10 giorni sotto la luna. Senza tregua.

2 commenti:

  1. Cazzo, hai proprio ragione: due album epocali purtroppo ignorati dai più...

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  2. lo puoi dir forte.. :)

    sei andato a pescare un mio post davvero vecchio!

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